Come scriveva Mario Albertini nel 1961, «il passaggio dalla confederazione alla federazione non è affatto un processo automatico. Per fatti di questo genere si può usare la parola “processo” solo nel senso di “processo dialettico”, cioè di corso storico nel quale il risultato dipende da elementi in contrasto» (Il significato dell’espressione “costruzione dell’unità europea”, maggio 1961). Raramente nella storia del processo di unificazione europea si sono visti interagire tanti elementi in contrasto tra loro nella politica europea e mondiale. D’altra parte è proprio nelle fasi acute di questo processo dialettico che si possono aprire opportunità per fare avanzare la costruzione europea, e soprattutto per farla avanzare in senso federale. Oggi il rischio di un naufragio del processo di unificazione europea è concreto. Per ora l’ancora della moneta europea, ed il suo corollario – le politiche che le istituzioni europee, in primis la BCE e la Commissione europea e, anche se spesso obtorto collo, i governi nazionali, devono condurre per evitare una catastrofe che sarebbe non solo monetaria ma anche economica e sociale – riesce ad impedire che l’Europa venga travolta. A questo proposito possiamo fare le seguenti brevi considerazioni in merito alla specificità dell’epoca che stiamo vivendo, alle alternative possibili, al problema della sovranità ed alla responsabilità di agire in senso federalista.

1. Fare l’Europa ai tempi delle crisi multiple. «Quando ero giovane» aveva detto ai giornalisti Jean-Claude Juncker nel gennaio scorso riferendosi all’inizio del suo mandato, «pensavo che saremmo stati la Commissione dell’ultima possibilità. Non sapevo ancora che saremmo stati anche la Commissione delle crisi multiple perché i pericoli che ci circondano e i problemi che si pongono sono numerosi e vengono da tutte le parti, dall’esterno e dall’interno […] Ma in Europa, come nella vita, non bisogna abbandonare quando abbiamo davanti a noi un lungo tragitto, bisogna avere pazienza e perseveranza e vorrei che nell’anno in corso ci lasciassimo ispirare da questo modello» (eunews.it, 12/01/16).

Le crisi multiple, da quella del debito sovrano a quella della gestione del flusso di migranti e della libera circolazione nell’area Schengen, dominano ormai l’agenda politica nazionale ed europea. A queste si sono aggiunte la crisi dei rapporti con il Regno Unito sulla sua permanenza nell’Unione europea – una vittoria dei pro-Brexit non farebbe che aggiungere incertezze e timori sulla tenuta dell’Europa; gli attentati terroristici, che hanno messo in evidenza la fragilità del sistema di sicurezza interna dell’Europa; l’instabilità politica spagnola; la crescente disaffezione dell’opinione pubblica nei confronti dell’UE, strumentalizzata da euroscettici e demagoghi per promuovere mobilitazioni antieuropee con l’obiettivo di bloccare qualsiasi avanzamento a livello europeo, non certo per proporre qualcosa di concreto, come è avvenuto con il referendum olandese per la ratifica degli accordi UE-Ucraina e come probabilmente accadrà entro l‘anno con quello in Ungheria sul problema delle politiche di immigrazione. Tutto questo mentre continua a rimanere inascoltato il monito del Presidente della BCE Mario Draghi, ribadito al Parlamento europeo il 7 aprile: «L’unione monetaria resta una costruzione incompleta e questo la rende fragile e i suoi paesi vulnerabili agli shock. Completarla non è un lusso ma una necessità».

2. Non ci sono alternative credibili di governo in senso nazionale. Ogniqualvolta i governi tentano di affrontare le crisi con politiche meramente nazionali, devono prendere atto dell’impossibilità di percorrere fino in fondo questa strada. È successo in Grecia e, anche se in modo diverso, per l’Italia. D’altra parte, chi si oppone all’Europa proponendosi come alternativa di governo a livello nazionale brandendo la minaccia dell’uscita dall’euro, proprio perché sono ormai chiare a tutti le conseguenze di un simile atto, non è credibile. Perché, se è vero che consolidare l’unione monetaria in un’unione politica è difficile, sostenere lo smantellamento dell’euro significa non solo proporre di disgregare l’Europa, ma anche rinunciare a qualsiasi prospettiva di rilancio economico e politico anche a livello nazionale.

La sola alternativa di governo che può realisticamente offrire possibilità di progresso, sicurezza e benessere resta quella basata su un progetto di costruzione del governo federale europeo. Un progetto che però deve ormai prevedere una effettiva cessione e condivisione a breve della sovranità in campo bancario, fiscale, economico e politico nel quadro dell’eurozona.

