Critici verso l’Unione europea attuale, ma desiderosi di più Europa. Può essere letta solo in questo modo la fotografia dei cittadini europei scattata dal rapporto dell’Eurobarometro dell’autunno 2015.
Italiani favorevoli ad una politica europea di immigrazione e di difesa
Critici verso l’Unione europea attuale, ma desiderosi di più Europa. Può essere letta solo in questo modo la fotografia dei cittadini europei scattata dal rapporto dell’Eurobarometro dell’autunno 2015. Il sondaggio è diviso nei singoli dossier nazionali (pubblicati a marzo) e viene fatto ogni sei mesi: questa volta i dati sono stati raccolti tra il 7 e il 17 novembre 2015, proprio mentre il 13 novembre una serie di attentati rivendicati dallo Stato islamico colpiva Parigi e faceva 130 morti. Dopo l’arrivo in massa dei profughi dalla guerra in Siria in Europa, dell’estate scorsa, l’immigrazione è risultata in cima alle preoccupazioni dei cittadini. Tutto lascia pensare che dopo gli attentati di Bruxelles del 22 marzo, il terrorismo sia diventato primo in classifica. Nonostante i timori per l’immigrazione, la libertà di viaggiare, studiare o lavorare dovunque nell'Ue è considerato il principale elemento distintivo dell'Unione. Il 49 per cento degli europei lo indica tra i simboli chiave dell'Unione, seguito dall'euro e dalla diversità culturale. Segno che la chiusura delle frontiere non è una risposta che piace.
Economia. I cittadini europei sembrano meno angosciati dalle questioni economiche rispetto allo scorso anno. Chiaro è che gli eventi di ciascun periodo, letti su internet e sui giornali, visti in televisione e sentiti in radio, influenzano lo stato d’animo del pubblico. Fino a luglio 2015 in Europa si faticava a parlare di altro se non di “Grecia”: era difficile non sapere degli eterni negoziati notturni fra i rappresentanti dell’Unione europea e il primo Ministro Alexis Tsipras per trovare una soluzione di taglio alla spesa pubblica greca che fosse accettabile per Syriza e per i cittadini greci. La paura che la situazione di crisi greca si creasse anche in altri Paesi europei era forte. Secondo gli ultimi dati dell’Eurobarometro, invece, gli italiani percepiscono un miglioramento delle proprie condizioni economiche e occupazionali, anche se restano cauti sulla situazione generale nel Paese e in Europa. Nel campione italiano, il 59 per cento è soddisfatto della situazione economica della propria famiglia (in crescita dal 57 per cento del maggio 2015) e il 53 per cento considera buona la propria situazione occupazionale. Ma se si guarda lo stato dell'economia europea, quelli che lo vedono con ottimismo sono il 28 per cento del campione italiano. Seppur in aumento rispetto al 23 per cento precedente, i più (62 per cento) restano scettici. Bisogna sottolineare inoltre che alcune singole politiche europee che coinvolgono il lato economico e occupazionale registrano molto successo fra i cittadini e mostrano all’Unione che è il caso di approfondire la strada della condivisione e della solidarietà in questi campi: quello della maggiore integrazione dei settori energetici (Energy Union) e del mercato digitale (Digital Single Market).
Immigrazione. Secondo i cittadini europei di tutti i Paesi, ad eccezione del Portogallo, l’immigrazione è al primo posto fra i problemi che l’Ue deve affrontare in questo momento: il 58 per cento del campione europeo (e il 49 per cento di quello italiano) considera ora la questione come prioritaria, rispetto al 38 per cento registrato a maggio 2015. Quello che prima era percepito come un problema solo dagli italiani, è diventato ora di tutta Europa: la guerra in Siria e l’apertura (e seguente chiusura) della rotta balcanica hanno fatto pensare anche a tedeschi, inglesi, francesi ed europei dell’est che la questione riguardi anche loro. I primi giorni di settembre 2015, la foto di Aylan, il bambino kurdo in fuga dallo Stato islamico in Siria, morto su una spiaggia dell’isola di Kos mentre provava a raggiungere il Canada, ha sensibilizzato l’opinione pubblica di tutta Europa. Da allora, l’Unione europea si è fatta carico dell’arrivo dei richiedenti asilo dalla Siria, con diverse misure, non tutte viste con favore dal nostro Movimento. Nel campione italiano, solo il 42 per cento pensa che l’Italia dovrebbe dare assistenza ai rifugiati. Pochi, ma il risultato può essere letto in modo più profondo: la domanda “il suo Paese dovrebbe aiutare i rifugiati?” metteva in luce il ruolo nazionale nel fornire protezione. Se la questione fosse stata posta in modo diverso, anche i risultati sarebbero potuti cambiare. La maggioranza degli intervistati infatti (69 per cento del campione italiano e 68 degli europei) vuole una politica comune in materia di immigrazione e ulteriori misure contro l’immigrazione illegale. Un valore in calo rispetto a maggio, quando i favorevoli erano il 73 per cento in entrambi i campioni, ma comunque sufficiente a far pensare che almeno una parte di chi non vuole che l’Italia aiuti i rifugiati, non sia contrario all’aiuto in sé ma all’idea che sia lo Stato nazionale ad occuparsene.
