I ritardi e le ambizioni dell'Unione Europea in un settore critico per l'autonomia dell'Europa e la competizione globale.
Il dibattito recente sulla raccolta dei dati personali da parte dei gestori dei social network e dell’uso spesso spregiudicato che se ne sta facendo ha portato l’attenzione dell’opinione pubblica sulle potenzialità e sulle problematiche delle applicazioni di intelligenza artificiale (IA), una tecnologia che è già largamente diffusa e il cui sviluppo promette di trasformare il mondo. La figura seguente, per esempio, mostra i settori economici in cui l’IA sta avendo un maggiore impatto.
Gli investimenti in IA a livello globale hanno ormai superato i 10 miliardi di euro e si prevede un loro incremento impressionante nei prossimi anni (in un recente report, KPMG stima che potranno raggiungere 196 miliardi di euro nel 2025).
L’impatto dello sviluppo dell’IA non si limita agli aspetti economici e a quelli sociali ma è diventato uno dei temi principali del confronto tra le potenze mondiali, in particolare USA e Cina: è probabile che Biden e Xi Jinping si trovino d’accordo con l’affermazione di Putin che "l'intelligenza artificiale è il futuro per tutta l'umanità" e che il paese che "diventerà leader in questo ambito detterà le regole nel mondo".
Gli USA continuano, almeno per ora, a mantenere la leadership a livello mondiale. La Silicon Valley è ancora oggi il simbolo dello sviluppo della tecnologia digitale, che insieme al venture-capital, di cui gli USA sono gli inventori e il maggiore polo di attrazione, ha portato alla creazioni di colossi quali Microsoft, Apple, Google, Amazon, Facebook, IBM e migliaia di altre aziende di tutte le dimensioni; oggi anche la Cina ha però i suoi giganti tecnologici: Baidu, Alibaba, Tencent e Huawei, molto attivi nel campo dell’IA.
Gli USA mantengono la leadership anche nel settore della ricerca scientifica nell’IA, con le università più rinomate che attraggono i maggiori fondi e preparano i professionisti più esperti, seguiti dall’Europa, ma la Cina, in cui stanno crescendo importanti poli universitari, è l’area più dinamica.
Infine più di metà degli investimenti in IA nelle imprese private resta concentrato negli USA, come mostrato nella figura seguente, anche se stanno crescendo dappertutto. L’Europa è stata meno pronta e si trova molto indietro rispetto ai suoi principali competitor.
In Cina la situazione è meno chiara: dopo un incremento annuo superiore a quello degli USA fino al 2017, è stato osservato un forte rallentamento degli investimenti privati. In Cina è però forte l’impegno pubblico nello sviluppo dell’IA. Il governo cinese è stato infatti tra i primi a riconoscere l’importanza strategica di questa tecnologia adottando nel 2017 un piano per far diventare la Cina leader mondiale dell’IA entro il 2030 e far arrivare il valore dell’industria del settore a 150 miliardi di dollari; secondo il Global AI Index, lo Stato cinese ha allocato investimenti nell’IA pari a una volta e mezza quelli di tutti gli altri Stati messi insieme. L’industria cinese è già leader nel riconoscimento facciale, mentre il piano del governo punta a sviluppare l’utilizzo dell’IA in particolare nei settori militare e delle smart-cities. La Cina è anche impegnata nel finanziare la ricerca scientifica (il governo cinese intende investire 2,1 miliardi di dollari per la creazione di un parco tecnologico per l’IA) e nello sviluppo di un ecosistema cinese dell’IA (alcune delle principali università e aziende cinesi si sono coalizzate sulla base dei Beijing AI Principles).
