Questo ultimo numero del 2021 chiude un anno di impegni e attività intensi, e vorrei pertanto cogliere l’occasione di questo intervento per tracciare un breve bilancio, soprattutto per prepararci alle sfide che ci attendono.

Voglio iniziare con un ringraziamento sentito al direttore del giornale, Jacopo Di Cocco, che termina con questa edizione il suo compito di direttore per entrare nel nostro Ufficio del Dibattito e continuare a dare in quella sede il suo contributo intellettuale e politico; in questi due anni ha dato un contributo importante allo sviluppo ulteriore dell’Unità europea: per un Movimento come il nostro – che vive di militanza volontaria e che cresce con l’impegno dei suoi membri che mettono a disposizione dell’organizzazione le loro competenze, le loro capacità, il loro tempo e il loro senso di responsabilità – si tratta anche di un esempio di spirito di servizio e di lealtà verso il MFE.

Il MFE ha tenuto quest’anno il suo XXX Congresso nazionale, a Vicenza, e si prepara, con una dirigenza rinnovata che coniuga continuità e nuove presenze, ad impegnarsi insieme alle sezioni – vera forza della nostra organizzazione – per il successo della battaglia federalista e per la crescita del Movimento. Il 2022 sarà sicuramente un anno importante per l’Unione europea, come ci confermano i passaggi cruciali compiuti durante quest’anno che sta terminando, e il MFE, nel quadro dell’organizzazione europea, dovrà fare di tutto per essere all’altezza delle sue responsabilità.

L’analisi, che come MFE abbiamo fatto – e che ci ha portati ad investire moltissimo nella campagna per la Conferenza, a partire dalla strategia che abbiamo attuato per acquisire spazi e visibilità sulla piattaforma – si è fondata sulla constatazione che ci troviamo in un momento cruciale della storia, in cui convergono una serie di fattori potenzialmente in grado di portare l’UE a fare il salto di qualità verso l’unione politica federale: le nuove pressioni e i rischi creati dal quadro mondiale si sommano alla profondità delle sfide ambientali e tecnologiche da affrontare che, se non governate in modo adeguato – cosa che gli Stati non sono in grado di fare –, mettono a rischio la sopravvivenza dei nostri sistemi economici e sociali, e da lì politici ed istituzionali; inoltre, dopo molti anni, siamo in presenza di quella che Albertini teorizzava come la leadership occasionale, ossia il fatto che alcune figure politiche di spicco al potere credono, in questo quadro, nella necessità di rafforzare qualitativamente in senso politico l’Unione europea, creando un’Europa più coesa, in grado di condividere una visione e una sovranità effettiva comuni, e sono nelle condizioni per agire e fare passi concreti in questa direzione. D’altro lato, per l’Unione europea è diventato quasi ineludibile affrontare le questioni lasciate in sospeso ormai da troppi anni: completare innanzitutto la costruzione politica iniziata con l’Euro e rimasta incompiuta, senza un’unione fiscale ed economica; e, analogamente, il problema di non avere una vera politica estera e di sicurezza, e una difesa unica. In un mondo nel quale i rapporti e gli equilibri di potere internazionali stanno cambiando profondamente e in una fase di transizione così radicale, gli europei sperimentano ormai in modo spesso drammatico la loro debolezza e la loro impotenza politica, nonostante il successo del Mercato unico.

