Con la vittoria di Biden l'aria è sicuramente cambiata, ma non resta meno vero che si tende a guardare al futuro con le categorie del passato, dimenticando che i contesti sono però completamente mutati.

Nel 1951, in piena guerra fredda, il famoso scrittore di fantascienza Isaac Asimov pubblicò un racconto stupefacente: Per una buona causa. Due anni prima Stalin aveva ottenuto dai suoi scienziati la costruzione della prima bomba atomica sovietica, dando inizio all'equilibrio del terrore. Non sappiamo se Asimov sia stato ispirato dalla Dichiarazione Schuman, che proprio nel 1951 avrebbe dato origine alla CECA grazie al Trattato di Parigi. Nel testo non mancano però gli esempi negativi delle poleis greche finite male per le loro divisioni e degli orgogliosi Stati europei finiti ancora peggio dopo aver dominato gli altri continenti. 

Alcuni decenni dopo, esattamente il 19 novembre 1985, il presidente americano Ronald Reagan ed il Segretario del PCUS  Mikhail Gorbaciov si incontrarono per la prima volta a Ginevra. Prima dei colloqui formali fecero una passeggiata assieme sul lungolago e si scambiarono alcune battute che avrebbero potuto benissimo essere inserite nel racconto di Asimov. «Signor Segretario, ma se gli Stati Uniti venissero attaccati da una potenza extraterrestre, voi verreste in nostro aiuto?», esordì Ronald Reagan.  «Senz'altro, signor Presidente», rispose Mikhail Gorbaciov. «Anche noi vi aiuteremmo in un caso simile», concluse l'inquilino della Casa Bianca. 

Veniamo ad oggi. E' stato pubblicato di recente dal Pentagono e ripreso da tutti i media un rapporto sugli UFO che ha fatto un certo scalpore e dato la stura alle ipotesi più inverosimili. Per parte nostra non abbiamo dubbi che di fronte ad un attacco di alieni la federazione mondiale preconizzata da Asimov nel 1951 diventerebbe presto una realtà. E' invece difficile convincere gli umani che non c'è affatto bisogno di attendere aggressioni da altri mondi per accorgersi che la nostra specie è soggetta a rischi di estinzione o almeno a cataclismi che possono pregiudicare la sopravvivenza di buona parte di essa. I cambiamenti climatici appaiono oggi come la minaccia più grave, concreta e imminente, ma non sono certo l'unica. Ebbene, i “diaboli” del racconto di Asimov durerebbero fatica a spiegarsi come fino a qualche mese fa abbia occupato la Casa Bianca un signore pervicacemente intento a negarli, nonostante le prove fornite dalla comunità scientifica del suo Paese. E con molti imitatori in giro per il mondo. Non sono gli alieni il pericolo per l'umanità, ma gli alienati, coloro che si rifiutano di prendere atto dei problemi e soprattutto di porvi rimedio. 

Con la vittoria di Biden l'aria è sicuramente cambiata, ma non resta meno vero che si tende a guardare al futuro con le categorie del passato, dimenticando il severo ammonimento di Tocqueville: «Il faut une science politique nouvelle à un monde tout nouveau. Mais c'est à quoi nous ne songeons guère: placé au milieu d'un fleuve rapide, nous fixons obstinément le yeux vers quelques débris qu'on aperçoit encore sur le rivage; tandis che la courant nous  entraîne ed nous pousse à recuons vers les abimes». Non a caso Spinelli mise questa citazione in esergo del suo Manifesto dei federalisti europei del 1957. Erano passati appena 16 anni dal famoso testo scritto a Ventotene, ma il leader del MFE non si fece scrupolo di proporre un nuovo manifesto e di aggiornare la strategia federalista dopo il primo fallito tentativo di fondare la federazione europea nei primi Anni Cinquanta. 