Anche il governo americano si è mosso per tempo emanando nel 2018 un ordine esecutivo del Presidente che assegna all’IA il secondo posto nelle priorità nella ricerca-e-sviluppo dopo la sicurezza. A sua volta il Dipartimento della Difesa ha annunciato un investimento di 2 miliardi di dollari nei cinque anni successivi per lo sviluppo di questa tecnologia. Nel 2020 il governo ha poi lanciato l’American AI Initiative con lo scopo di razionalizzare le risorse investite nelle commesse pubbliche a favore dell’IA e mettere a frutto le potenzialità del complesso industriale e scientifico degli USA. Essendo leader in quasi tutte le nuove tecnologie collegate all’IA (big-data, Internet-of-things, 5G, quantum-computing), il governo americano può permettersi un approccio più organico negli investimenti in questo settore.
L’Unione Europea e gli Stati membri sono stati più lenti nel riconoscere la criticità di questa tecnologia per il mantenimento del ruolo di leadership nell’industria e nel commercio mondiale. In un white-paper sull’IA pubblicato nel febbraio del 2020 la Commissione delinea la strategia che intende promuovere per l’Unione Europea con l’obiettivo di porre l’Europa alla testa degli sviluppi tecnologici, incoraggiare l'adozione dell'IA da parte dei settori pubblico e privato, prepararsi ai cambiamenti socio-economici portati dall'IA, assicurare un quadro etico e legale in linea con i valori europei. Le proposte del white-paper vanno in due direzioni: stimolare e coordinare le iniziative degli Stati e definire un quadro normativo per i requisiti legali da applicare nel settore dell’IA. Questi principi sono poi tradotti in proposte di iniziative in due documenti specifici rilasciati nell’aprile del 2021 (per un quadro completo delle iniziative della Commissione si rimanda alla pagina “A European approach to Artificial intelligence” del sito della Commissione).
Per quanto riguarda i finanziamenti, il white-paper stima che l’UE debba investire 20 miliardi di euro ogni anno fino al 2030 se vuole tenere il passo con gli investimenti pubblici e privati dei suoi competitor che attualmente sono di molto superiori. Buona parte di queste risorse dovrebbero provenire dal programma Recovery and Resilience Facility, che riserva il 20% dei finanziamenti all’Europa digitale, ma che riguarda progetti che sono ideati e sviluppati a livello nazionale, con un forte rischio di frammentazione e duplicazioni. Da parte sua, la Commissione intende investire 1 miliardo di euro all’anno con i programmi Digital Europe e Horizon Europe, sui cui progetti esercita un maggiore controllo, nella speranza di mobilitare ulteriori investimenti da parte delle imprese e degli Stati.
Dove l’Unione Europea ha maggiori possibilità di successo è però nel campo dei regolamenti e degli standard internazionali, in cui può sfruttare la posizione di principale potenza commerciale a livello globale, sulla falsa riga del successo ottenuto con il GDPR nel campo della tutela dei dati personali. La mancanza di regole certe contro usi delI’IA che mettano a rischio i diritti dei cittadini e la libera concorrenza tra le imprese sta infatti alimentando un clima di sfiducia attorno a questa nuova tecnologia che rischia di rallentarne lo sviluppo. Si sta quindi formando un clima favorevole, sia all’interno dell’UE che nel contesto internazionale, all’adozione di regole comuni. In questo spazio la Commissione sta cercando di inserirsi con le sue iniziative, anche se ha già dovuto ammettere che interverrà solo nei casi che non sono coperti dalle legislazioni nazionali e non ha potuto non tener conto della forza delle grandi multinazionali dell’information-technology e degli altri attori in gioco, tanto che i nuovi regolamenti, pur avendo riscosso molti apprezzamenti, hanno ricevuto critiche, in particolare perché non proteggerebbero a sufficienza i diritti individuali e perché imporrebbero vincoli alle aziende europee che le danneggerebbero nella competizione internazionale[i]. La proposta della Commissione è stata inviata al Parlamento e al Consiglio europei per un esame che si prevede lungo e complicato vista l’importanza del tema e degli interessi in gioco.
[i] Si veda, per esempio, https://techmonitor.ai/policy/eu-ai-regulation-machine-learning-european-union