Sinora la riforma e il rafforzamento dell’UE sono stati bloccati sia dalla scarsa volontà politica e dalla difficoltà per gli Stati membri di convergere verso una visione comune, sia dallo scoglio dell’unanimità previsto dai Trattati in vigore. Sono due condizioni negative che si alimentano a vicenda, perché in un quadro come quello previsto dai Trattati, che garantisce il massimo controllo a ciascuno Stato membro sull’evoluzione dell’UE, i Paesi vengono incentivati a ragionare in termini nazionali e a creare blocchi contrapposti sulla base della convergenza di interessi già costituiti, e a perdere così di vista la ricerca dell’interesse comune, che è ancora da costruire. La Conferenza sul futuro dell’Europa è nata proprio dal tentativo di creare un quadro per facilitare il superamento di questi ostacoli: Il fatto che la Conferenza non rientri nella logica dell’unanimità insita nei Trattati e possa quindi aprire la possibilità di procedere a maggioranza, e il fatto che includa altre istituzioni – in particolare il Parlamento europeo, ma anche i Parlamenti nazionali – e che coinvolga direttamente i cittadini, oltre ad aggiungere un elemento di democrazia, fa sì che il dibattito possa svilupparsi in un’ottica realmente europea e rimanga aperto sfuggendo ai tentativi di fermare il confronto che normalmente gli Stati membri contrari ad un rafforzamento dell’integrazione, soprattutto in termini politici, dell’UE mettono in atto.

Sono quindi state sia le sue caratteristiche, sia la pressione delle contraddizioni che minacciano gli Stai europei, a far crescere il processo della Conferenza molto più di quanto i suoi detrattori non vogliano far credere. Nonostante il tentativo da parte di molti governi nazionali di sminuirne la portata, e nonostante la mancanza di informazione da parte dei media nazionali – per cui i cittadini letteralmente non sono a conoscenza di questa opportunità in corso, che permetterebbe loro di esprimere la propria opinione sull’Europa che vogliono in un contesto in cui le istituzioni si sono impegnate a  dare seguito alle loro richieste – la partecipazione è in crescita, e sta iniziando a coinvolgere, oltre ai cittadini già più sensibili e attivi sui temi europei, anche quelli più genericamente impegnati in politica o a livello civico. Anche il numero degli eventi organizzati in questi mesi per discutere del futuro dell’Europa e pubblicati sulla piattaforma di fatto lo conferma: oltre 4.600 entro la fine di dicembre, e con quasi 350.000 partecipanti. In realtà sono numeri ampiamenti per difetto, sia per gli eventi (moltissimi, sicuramente almeno il doppio, sono organizzati senza essere caricati sulla piattaforma), sia per i partecipanti. Soprattutto, le idee che emergono con maggior forza sono quelle che indicano l’esigenza di un’Europa federale, più capace di agire e più democratica, più vicina ai cittadini, insieme alla richiesta di aprire una riforma dei Trattati a questo scopo. Gli stessi panel dei cittadini stanno lavorando in modo molto più approfondito e strutturato di quanto non si immaginasse, e, raccogliendo queste istanze dalla piattaforma, le trasformano in richieste concrete. Anche in plenaria il confronto si è fatto più dettagliato e, ad esempio nel Gruppo di lavoro sulla Democrazia europea, si stanno discutendo proposte di riforma che permettano di rafforzare i poteri del Parlamento europeo, di accrescere le competenze e la capacità di azione della Commissione, di una migliore suddivisione dei compiti e di un coordinamento più strutturato tra livello di governo nazionale ed europeo, di un rafforzamento della partecipazione politica e del confronto democratico paneuropeo tramite riforme elettorali adeguate, di un maggiore coinvolgimento dei cittadini.

