L’hanno chiamata l’era della post-verità, l’era della post-politica, può essere l’era della fine della democrazia? E’ certo che l’attuale periodo storico dell’avvento della tecnologia informatica e del massiccio uso dei social è pieno di complessità per chi vuol capire ciò che succede nel mondo e per chi vuole operare in politica.

La facilità di accesso all’informazione, invece di dare i parametri giusti per comprendere la realtà, l’ha resa incredibilmente più complessa da decifrare, soprattutto da quando è in atto una guerra cibernetica a colpi di fake news.

In teoria dovrebbe essere facile distinguere una notizia vera da quella falsa, ma ci vogliono: adeguato livello culturale, conoscenza politica, buon senso e talvolta non bastano.

Viviamo in un mondo sempre più conflittuale dove si dubita di verità fino a oggi indiscutibili: veridicità delle statistiche e dei dati ufficiali, dei metodi scientifici, del parere degli esperti, e, da tempo, crescente sfiducia nei partiti e nelle ideologie. Molti di fronte alla complessità della situazione scelgono soluzioni semplicistiche oppure reagiscono col disimpegno politico. In effetti, nota Davies, “al posto della società, Internet ci offre una selezione di giochi di guerra da fare per divertimento, amicizia, convenienza o per sfogare l’emotività. E’ preoccupante che tra i giochi oggi proposti sembri esserci la stessa democrazia”[...]“L’alienazione politica si manifesta nell’astensione, ma se un leader o una campagna sono in grado di convertirla in rabbia si può rapidamente incanalarla nel sistema elettorale”[...]“queste tecniche di manipolazione trasformano il modo di condurre le campagne politiche”[...]perché “con una più raffinata conoscenza dell’emotività e una più precisa segmentazione demografica sarà possibile personalizzare il detonatore emotivo del singolo portandolo a cambiare il proprio voto o a non votare affatto.” (William Davies, Stati Nervosi)

Tra le fabbriche di fake news c’è la Russia. La Russia di Putin che ha scatenato la guerra in Ucraina, e che al suo interno giustifica questo grave atto con menzogne. La Russia che ha intensificato le azioni di sabotaggio: ne è un esempio, nel giugno di quest’anno, l’annuncio da parte degli hacker russi di Killnet : “domani alle 5 attacco informatico all’Italia”.

La strategia della guerra cibernetica è stata attuata da Putin già all’epoca della guerra in Ucraina del 2014 attraverso varie agenzie. Una di queste è l’IRA (Internet Research Agency) di San Pietroburgo che opera con una propaganda permanente attuata attraverso troll e bot twitter, che tende a falsificare la realtà, a smentire i fatti e a distruggere la credibilità di quelli che si considerano avversari e a favorire i loro alleati.

Timothy Snyder nel suo libro La paura e la ragione, cita Lyudmilla Savchuk,  una giornalista  che ha lavorato sotto copertura per due mesi e mezzo presso l’IRA, e che ha spiegato, alla Public Radio International,  “… lavoravano a rotazione 24 ore su 24 centinaia di giovani alcuni dedicati  alla produzione di meme visivi noti come “demotivators”, altri nella “divisione notizie”, e un altro reparto come “seminatori di social media”…Nonostante la divisione del lavoro, il contenuto era uniforme e l’IRA aveva sempre come nemici, indipendentemente dalle modalità con cui attaccarli, gli Stati Uniti, l’UE e il governo filo europeo dell’Ucraina. E poi c’era il presidente russo Vladimir Putin - apparentemente nessun trionfo russo sotto il suo governo era troppo piccolo da giustificare un tweet celebrativo, un meme o un post.”

