Allo stato attuale l’Unione Europea -così come definita dai Trattati di Lisbona- ha solamente una competenza penale indiretta, ossia definire gli obiettivi di ravvicinamento e armonizzazione che ciascun Stato membro dovrebbe attuare, e fornire supporto mediante condivisione dati e coordinamento delle forze dell’ordine e magistratura mediante le agenzie Europool, Eurojust e da ultimo la Procura Europea (la cui azione rimane limitata però a solo alcuni Stati membri).

L’attuale sistema si fonda sul presupposto che gli Stati membri, avendo sovranità piena sul diritto penale, devono far convergere gli attuali sistemi: tuttavia i tempi della convergenza, ravvicinamento e armonizzazione sono lunghi e si scontrano sia con la ritrosia del dibattito politico interno di ciascun Stato, sia con la forza della tradizione giuridica che spesso non accetta le definizioni di criminalizzazioni esterne.

Il risultato è una situazione “paludosa” che vede piccoli scatti in avanti solamente come reazione ad una emergenza e alla forza delle richieste dell’opinione pubblica (come in Germania con la strage di Duisburg). Ma nella maggior parte dei Paesi in cui le organizzazioni criminali si presentano con il volto del “capitale” da reinvestire, il livello di allarme sociale è talmente basso che il problema viene sottovalutano e peggio ancor nemmeno riconosciuto.

E’ sufficiente fare tre esempi per capire l’urgenza di superare la sovranità nazionale degli Stati membri sulla competenza penale: (i) l’assenza di una definizione comune di “organizzazione criminale”, (ii) la difficoltà di cooperazione nelle investigazioni tra polizie europee e (iii) la creazione di una procura europea efficace.

  • Il punto di partenza per un efficace collaborazione tra procure penali degli Stati membri è la definizione di “organizzazione criminale” poiché senza sarebbe difficile la collaborazione. Il tema si trascina da almeno 40 anni circa fin dalla fondazione di uno Spazio giuridico europeo e l’architettura dell’Unione Europea basata sui tre pilastri.

Un’analisi compartiva del 2011[i] ha analizzato mediante 16 indicatori il livello di convergenza tra le varie definizioni dei codici penali di “organizzazione criminale” e sorprendentemente non vi sono due Paesi con la medesima definizione di organizzazione criminale. In generale, i paesi di common law (Cipro, Irlanda, Malta e Regno Unito) presentano un approccio molto simile tra loro, basato sul reato di conspiracy. I paesi scandinavi (Danimarca, Finlandia e Svezia) mostrano una loro tradizionale sfiducia verso l’introduzione di reati associativi per contrastare il crimine organizzato. Tra loro, infatti, solo la Finlandia ne ha introdotto uno. I paesi di civil law si sono tutti basati sul reato di associazione a delinquere.

  • La cooperazione tra polizie giudiziarie in materia di criminalità organizzata risulta spesso difficile. Ad esempio in materia di intercettazioni ambientali la legislazione di Paesi quali Olanda, Germania e Spagna, “è improntata ad una concezione particolarmente rigorosa della tutela della privacy; […] la difficoltà è dovuta al fatto che l'intercettazione non può essere utilizzata, o attuata, o proseguita nel momento in cui i colloquianti non parlano più di questioni che riguardano il reato o le indagini, ma di questioni personali. […] Vi sono altre situazioni che rasentano la trama di un film comico, ad esempio se in una macchina c'è un’intercettazione autorizzata e sale una persona che non è stata preventivamente identificata, quella intercettazione non si può captare perché non si sa chi è l’altra persona, sempre perché per questa legislazione è necessario identificare preventivamente gli interlocutori. Se poi siamo in presenza di un soggetto scaltro che cambia periodicamente le targhe dell’autovettura, qualora l’intercettazione sia stata disposta su una vettura con una certa targa che poi viene cambiata – questo avviene soprattutto in Germania –, bisogna richiedere un nuovo decreto e la precedente intercettazione non si può più proseguire o utilizzare. […] Per non parlare poi delle intercettazioni con i BlackBerry che sono apparecchi telefonici che per le loro caratteristiche di software e di hardware sono particolarmente impermeabili all’indagine e vengono utilizzati dai narcotrafficanti; sono intercettabili in paesi come il Venezuela, la Columbia, il Perù, l’Argentina, il Brasile e talvolta anche il Messico, mentre non lo sono in Europa perché non c’è la professionalità adeguata anche da parte della polizia giudiziaria per operare su questo tipo di dispositivi. […] In molti paesi dell’Europa […] la polizia giudiziaria ha anche dei limiti di orario di lavoro per cui è anche capitato che nel pieno delle attività di indagine, gli agenti hanno sospeso il servizio… anche se in quel momento c’è un’esigenza concreta di proseguire.”[ii]
  • L’istituzione di una procura europea a tutela delle finanze dell’UE risale agli anni ’90. Il primo progetto di studio finanziato dalla Commissione ha preso il nome di Corpus Iuris[iii] e ha posto le basi per un dibattito sulla creazione di uno spazio giuridico penale europeo. La Commissione, a seguito di intenso dibattito, ha avviato una proposta solamente nel 2013. Il trattato di Lisbona mediante l’articolo 87 non istituisce la Procura ma solo la base giuridica: per la sua istituzione occorre la procedura legislativa speciale con voto del Consiglio unanime previa approvazione del Parlamento Europeo, ma dopo oltre tre anni di negoziati, il Consiglio non è riuscito a raggiungere un accordo unanime sulla proposta. Inevitabile a questo punto il ricorso alla procedura di cooperazione rafforzata da parte di 9 Stati membri avviata formalmente nell’aprile 2017[iv]. Tuttavia l’accordo definitivo sul regolamento ha diluito e depotenziato i pochi punti veramente innovativi che erano stati attribuiti dallo stesso TFUE, e progettati dal Corpus Iuris prima ancora, per renderne veramente effettiva la sua azione.