In questo contesto per noi federalisti si conferma la sfida attorno a cui abbiamo incentrato il nostro Congresso: da un lato rafforzare la nostra presenza sui territori con la campagna delle 100 Assemblee e sulla piattaforma per dare il massimo della visibilità e del risalto alle nostre proposte - che riguardano in particolare la necessità di dotare l’Unione europea di una capacità di bilancio autonoma rispetto ai contributi degli Stati membri (dando poteri diretti di imposizione fiscale al Parlamento europeo in codecisione con il Consiglio, in modo che l’UE possa sviluppare le proprie politiche di investimento e di supporto sociale volte all’interesse generale dell’intera UE) e la necessità di abolire il diritto di veto, sia nei meccanismi decisionali che nella ratifica del nuovo trattato che nascerebbe a seguito di tali riforme istituzionali, per costruire un’autentica sovranità politica a livello europeo, democratica e controllata direttamente dai cittadini tramite il Parlamento europeo -; e dall’altro lato, cercare di promuovere, nell’ambito del dibattitto in corso nella Plenaria della Conferenza e nel Gruppo di lavoro sulla Democrazia europea, una riflessione che aiuti i decisori politici a maturare una visione più chiara e condivisa circa le riforme politico-istituzionale che servono all’Unione europea. Sotto questo aspetto, come conferma il dibattito nella Conferenza, e come dimostra da tempo l’Eurobarometro, sono i cittadini stessi che indicano la strada chiedendo a gran voce maggiore democrazia a livello europeo, per essere più coinvolti, ma soprattutto per poter influire direttamente sulle scelte politiche dell’UE e vederle attuate con incisività. Tradotto in termini istituzionali, si tratta della richiesta di approfondire la dimensione parlamentare del sistema istituzionale europeo, che è già tracciata dal Trattato sull’Unione europea nell’art. 10; e di dotare quindi il Parlamento europeo – in codecisione con il Consiglio che diventerebbe una sorta di Senato degli Stati – dei poteri che, nei sistemi pienamente democratici, spettano alle Assemblee legislative che rappresentano i cittadini: il potere di imposizione fiscale, innanzitutto, e in generale il potere di controllo dell’esecutivo (la Commissione), che a sua volta deve essere riformata e rafforzata nelle sue prerogative sovranazionali ed eletta (quantomeno il presidente) con maggiore coinvolgimento dei cittadini e grazie ad un dibattito politico genuinamente europeo.

Tutte le problematiche che oggi si devono affrontare a livello europeo di fatto troverebbero soluzione all’interno di questa richiesta dei cittadini: dalla riforma del Patto di Stabilità e crescita, che si accompagnerebbe al completamento dell’Unione economica e monetaria, superando così le contraddizioni economiche, politiche democratiche che minano il sistema dell’Euro e rendendo possibile anche una maggiore solidarietà sociale, una politica industriale e un rafforzamento del Mercato unico; all’esigenza di iniziare a costruire una vera politica estera e di sicurezza e una difesa europee, grazie alle quali diventerebbe realmente possibile anche un approccio comune ai problemi della politica migratoria, del controllo dei confini esterni dell’UE e delle politiche di vicinato; allo sviluppo di una parziale competenza europea in campo sanitario, in determinati settori della ricerca, ecc.

Come si diceva all’inizio, i fatti soprattutto della seconda metà del 2021 confermano che il momento per aprire il cantiere dei Trattati è eccezionalmente propizio, sia grazie alla spinta che può essere convogliata attraverso la Conferenza, sia grazie alla forte coscienza da parte di alcuni leader politici della necessità di rafforzare il quadro europeo per agire con efficacia verso l’esterno e per rafforzare la coesione interna. A questo proposito basta ricordare il governo italiano guidato da Mario Draghi (che a più riprese anche in queste ultime settimane ha sollevato con estrema lucidità la necessità di arrivare a definire una vera sovranità europea creando una comunità statuale), il nuovo rapporto sviluppato con la Francia di Macron – come testimoniato anche dalla firma del Trattato bilaterale del Quirinale – e le aperture contenute nel programma del nuovo governo tedesco che parla di sfruttare l’occasione della Conferenza per aprire una riforma dei Trattati, arrivare ad una convenzione costituente per costruire uno Stato federale, fondato sul rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo, e procedere anche se non tutti gli Stati sono d’accordo.

In questo quadro la nostra responsabilità è chiara: spetta a noi cercare di portare il massimo della chiarezza sui punti politico-istituzionali da riformare per far nascere con i Paesi disponibili l’Unione politica federale all’interno del quadro attuale del Mercato unico; ed è nostro compito sostenere queste riforme con una campagna in cui l’intervento verso i decisori politici a livello nazionale ed europeo si coniuga con la presenza attiva sul territorio. Il Congresso ha confermato la volontà coesa del Movimento in questo senso; buon lavoro quindi a tutti noi, con la speranza di riuscire a fare, in questo nuovo anno che si apre, passi avanti concreti e importanti per raggiungere i nostri obiettivi.

  

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