La Russia è da tempo preoccupata dalla capacità di attrazione dell’UE nei confronti dei paesi dell’est, basata soprattutto sul suo modello di sviluppo e benessere e sulle enormi opportunità economiche offerte dal mercato unico. L’Unione che ha incorporato i Paesi usciti dall’orbita dell’URSS e che ha continuato a esercitare la stessa capacità nel tempo successivo. Secondo Snyder “Quando l’Ucraina si è avvicinata all’UE, la Russia ha invaso il Paese e nel 2014 ha annesso una parte del suo territorio. Nel 2015 aveva ormai esteso una straordinaria campagna di guerra cibernetica oltre i confini ucraini, fino all’Europa e agli Stati Uniti, con l’aiuto di numerosi europei e americani.” E “dopo aver usato i propri bot su Twitter per incoraggiare il Leave nel referendum sulla Brexit, la Russia li mise all’opera negli Stati Uniti. In diverse centinaia di casi, gli stessi bot che avevano lavorato contro l’Unione Europea attaccarono Hillary Clinton; la maggior parte dei messaggi dei bot stranieri erano di pubblicità negativa nei suoi confronti...Troll e bot russi si mossero anche per sostenere direttamente Trump nei momenti cruciali…Dopo la vittoria di Trump almeno 1600 degli stessi bot che lo avevano appoggiato si misero all’opera contro Macron e per la Le Pen in Francia, e quindi contro la Merkel e per l’AfD in Germania. Persino a questo semplicissimo livello tecnico, la guerra contro gli Stati Uniti era anche una guerra contro l’UE.”

Scrive Giovanni Ziccardi in Tecnologie per il potereil comportamento on line, sui social network, diventa così un elemento essenziale, diremmo quasi incorporato, del sistema democratico e del panorama politico. Un sistema che lascia tradizionalmente delle scelte che possono essere però messe in discussione dalla potenza degli algoritmi e da un uso non corretto delle tecnologie”

Macron nella sua “lettera agli europei” del 4 marzo 2019, aveva messo in luce la necessità che l’Unione si dotasse di un’ Agenzia europea di protezione delle democrazie dichiarando che “la nostra prima libertà è la libertà democratica, quella di scegliere i nostri governanti laddove, ad ogni scrutinio, alcune potenze straniere cercano di influenzare i nostri voti. Propongo che venga creata un’Agenzia europea di protezione delle democrazie che fornirà esperti europei in ogni Stato membro per proteggere il proprio iter elettorale contro i cyber-attacchi e le manipolazioni”.

Oggi, nonostante il tentativo di rendere la realtà un’enorme serie di fake news, ci sono alcuni fatti incontrovertibili: la feroce aggressione di Putin in Ucraina, i morti che sta causando e che causerà, i milioni di emigranti che sta provocando, i danni che sta creando in termini umani, sociali, economici nel mondo.

Sta avvenendo lo scontro tra modelli diversi e antagonistici: autocrazia e liberal-democrazia. L’autocrazia di Putin, che soffoca qualsiasi opposizione, che impedisce il libero uso in Russia dei social e i suoi attacchi al modello occidentale. In un’intervista del 2019 a Martin Wolf del Financial Times Putin dichiarava: “l’idea liberale è diventata obsoleta ed è entrata in conflitto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione” e “I nostri partners occidentali hanno ammesso che alcuni elementi dell’idea liberale come il multiculturalismo non sono più realizzabili”.

Non è così: la libertà e la multiculturalità costituiscono l’emblema stesso dell’Unione. Non si possono negare, però, momenti di difficoltà della liberal-democrazia dovuti al fatto che essa non può essere disgiunta dalla giustizia sociale. Le fake news attecchiscono quando il terreno è fertile e lo scontento è alto. E’ questo aspetto che rende debole un regime democratico in cui si manifestano troppe disparità di reddito e di condizioni nella popolazione. La situazione può peggiorare anche in relazione alle conseguenze della guerra in Ucraina e alla crescita dell’inflazione.

E’ indubbio, però, che Putin abbia messo in evidenza che l’UE non esiste come soggetto politico. La vera debolezza dell’Europa risiede nel non aver ancora raggiunto l’unità politica su scala continentale.

Come ha sottolineato Draghi nel suo discorso al Parlamento europeo Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso – dall’economia, all’energia, alla sicurezza. Ho parlato di un federalismo pragmatico ma devo aggiungere che mai come ora i nostri valori europei di pace, di solidarietà, di umanità, hanno bisogno di essere difesi. E mai come ora questa difesa è per i singoli stati difficile, e diventerà sempre più difficile. Abbiamo bisogno non solo di un federalismo pragmatico ma di un federalismo ideale. Se ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia.”

Siamo in una fase decisiva del processo di integrazione europea. Grazie anche ai risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa, il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio una convenzione per la riforma dei trattati. Ciò probabilmente determinerà uno scontro all’interno dell’UE che potrà far emergere un gruppo di Paesi che decidano finalmente, come è successo per l’euro, di andare avanti verso l’unità politica con chi ci sta.

 

 

  

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