Mario Draghi, nel recente Rapporto sulla Competitività, ha sottolineato la necessità di riforme strutturali per mantenere il continente al passo con altre potenze globali come Stati Uniti e Cina. L’ex presidente della Banca Centrale Europea ha insistito nell’evidenziare che l’Europa deve ridurre la frammentazione economica tra i suoi Stati membri, promuovendo politiche industriali comuni e una maggiore integrazione dei mercati. Tuttavia, l’attuazione di tali riforme trova ostacolo in resistenze di natura politica e nazionale.
Il tentativo di fusione tra Unicredit e Commerzbank, due delle più grandi banche nei rispettivi mercati, offre un esempio emblematico a tal riguardo. Gli uffici della Cancelleria guidata dal socialdemocratico Olaf Scholz, pur non avendo poteri ufficiali per porre un veto, continuano ad ostacolare l’operazione in modo discreto. Il cancelliere Scholz e il suo governo hanno espresso preoccupazioni per la perdita di posti di lavoro in Germania e per la vulnerabilità che un’operazione di questo tipo potrebbe portare al sistema finanziario tedesco, data la significatività dell’istituto di credito nel panorama bancario nazionale. Questo caso è esemplare non solo per il mercato bancario, ma anche per le implicazioni politiche più ampie, che dimostrano quanto è difficile realizzare una vera integrazione economica in Europa. Nonostante la spinta dell’Unione Europea verso una maggiore coesione economica, gli interessi nazionali continuano ad impattare la creazione di banche multinazionali in grado di competere con i colossi internazionali.
Un altro nodo cruciale per l’integrazione economica europea è lo sviluppo dell’Unione del Mercato dei Capitali (CMU), un progetto lanciato dalla Commissione europea nel 2015. La CMU mira a facilitare l’accesso ai finanziamenti per le imprese europee, riducendo la dipendenza dal sistema bancario tradizionale e stimolando gli investimenti in settori innovativi. In cinque punti, gli obiettivi della CMU sono: 1) la diversificazione delle fonti di finanziamento; 2) l’integrazione e armonizzazione dei mercati finanziari; 3) la facilitazione degli investimenti transfrontalieri permettendo agli investitori di diversi paesi UE di accedere a opportunità di investimento più ampie in tutta l’Unione; 4) la riduzione del rischio sistemico data la maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento; 5) il sostegno alla transizione verde e digitale. La Commissione ha lanciato varie iniziative con lo scopo di stimolarne l’implementazione, come la creazione di standard armonizzati per i prodotti finanziari o lo sviluppo del crowdfunding transfrontaliero.
Tuttavia, nonostante gli obiettivi ambiziosi, il progetto della CMU ha incontrato numerosi ostacoli, principalmente legati alla frammentazione normativa tra i diversi Stati membri. Ogni Paese ha un sistema fiscale e un quadro normativo diverso, il che rende difficile l’armonizzazione delle regole e la creazione di un mercato unico dei capitali. Inoltre, molti governi europei si mostrano restii a cedere sovranità in ambito finanziario, poiché vedono nella regolamentazione dei mercati dei capitali un’importante leva di controllo sulla propria economia nazionale. La Brexit ha complicato ulteriormente questo scenario, poiché il Regno Unito, che era uno dei principali promotori della CMU e rappresentava il fulcro del mercato finanziario europeo, uscendo dall’Unione ha creato nuove incertezze.
Mentre Draghi ha chiaramente evidenziato l’urgenza di politiche coordinate per migliorare la competitività europea, casi come quello di Unicredit e Commerzbank e le difficoltà nello sviluppo della CMU dimostrano quanto è complesso il percorso verso una maggiore integrazione economica. La competizione dell’Europa su scala globale dipende fortemente dal raggiungimento di un equilibrio tra la sovranità nazionale e la cooperazione economica. Attraverso una visione strategica comune e una maggiore coesione, l’Europa potrà aspirare a diventare una potenza economica globale.