Rifacendosi stancamente a quegli anni, “nuova guerra fredda” è invece la definizione che usano molti politici e commentatori, intenti a fissare gli occhi verso i detriti del passato, per descrivere il confronto USA – Cina. I contesti sono però completamente mutati. In primo luogo, la competizione USA – URSS di quei decenni è stata tale solo sul piano politico – militare, non certo su quello economico – finanziario, in cui la superiorità del modello occidentale era indiscutibile. Per questo il crollo dell'economia di comando era già scritta  fin dagli anni in cui Kruscev lanciò la sfida al capitalismo. Quello tra USA e Cina è invece un confronto sistemico che investe tutte le dimensioni e tutti gli ambiti.  In secondo luogo, mondo capitalista e mondo comunista erano allora due ordinamenti separati dalla cortina di ferro e per molti aspetti impermeabili. Oggi le due potenze in competizione sono legate da una forte interdipendenza, cresciuta in modo straordinario a partire dall'ammissione della Cina nella WTO esattamente vent'anni fa. I due giocatori sono quindi vincolati dalle reciproche mosse. La guerra fredda era una partita di tennis, in cui ognuno stava nella propria metà campo. Oggi assistiamo ad una partita di calcio con incursioni continue da una parte e dall'altra. Per di più, al di là delle apparenze e delle semplificazioni, è aumentato anche il numero dei giocatori. 

L'unico elemento che accomuna il mondo bipolare del passato e questo nuovo contesto multipolare sembra essere la carica ideologica con cui si colora anche oggi il confronto. Carica ideologica che in un primo tempo ha spinto l'Amministrazione Biden ad equiparare Cina e Russia come autocrazie. L'inevitabile risultato sarebbe stato buttare la seconda nelle braccia della prima, abbandonando la strategia che la diplomazia americana adottò ancora ai tempi di Kissinger. Un saggio realismo ha infine prevalso e l'incontro tra Biden e Putin è servito a chiarire il quadro entro cui si muoveranno probabilmente le tre potenze nei prossimi anni. 

Un quadro realistico e multilaterale è anche nell'interesse dell'Europa, come si è visto negli incontri a livello di G7 e di NATO. L'UE ed i suoi principali Stati devono però convincersi che il ritorno dell'America, molto auspicato e sicuramente positivo, non deve creare l'illusione che la corrente del fiume, per tornare a Tocqueville, si sia fermata e noi europei possiamo starcene quindi tranquilli a fissare le sue apparentemente immutabili rive mentre siamo trascinati inconsapevolmente verso l'abisso. Se davvero l'Europa vuole occuparsi del futuro nella Conferenza che a questo è dedicata è opportuno che si interroghi anzitutto sul proprio posto nel mondo. Delegare all'alleato americano il compito di definire i valori, i principi, il ruolo e persino i confini di quello che si continua a definire l'Occidente è rinunciare ad affermare una nostra visione del mondo. La pur importante condivisione del modello liberal-democratico non implica una identità di vedute e tantomeno di interessi. Ciò vale sicuramente per la Russia, che per noi resta un vicino importante ed ingombrante allo stesso tempo. E' difficile, per esempio, senza un rapporto fermo ma costruttivo col Cremlino pensare di dare ordine e stabilità a quella fascia di Paesi che va dalla Bielorussia al Caucaso, senza dimenticare che le incertezze ed i vuoti lasciati dagli americani hanno aumentato il peso di Putin anche in Medio Oriente ed in Nordafrica. Resta da vedere se ci sarà un ritorno degli USA in queste due aree. Dopo la decisione ormai inevitabile di lasciare l'Afghanistan al suo destino, sarà la questione iraniana il vero banco di prova per la diplomazia della Casa Bianca. Per gli europei sarà più facile trovarsi d'accordo con l'altra sponda dell'Atlantico sull'atteggiamento da tenere con la Cina, ma c'è un grande e vicino continente, l'Africa, sul cui destino saranno soprattutto Europa e Cina a confrontarsi o a scontrarsi. 

Se l'UE ha l'intenzione di guidare attraverso l'esempio, è soprattutto nella profonda revisione per non dire ristrutturazione delle organizzazioni internazionali nate dopo la Seconda guerra mondiale che deve misurarsi. Si tratta di istituzioni che appaiono sempre più superate e inadeguate, come dimostra la nascita di gruppi informali di Paesi per trattare temi mondiali o regionali. Una profonda riforma dell'Unione costituirebbe un esempio per una altrettanto incisiva riforma di quegli organismi. Programma troppo ambizioso e fuori portata in questo momento storico? Lasciamo la risposta ad Asimov: «Eppure, il successo e il fallimento, in sé, non significano niente. Non esistono. Successo in che cosa? Successo nel lavorare alla rovina dell’umanità. Insuccesso in che cosa? Nel tentare di salvarla? Chi combatte per una buona causa, non fallisce mai; tutt’al più, può avere un successo ritardato».

  

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