Sicurezza. Con gli attentati di Parigi (cui l’Unità europea ha dedicato il numero 6/2015), ma già nel periodo precedente, era alta anche la preoccupazione per la sicurezza. Nel campione europeo la lotta al terrorismo supera le questioni economiche nella lista delle priorità per l’Ue. Il sondaggio è stato condotto prima del 22 marzo 2016, il giorno in cui due attacchi rivendicati dallo Stato islamico hanno provocato più di trenta morti nella capitale europea Bruxelles. I prossimi risultati a maggio 2016 potrebbero vedere il terrorismo in cima alle angosce degli europei. L’emergenza ha portato però i cittadini a capire l’importanza di una risposta europea. I terroristi hanno mostrato che possono attraversare in libertà i confini e colpire ovunque. DI fronte a questo pericolo, appare vitale lo scambio di informazioni e la cooperazione fra i nostri Stati fino alla possibilità di un’integrazione sovranazionale dell’intelligence, prospettata da alcuni. Questo sembrano pensare gli europei: il 72 per cento del campione Ue e il 68 di quello italiano è favorevole a una politica comune di sicurezza e difesa. Il 56 per cento degli italiani appoggia l’idea di un esercito comune europeo, una linea sostenuta anche dal 53 per cento degli intervistati Ue. Anche i Paesi dell'est Europa, tradizionalmente meno propensi all'ulteriore cessione di prerogative nazionali all'Ue, si mostrano invece su questo punto più entusiasti della media: il 61 per cento di polacchi e ungheresi e il 57 per cento dei cechi sono favorevoli a un esercito comune. La maggiore contrarietà al progetto si registra invece in Gran Bretagna e in Svezia, dove i favorevoli sono appena il 34 per cento. Il 63 per cento di entrambi i campioni si è espresso a sostegno di una politica estera europea (anche se i favorevoli sono leggermente diminuiti rispetto all’ultimo sondaggio). Infine, nonostante il debole ruolo attribuito dai trattati all’Alto Rappresentante, il 68 per cento degli europei ritiene che la voce dell’Ue conti nel mondo.
Cittadinanza europea. Per anni, l’Italia è stata un grande sostenitore dell’integrazione europea. Nel referendum consultivo del 1989, l’88 per cento dei votanti approvò la proposta di attribuire un mandato costituente al Parlamento europeo. Oggi, però gli italiani sembrano disaffezionati all’Europa così come è costruita. Da una parte, l’appoggio alle politiche europee in materia di sicurezza, immigrazione, energia e le richieste di maggiore integrazione in questi settori. Dall’altra, è chiaro lo scontento verso l’attuale Europa intergovernativa. Il 50 per cento degli italiani afferma di non sentirsi cittadino europeo, percentuale inferiore al campione europeo. Un’idea forse legata al fatto che il 63 per cento del campione sostiene che gli interessi italiani non siano tenuti in dovuta considerazione a Bruxelles. Questo risultato avvicina l’Italia a Paesi che sappiamo essere meno entusiasti, come la Repubblica Ceca e la Gran Bretagna. In quest’ultimo Paese il 52 per cento dei cittadini si percepisce appartenente all’Ue, nonostante il 47 per cento ritenga che il Paese possa avere un futuro migliore fuori dall’Unione: una contraddizione importante alla luce del prossimo referendum sull’uscita del Paese dall’Unione previsto per il 23 giugno. Infine, un lavoro per noi: il 66 per cento degli italiani non si ritiene bene informato sull’attualità politica europea (anche se circa un quinto del campione non cerca informazioni in materia).