La storia ha una direzione o è un insieme disordinato di eventi casuali? Mi è tornata alla mente questa domanda pensando ad alcuni fatti funesti che hanno caratterizzato gli ultimi mesi: lo scoppio della guerra in Ucraina, le manifestazioni sempre più estreme del cambiamento climatico che mettono in evidenza il ritardo e la lentezza con cui si provano a perseguire obiettivi di diminuzione delle emissioni inquinanti, fino alla caduta improvvisa del governo italiano, che si era contraddistinto per serietà, autorevolezza, capacità di raggiungere gli obiettivi e per la spinta a promuovere una riforma dell’Unione europea che ne completi la costruzione.

In un’ottica di medio o lungo periodo, si riconosce nello svolgersi degli eventi un progressivo aumento dell’interdipendenza tra gli esseri umani. Le interazioni tra individui e organizzazioni sociali, che per lungo tempo si erano esaurite all’interno della comunità locale di appartenenza con scarsi o nulli contatti con l’esterno, si estendono su territori via via crescenti. Le innovazioni tecnologiche sono il motore evolutivo del modo di produzione, con il passaggio da un’agricoltura di sussistenza all’ottenimento di surplus di beni primari commerciabili, da una produzione manuale di beni alla produzione industriale in serie, da una mobilità molto limitata alla possibilità di spostare persone e cose su ampie e crescenti distanze grazie a nuovi mezzi di trasporto, fino alla comunicazione in tempo reale resa possibile a livello mondiale con la rivoluzione informatica.

Tutto questo si accompagna al tentativo di creare aree sempre più grandi di stabilità politica, di libertà degli scambi, di certezza del diritto e di risoluzione pacifica delle controversie: insomma di mercati quanto più possibile funzionanti. Il libero mercato non si realizza nell’anarchia, ma in un contesto istituzionale adeguato. Ciò avviene al prezzo di continue guerre aventi l’obiettivo di conquistare territori da annettere al proprio sistema politico/economico.

Le guerre sono eventi tragici, che tuttavia hanno una spiegazione logica se inquadrate in questa linea interpretativa. L’integrazione pacifica e concordata, come quella in corso tra gli stati europei e in maniera più sfumata tra gli stati di altre macroregioni del mondo, è un’invenzione relativamente recente.

L’interdipendenza genera specializzazione produttiva: se si ha la certezza di poter godere di molti dei beni necessari alla vita poiché questi sono prodotti (anche a distanze geografiche enormi) e commercializzati da altri, un’entità produttiva può concentrare la propria attività su uno o pochi beni sui quali raggiungere l’eccellenza, in modo che siano appetibili per il mercato.

La specializzazione produttiva genera interdipendenza: un’entità produttiva iper specializzata dipende sempre più da altri per ottenere i beni primari che non produce ma di cui è imprescindibile disporre, e per ottenere gli stessi beni intermedi necessari alla produzione del bene finale. Si parla quindi di catene globali del valore: il processo produttivo avviene in fasi che si svolgono in luoghi diversi, senza che la distanza fisica sia un problema.

La globalizzazione è il risultato di processi che si rafforzano l’uno con l’altro, come appena descritto, e del tentativo complicatissimo e tutt’ora imperfetto di dare una cornice istituzionale sovranazionale a mercati che ormai hanno in molti casi una dimensione globale, per evitare che lo strumento con il quale la politica cerca di allinearsi all’estensione delle attività economiche resti la guerra.

Il federalismo interpreta il corso della storia come un progressivo percorso verso l’unificazione del genere umano e fornisce la soluzione istituzionale (lo stato federale) per governare democraticamente territori vasti, realizzando la pace perpetua ed eliminando la guerra e la violenza che ancora oggi restano gli strumenti più utilizzati per conquistare il proprio “spazio vitale”. La suddivisione dei poteri non solo orizzontale (legislativo, esecutivo, giudiziario) ma anche verticale (dal quartiere al mondo) tra livelli di governo indipendenti e coordinati garantisce il rispetto delle identità e diversità locali e l’applicazione del principio di sussidiarietà. Impedisce inoltre che il Leviatano centrale (il governo mondiale) assuma un potere eccessivo diventando un terribile tiranno globale, ma gli attribuisce allo stesso tempo poteri limitati ma effettivi per occuparsi delle questioni per le quali il genere umano è un’unica comunità di destino e fornire i beni pubblici che i mercati non garantiscono.