3. La sovranità è il nodo principale da sciogliere per sbloccare il processo di unificazione. Nel quadro attuale fondato su regole che spesso non sono rispettate, come ha ammesso lo stesso Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e come è ancora più evidente nelle questioni relative alla sicurezza interna e alla gestione dei flussi migratori, è urgente che le istituzioni europee, sotto stretto controllo democratico sia del Parlamento europeo, sia della maggioranza del Consiglio, siano dotate del potere di agire direttamente in campo economico e nel campo della sicurezza. Per questo occorre trasferire la sovranità fiscale ed economica al livello europeo: per passare finalmente ad un sistema basato su istituzioni comuni di natura federale.

Come si diceva, questo vale in campo economico, dove è necessario che i governi accettino un intervento diretto della Commissione sulle politiche interne, nella misura in cui le scelte nazionali si rivelino incompatibili con la fiducia e la solidarietà reciproca all’interno dell’eurozona; e vale anche per quanto riguarda la sfida dei flussi migratori, dell’integrazione nella società europea degli immigrati e della sicurezza interna, come mostrano le prime schermaglie tra i governi sul documento proposto dalla Commissione europea sulla politica di controllo dell’immigrazione, che prevede di creare un’agenzia autonoma europea di tipo federale.

«Niente è possibile senza gli uomini, niente dura senza le istituzioni» (Jean Monnet). La Campagna per la federazione europea promossa dal MFE è lo strumento che permette a chi vuole fare l’Europa di dare il suo contributo in termini di tempo e di energie, e contiene le rivendicazioni minime per instaurare le istituzioni sovra-nazionali necessarie per realizzare un governo federale per l’eurozona e permettere agli europei di dotarsi dei mezzi, delle risorse e del potere per condurre una politica estera e di sicurezza interna ed esterna unitaria. Questa Campagna, che si è finora sviluppata in una trentina di città, ha già raccolto l’adesione di circa quattromila tra cittadini e responsabili di istituzioni, enti, organizzazioni. Le sue rivendicazioni sono state fatte proprie da esponenti di governo, del Parlamento nazionale ed europeo, come testimoniano i di-versi resoconti sulle iniziative fatte apparsi su questo giornale, e nei prossimi mesi saranno al centro del rilancio dell’azione:

  • nel Parlamento europeo, nella misura in cui si svilupperà il confronto tra le grandi famiglie politiche sulla bozza di progetto in fase di lancio da parte di Guy Verhofstadt per una riforma in senso federale dei Trattati;
  • nei confronti dei governi quando, dopo il referendum britannico del 23 giugno, la Francia e la Germania presenteranno nuove proposte istituzionali per l’approfondimento dell’unione economica e monetaria (impegno questo che è stato ribadito in occasione dell’ultima riunione interministeriale franco-tedesca del 7 aprile);
  • in Italia dove, nonostante le difficoltà per risanare politicamente, sul terreno delle relazioni sociali e delle finanze questo paese, sta riprendendo vigore la presenza nel dibattito e nel confronto politico di un “partito europeo” trasversale alle forze politiche, consapevole del fatto che non c’è futuro al di fuori del rilancio politico dell’Europa. Un partito che al momento sembra aver fatto propria la batta-glia per un bilancio per l’eurozona basato su risorse proprie, per la nomina di un Ministro delle finanze europeo e per un controllo par-lamentare europeo sulle politiche fi scali ed economiche.

Nel frattempo si tratterà di sfruttare ogni occasione per coinvolgere attori politici e sociali e cittadini nella Campagna, tenendo presente come scadenza il prossimo vertice europeo, che si terrà all’indomani del referendum britannico il 23 giugno prossimo: si tratta di far giungere ai responsabili del governo e delle istituzioni europee altre migliaia di firme sulle due petizioni proposte dal MFE. Parallelamente, sfruttando la scadenza del Congresso europeo il 10-12 giugno a Strasburgo, verranno proposte analoghe iniziative a livello europeo in collaborazione con l’UEF, cercando di rafforzare la presenza federalista sul territorio attraverso il potenziamento delle attività e della collaborazione con la JEF.

Il tutto nella consapevolezza che stiamo vivendo la fase culminante del processo di unificazione europea, dal cui esito dipendono il futuro del nostro continente e le possibilità di influire sull’evoluzione delle politiche mondiali. La pace ed il benessere di cui hanno goduto e continuano ancora a godere gli europei, non dureranno ancora a lungo senza azioni ed istituzioni adeguate.

  

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