Il momento in cui scriviamo è una delle giunture critiche più importanti per la battaglia per la federazione europea dai tempi del secondo dopoguerra, soprattutto se si guarda al decennio appena trascorso in cui la narrazione dominante è stata caratterizzata da un atteggiamento difensivo dei federalisti sotto i colpi, da un lato, di populismo ed euroscetticismo, dall’altro, del tendenziale conservatorismo e della scarsa fiducia tra i paesi dell’Unione europea, che hanno impedito sostanziali passi in avanti nella costruzione della casa comune europea. Nel giro di pochi mesi, la pandemia da COVID-19 ha capovolto il modo in cui gli Stati membri hanno finora affrontato le crisi che investono l’intera Unione, giungendo a una sospensione delle procedure previste dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC) e al varo del programma di investimenti e riforme Next Generation EU (NGEU), finanziato attraverso l’emissione di titoli comuni.
Considerata la temporaneità di queste due iniziative – le procedure del PSC dovranno tornare operative a inizio 2023, mentre la componente principale del NGEU, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, prevede finanziamenti fino al 2026 – urge fin da adesso avviare una discussione profonda su quali lezioni trarre dalla crisi al fine di modificare le regole di bilancio e rendere gli strumenti di investimento comune strutturali e permanenti.
Per questa ragione abbiamo deciso di occuparci della riforma delle regole di bilancio in un nostro saggio, disponibile da settembre nelle librerie, in cui avanziamo una serie di proposte che porterebbero la governance economica e monetaria dell’Unione europea sempre più verso la direzione di un’unione fiscale di ispirazione federalista.
Il punto di partenza del nostro saggio è la constatazione, evidente a tutti gli osservatori delle dinamiche europee, che tre decenni di regole di bilancio, dalle più elementari introdotte con il Trattato di Maastricht, fino alle più complesse, tanto da renderle di quasi impossibile applicazione, derivanti dal Six Pack e dal Two Pack rispettivamente del 2011 e del 2013, non hanno contribuito a costruire un clima di fiducia tra gli stati membri e non hanno impedito che le scelte di politica economica adottate in seguito alla crisi finanziaria innescassero dinamiche di avversione verso l’Unione europea da parte dei cittadini. Le regole di per sé non hanno colpa alcuna, perché le politiche di tagli alla spesa pubblica e ai servizi essenziali adottate in particolare nei paesi dell’Europa del sud sono dovute principalmente alle scelte poco oculate da parte delle classi dirigenti nazionali nei periodi di benessere economico, ma un approccio diverso alla crisi, incentrato sull’avvio di investimenti comuni in funzione anticiclica finanziato da eurobond, come hanno ben dimostrato gli economisti Lorenzo Codogno e Paul van den Noord in un loro recente articolo, avrebbe garantito maggiori benefici economici all’intera Europa, compresi i paesi del nord. Per restaurare la fiducia tra gli stati membri, sfruttando la fase di ottimismo creatasi con il Next Generation EU, e per affrontare al meglio le fasi avverse del ciclo economico quando si ripresenteranno in futuro, occorre pertanto dotarsi di un nuovo sistema di regole e incentivi positivi, che siano più chiari, consensuali ed efficaci, che sappiano combinare – cosa non semplice – la tutela della stabilità macroeconomica con quella della sostenibilità dei debiti pubblici dei paesi più indebitati. Partendo dalle critiche alle procedure attualmente sospese provenienti dallo European Fiscal Board, che esprime il consenso quasi unanime degli economisti che si sono occupati della materia, proponiamo una possibile strada, ancora poco affrontata nel dibattito in corso, che, se opportunamente approfondita da tutte le parti in gioco, potrebbe dare vita a un compromesso fruttuoso per tutti.
- La prima componente della nostra proposta, che costituisce l’elemento più originale del nostro contributo, riguarda il miglioramento dei quadri nazionali, vale a dire l’insieme di regole, procedure e istituzioni presenti a livello degli stati membri, che possano contribuire a migliorare l’intero sistema di finanza pubblica europea. Innanzitutto, si potrebbe prevedere un ruolo maggiore dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), il fiscal council italiano, nelle decisioni politiche che hanno un impatto considerevole sulle finanze pubbliche. L’obiettivo è prendere spunto dal Centraal Planbureau, l’omologo olandese dell’UPB, istituzione in cui gli olandesi ripongono molta fiducia, che aiuta cittadini e rappresentanti politici a prendere decisioni più ottimali sul versante del rapporto costi/ benefici. Oltre al rafforzamento dell’UPB si potrebbero rafforzare le procedure di analisi di impatto delle politiche pubbliche, al fine di proseguire quelle più efficienti e scartare quelle più dispendiose e poco utili, e costituire, come chiede la Commissione europea, un board nazionale per la produttività, che aiuti a risolvere una delle principali cause della scarsa crescita nel nostro paese. Attraverso queste innovazioni nazionali si potrebbe arrivare a un uso migliore delle risorse pubbliche, con una conseguente riduzione del rapporto debito/ PIL, e una ricostituzione della fiducia tra stati membri, indebolendo la retorica del “nord frugale” e del “sud spendaccione”.
- La seconda proposta riguarda la riforma delle regole in sé. La stratificazione di regole e procedure diverse con le continue riforme del PSC ha prodotto un quadro non solo contraddittorio e di difficile applicazione, ma anche impossibile da spiegare ai cittadini, il che inficia l’accountability dell’intera governance europea. Le proposte che facciamo nostre sono quelle di consentire una maggiore pianificazione pluriennale e di consentire, in determinate circostanze, soprattutto nelle fasi avverse del ciclo economico, investimenti di interesse comune europeo, come gli investimenti per la transizione ecologica, da finanziare anche attraverso risorse comuni a livello UE.
- Infine, a coronamento delle proposte fin qui presentate e come contraltare di regole più efficaci e maggiori sforzi nazionali per la riduzione di deficit e debito pubblico, in pieno spirito federalista occorre rendere strutturale l’impegno del Next Generation EU, attraverso la creazione di una capacità di bilancio permanente finanziata da risorse proprie e dotata di una adeguata governance democratica.
La creazione di una capacità di bilancio permanente rappresenta lo snodo cruciale per le battaglie federaliste, nel solco dell’esperienza americana.
Questo momento di auspicata apertura al cambiamento delle regole comuni, rappresentato prevalentemente dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa, va colto contemperando speranza e realismo. L’attuale quadro politico italiano rafforza la posizione di chi crede in un cambiamento nella governance economica europea. Le principali forze politiche del paese, a eccezione di Fratelli d’Italia, sostengono un governo forte e autorevole che ha dichiarato in diverse occasioni la propria preferenza verso la creazione di un «bilancio pubblico comune europeo », per usare le parole del Presidente Draghi. Occorre quindi che i cittadini, le organizzazioni sociali e i rappresentanti politici facciano proprie le proposte federaliste e aiutino le parti in gioco a raggiungere un compromesso che avvicini l’Unione europea sempre di più agli Stati Uniti d’Europa.