Il lieto fine - la fondazione di una Federazione mondiale - però è tutt’altro che scontato: la storia non ha il pilota automatico verso il migliore dei mondi possibili, come facilmente osserviamo in questi anni complicati.

Forze poderose lavorano in direzione avversa. Si assiste a tentativi di realizzare la crescita in un solo paese, a episodi di espansione territoriale tramite la guerra e l’occupazione degli stati circostanti, all’emergere di leader politici che lavorano per bloccare la limitazione e la condivisione della sovranità degli stati e indebolire le istituzioni sovranazionali, al sostegno - o all’accettazione passiva - assicurato da ampie fasce di popolazione a tali personalità.

Il nazionalismo resta un’ideologia forte, perché fornisce risposte - illusorie ma molto attrattive - al bisogno di protezione, di sicurezza e di senso di appartenenza a una comunità di “uguali” che ha un destino glorioso davanti a sé.

Donne e uomini sono dotati di libero arbitrio, e spesso scelgono la soluzione giusta - magari all’ultimo minuto, spinti dalla gravità della situazione - dopo aver provato le soluzioni sbagliate. Unire politicamente l’Europa è una necessità storica, ma prima di avviare il processo di integrazione pacifica ci sono stati i tentativi della Germania di realizzare l’unione con l’egemonia, la violenza e la soppressione delle libertà e dei diritti. E, nonostante i passi compiuti e i successi innegabili dell’Unione europea, l’unificazione non è stata ancora completata.

Unire il mondo è parimenti fondamentale, ma la complessità ancora maggiore di questo progetto politico si riflette nel fatto che le istituzioni comuni (ONU, Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale del commercio…) restano troppo deboli rispetto agli obiettivi che dovrebbero perseguire e riflettono tutt’ora equilibri tra stati risalenti al post Seconda guerra mondiale, mancando un piano di riforma complessiva.

Una menzione particolare va rivolta al problema ambientale. Se anche arrivassimo a pacificare il mondo, questo non basterà se la vita sul pianeta è messa in pericolo dagli effetti perniciosi delle attività umane sulla natura. Questo è un caso madornale di fallimento della globalizzazione non governata, del mercato, e anche della politica nazionale nel rispondere alla sfida più importante che abbiamo di fronte a noi. Solo un’azione politica comune di respiro sovranazionale può pensare ed attuare un piano epocale vincolante per un diverso modello di sviluppo che contenga l’impatto sulla Terra a livelli sostenibili. Il ritardo nel darci i mezzi e le istituzioni adeguate qui si rivela drammatico.

Il ruolo di chi, come i federalisti, ritiene di aver compreso qual è la soluzione razionale al problema di governare un mondo globalizzato, è di indirizzare la Storia verso l’affermazione della ragione sugli impulsi primitivi, del governo sovranazionale sull’anarchia internazionale, del federalismo sul nazionalismo. Le battaglie politiche si possono perdere, e molte ne perdiamo, ma risulta evidente che alle sconfitte del nostro progetto corrisponde sempre un peggioramento delle condizioni del pianeta, mentre viceversa quando si afferma la volontà di cooperare in modo pacifico attraverso istituzioni democratiche sovranazionali, si sprigionano le migliori energie che donne e uomini possono mettere in campo.

Ci devono quindi guidare la consapevolezza che il nazionalismo porta false soluzioni che non possono funzionare e la sobria convinzione che abbiamo ragione noi e coloro che come noi hanno compreso la direzione della Storia, e alla globalizzazione dell’economia vogliono affiancare la globalizzazione della politica attraverso la Federazione.

 

 

  

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