Il dibattito lanciato da Massimo Cacciari e altri il 3 agosto scorso dalle colonne de La Repubblica (“Prepariamoci alle europee”) si sta sviluppando, in diversi modi, in Italia e in Europa. Tra le forze politiche “europeiste” emergono, come sempre, le prime risposte in termini di posizionamento e di schieramento. Mancano però ancora idee, progetti e valori. Senza i quali non si sconfiggono i nazionalismi.
“L’Unità Europea” ha intervistato Massimo Cacciari su questi temi.
UE.Partiamo dalla situazione italiana. I movimenti anti-establishment e anti-partito sono arrivati al governo del Paese, si esprimono con forti connotati nazionalisti (prima gli italiani) e populisti (prima i cittadini), hanno bisogno di un nemico esterno (l’UE), le cui istituzioni vengono additate come tecno-burocratiche e soggiogate alla finanza internazionale. E alimentano una voglia di autarchia sul fronte economico, in conflitto con un mondo globalizzato! Un paradosso analogo a quello inaugurato con la politica di Trump. Chiudersi di fronte ai problemi del mondo, nell’illusione di poterne governare meglio gli effetti a casa propria (padroni a casa nostra). Si possono fare dei parallelismi con il primo dopoguerra?
MC. L'analogia è piuttosto con il primo ante-guerra! Cosmopolitismo economico contro sovranismo nazionalistico, allora volontà di potenza egemonica. Oggi naturalmente non sarebbe che guerra tra staterelli sul terreno della competizione economica per attrarre nel proprio territorio le potenze economiche, produttive, finanziarie.
UE.In ogni caso la crisi del processo d’unificazione europea viene da lontano. Si è manifestata prima con la bocciatura del trattato-costituzionale (2005) da parte della Francia (perché considerato ‘liberista’) e dell’Olanda (perché considerato “dirigista”). E quando arriva la crisi finanziaria del 2007-2008 l’UE si trova senza vincoli di natura ‘costituzionale’ e l’Eurozona con una moneta senza Stato. I governi nazionali ‘europeisti’ dell’epoca vararono – nel quadro del Consiglio Europeo - le misure di austerity. La deriva rigorista che ne derivò fu figlia di quella situazione di potere (Europa intergovernativa) che ne predeterminava gli esiti oppure fu una scelta ideologica consapevole delle classi dirigenti (ordoliberismo)?
MC. Fu entrambe le cose: da un lato, è esplosa la evidente contraddizione tra moneta unica e assenza di un'autentica sovranità europea - dall'altro, la subalternità culturale assoluta della leadership europea sia popolare che socialdemocratica al "pensiero unico" della globalizzazione come processo non solo destinale, ma progressivo e benefico.
UE.È convinzione diffusa che per riprendere il cammino verso l’unità politica (come unione federale) sia necessario riconciliare – sul terreno europeo - libertà ed equità sociale, mercato e Stato. In particolar modo, sul terreno dell’uguaglianza sociale e del welfare (settori ancora di competenza nazionale) è necessaria anche una politica europea e come potrebbe manifestarsi?
MC. É assolutamente cosi: se l'Unione non risponde alla domanda di uguaglianza, che è il perno della forma democratica, si sfascerà a prescindere da ogni altra considerazione. E' questa LA promessa su cui si regge la democrazia - propriamente parlando il suo unico autentico VALORE (valore è ciò che vale, che può). Ora, il problema però consiste nel fatto che tale promessa NON è perseguibile coi vecchi sistemi del welfare tradizionale anni '50-'80. E su questo terreno tutte le sinistre, e anche le correnti liberal, hanno in occidente fallito.
UE.Viviamo una crisi del rapporto globalizzazione / democrazia / sovranità. Secondo una certa corrente di pensiero (Rodrik e altri), nell’economia mondiale c’è un trilemma insolubile: non sarebbe possibile perseguire simultaneamente democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione. La combinazione di due di questi elementi escluderebbe il terzo. Forse l’errore non sta nel fatto che si continua a considerate la democrazia e la sovranità come fatti esclusivamente nazionali? Se la costruzione europea venisse ‘letta’ come la forma con la quale si va affermando la democrazia sovrannazionale, non muterebbe forse la percezione da parte dell’opinione pubblica?
MC. Il trilemma è irrisolvibile se sovranità si continua a intendere in termini esclusivamente nazionali-statuali - ma anche se si continua a concepire il potere come indivisibile. La soluzione può essere trovata soltanto in un assetto federale, nel senso autentico di foedus- che non significa patto-contratto, ma vera solidarietà. Nessuno più parla di una tale prospettiva - e siamo al tragico punto in cui siamo.
UE. Nella prossima primavera ci saranno le elezioni europee. I sovranisti hanno già le idee chiare sul nemico (l’Europa). Il loro minimo comune denominatore sarà dato dai respingimenti dei migranti, dal rifiuto di un potere fiscale europeo, mentre in politica estera oscilleranno tra Putin e Trump. Manca il “progetto” del fronte che potrebbe definirsi euro-federalista. Senza programmi chiari su immigrazione, sviluppo, difesa e politica estera assisteremo solo a generici slogan (perdenti). Ma è pensabile un progetto europeo senza soggetti sociali che se ne facciano carico? Dalla crisi sono emerse istanze sociali ed economiche che hanno bisogno di un potere europeo per non essere più tra i perdenti della globalizzazione? Altrimenti non rischiamo di trovarci come “profeti disarmati” in compagnia di “tepidi difensori” degli ordini nuovi, come diceva Machiavelli nel cap. VI de Il Principe?
MC. Sì, al momento non vedo che profeti disarmati. Se le leadership che si dichiarano "europeiste" si presenteranno alle europee nella forma attuale la sconfitta è matematicamente garantita. Per salvare il salvabile (e sperare così, con qualche fondatezza, di potersi "armare" in un futuro non millenaristico) sarà necessario: che esse facciano pubblica e seria auto-critica sugli errori e le impotenze del passato; che affermino una strategia fondata su quel principio di uguaglianza prima indicato; che si presentino alle elezioni con liste dal chiaro carattere sovranazionale, e coordinate tra loro da qualche concreto impegno comune (ad es.: sulla formazione della Commissione, sul Presidente della stessa, sulla presidenza del Parlamento, ecc). Insomma: con un'offerta politica articolata (un'area liberal à la Macron - un'area di "nuova socialdemocrazia" col PD anche - un'area di sinistra sociale) e insieme fortemente unitaria. Quest'area potrebbe ancora con il centro-popolare costituire una maggioranza abbastanza solida. E da qui, con l'aiuto di Dio e dei suoi angeli, ripartire.