Gli ideatori avevano definito un sistema minimo per il funzionamento della procura europea compatibile con la vigente architettura istituzionale dell’UE. Così veniva scritto nel Corpus Iuris: “L’essenza […] è fondata su un regime misto: le componenti nazionali e comunitarie sono combinate in vista della trattazione delle cause penali negli Stati membri e non a livello dell’Unione. Ai fini della tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione europea, sono previsti otto reati con relative pene. In materia di indagine, si è optato per un Pubblico Ministero europeo (PME), composto da un Procuratore Generale europeo e da Procuratori europei, delegati negli Stati membri. Il PME può esercitare i suoi poteri di indagine su tutto il territorio europeo. Si tratta, dunque, di un PME ampiamente decentrato, ma dotato di poteri identici nei quindici paesi dell’Unione. Il controllo giudiziario durante la fase preliminare è esercitato da un giudice indipendente ed imparziale, detto “giudice delle libertà”, designato da ciascuno Stato membro in seno alle proprie autorità giurisdizionali. I reati del Corpus Juris sono giudicati dalle giurisdizioni nazionali.”  Secondo gli ideatori la parte più innovativa era proprio la creazione e applicazione di un corpo comune di norme penali in materia di danni alle finanze dell’UE e di contrasto alla criminalità organizzata, con la definizione di fattispecie comuni a tutti gli Stati europei superando così i particolarismi. Sarebbe stata la base sul quale far procede in modo unitario e sul piano di parità i Procuratori europei. Invece la Procura Europea che entra in funzione dovrà applicare norme penali disomogenee perché viene affidato a ciascun Stato Membro il compito di individuare e definire i reati oggetto della competenza della Procura europea mediante il recepimento della direttiva (UE) 2017/1371 (nota come direttiva PIF, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale), aprendo così “la strada ad un’armonizzazione minima che, senza dubbio, nuoce alla stessa Procura europea e pregiudica l’uniformità del funzionamento del sistema” [v]


[i]Per un contrasto europeo al crimine organizzato e alle mafie. La risoluzione del Parlamento Europeo e l’impegno dell’Unione Europea” AA. VV., a cura di Sonia Alfano e Adriano Varrica, “La decisione quadro dell’Unione Europea sul contrasto alla criminalità organizzata e il suo impatto sulla legislazione degli Stati membri”, Francesco Caledoni, pag. 28. L’autore scrive che “è stato scelto il seguente gruppo di 16 indicatori, sulla base della letteratura esistente e dell’analisi delle legislazioni nazionali: 1) reati associativi; 2) circostanze aggravanti; 3) punibilità del mero accordo; 4) numero dei membri dell’organizzazione criminale; 5) struttura del gruppo; 6) continuità del gruppo; 7) numero dei reati scopo; 8) tipologia dei reati scopo;9) elementi aggiuntivi; 10) pena standard per il reato; 11) diversificazione delle sanzioni; 12) benefici per collaborazione con la giustizia; 13) requisiti per accedere ai benefici; 14) punibilità delle persone giuridiche; 15) pene per le persone giuridiche; 16) norme relative alla giurisdizione. L’analisi mira a valutare le norme esistenti in tema di organizzazioni criminali e di conseguenza si concentra solo su reato più generale (escludendo norme più specifiche, ad esempio quelle sulla partecipazione ad un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti).”

[ii] Stati generali della lotta alle mafie Tavolo XV – “Mafie e Europa” a cura di Anna Maria Maugeri, pag. 16, https://www.penalecontemporaneo.it/upload/8056-tavolo-xv-mafie-europa.pdf

[iii] Da L’attuazione del Corpus Juris negli Stati membri. Disposizioni penali per la tutela delle Finanze dell’Europa a cura di M. Delmas-Marty e J.A.E. Vervaele. “L’essenza del Corpus Juris è fondata su un regime misto: le componenti nazionali e comunitarie sono combinate in vista della trattazione delle cause penali negli Stati membri e non a livello dell’Unione. Ai fini della tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione europea, sono previsti otto reati con relative pene. In materia di indagine, si è optato per un Pubblico Ministero europeo (PME), composto da un Procuratore Generale europeo e da Procuratori europei, delegati negli Stati membri. Il PME può esercitare i suoi poteri di indagine su tutto il territorio europeo. Si tratta,

dunque, di un PME ampiamente decentrato, ma dotato di poteri identici nei quindici paesi dell’Unione. Il controllo giudiziario durante la fase preliminare è esercitato da un giudice indipendente ed imparziale, detto “giudice delle libertà”, designato da ciascuno Stato membro in seno alle proprie autorità giurisdizionali. I reati del Corpus Juris sono

giudicati dalle giurisdizioni nazionali.”

[iv] Dal sito dell’Unione Europea sulla Procura Europea, https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eppo/

[v] Angela Correra, “Prime osservazioni sul regolamento che istituisce la procura europea”, EUROJUS.IT, 2017 http://rivista.eurojus.it/prime-osservazioni-sul-regolamento-che-istituisce-la-procura-europea/ sul Regolamento (Ue) 2017/1939 Del Consiglio del 12 ottobre 2017 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») https://eurlex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32017R1939&from=EN#d1e2159-1-1

 

  

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