Storicamente il passaggio dalla confederazione alla federazione negli USA, in Svizzera e in Australia si è fatto con una riforma costituzionale con una norma sulla propria ratifica che superava l’unanimità prevista nel testo precedente. Anche per l’UE sarà lo stesso.
Il 9 giugno il Parlamento Europeo (PE) alla luce della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE), ha approvato una Risoluzione ex art. 48, con due emendamenti ai Trattati volti a superare l’unanimità, e auspicando anche altre riforme. È un atto formale per avviare la riforma dei Trattati. Anche la Commissione ha chiesto la convocazione di una Convenzione, nel discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen. Il tema dovrebbe essere discusso dal Consiglio europeo di dicembre.
La rilevanza delle elezioni europee del 2024 dipenderà dal successo dell’iniziativa del PE. Se ci sarà una Convenzione, si aprirà una battaglia costituente. Anche se i governi nazionali non hanno voglia di riformare i Trattati, è difficile per essi rifiutarla perché vorrebbe dire che se ne fregano della CoFoE, del PE e della Commissione. Nel caso la nostra azione sarebbe di radicale denuncia, puntando alle elezioni europee sulle proposte di riforma del Parlamento europeo e contro i governi nazionali che disattendono le richieste dei cittadini nella CoFoE. Ma ora bisogna battersi per ottenere la Convenzione come esito della CoFoE e sulla base dell’iniziativa del PE appoggiata dalla Commissione.
Non sappiamo i tempi della decisione sulla Convenzione e del suo svolgimento. Il Consiglio europeo potrebbe invitare il PE a predisporre ulteriori emendamenti vista la sua richiesta di altre riforme, o decidere che per due soli emendamenti non serva una Convenzione ma basti una Conferenza Intergovernativa. Il PE sta predisponendo un Rapporto sui Trattati e le proposte della CoFoE, per spingere i suoi rappresentanti nella Convenzione a presentare altri emendamenti. Che li faccia prima dell’avvio o dentro la Convenzione, verranno esaminati. Gli Stati non vogliono fare la riforma, ma se si apre la Convenzione preferiranno affrontare tutto, piuttosto che rischiare che poi il Parlamento presenti altri emendamenti e si riparta. L’eventuale Convenzione potrebbe avere le proposte del Parlamento come testo base, o il risultato finale potrebbe essere influenzato dalle elezioni europee, o magari essere sottoposto a un referendum – consultivo o di ratifica - in occasione delle elezioni europee. Il successo dell’iniziativa e della Convenzione dipenderà in larga misura dalla capacità di legare la riforma alle crisi geopolitica ed energetica causata dell’invasione russa dell’Ucraina. La Commissione sta provando a fare proposte al riguardo, ma si scontra con la regola dell’unanimità.
Serve l’unione dell’energia: il costo della non-Europa rischia di portare ad un processo di deindustrializzazione. In agosto abbiamo pagato l’energia quasi nove volte più degli USA! Un governo federale potrebbe disaccoppiare il costo dell'energia da quello del gas; identificare un parametro diverso dal mercato speculativo di Amsterdam; fare acquisti congiunti, come per i vaccini, che eviterebbero la concorrenza tra i Paesi dell'UE verso gli stessi fornitori, i quali non possono sostituire l'UE nel suo complesso come compratore, e sarebbero quindi costretti a negoziare contratti a lungo termine a un prezzo ragionevole se l’acquirente fosse l’UE in quanto tale. Il potere di mercato dell'UE agirebbe come un tetto legale ai prezzi del gas, abbassandoli. E finanzierebbe il completamento della rete energetica dell'UE, che secondo uno studio dell'University College di Dublino ridurrebbe i prezzi dell'energia del 32%. Avvierebbe la creazione di una riserva strategica comune, per affrontare meglio gli shock futuri e potenzialmente asimmetrici. I cittadini oggi pagano il prezzo dell'unanimità che si applica alle misure che hanno un impatto sul mix energetico nazionale o sulla struttura dell'approvvigionamento, o che hanno natura fiscale (art. 192 e 194 del TFUE).
Sulla difesa i 27 spendono circa il triplo della Russia senza dissuaderla dall’invadere i vicini. Arrivare al 2% del PIL a livello nazionale aumenterebbe lo spreco. Un altro costo della non-Europa. Molti puntano sulla NATO, come Svezia e Finlandia. Ma l’ombrello americano è solido quanto la presidenza democratica; e con una repubblicana? La Germania ha stanziato cento miliardi per la difesa. Questo cambia il quadro. Se si procede ora sulla difesa europea, la leadership sarà francese. Altrimenti si consoliderà un apparato industriale-militare in Germania che renderà più difficile fare la difesa europea. E, se e quando si farà, la leadership potrebbe essere tedesca. In Germania Schäuble a luglio ha proposto di usare parte dei cento miliardi sulla difesa europea e sul nucleare francese nel quadro di un processo di europeizzazione del deterrente nucleare. Già durante la presidenza Trump, Merkel chiese alla Francia un piano per l’unione politica. Nel rinnovare il trattato di amicizia franco-tedesco, la Germania auspicava l’europeizzazione del seggio francese all’ONU e la Francia ha risposto appoggiando un seggio per la Germania, che tanto non ha possibilità di vedere la luce. Scholz ha rilanciato il superamento dell’unanimità in politica estera, ma la Francia per ora sembra contraria.
La scelta è tra Europa e nazionalismo e le risposte dei governi non sempre corrispondono alle loro parole o ideologie. La Francia per ora non sembra disponibile alla condivisione della sovranità su politica estera e difesa. Ma neanche sull’energia, puntando sul suo nucleare e volendo esportare energia (nonostante la siccità abbia portato alla chiusura di molte centrali nucleari per mancanza di acqua da usare per il raffreddamento; fenomeno che con il cambiamento climatico rischia di ripetersi), si oppone al gasdotto Midcat che dovrebbe unire la penisola iberica (con molti rigassificatori) con la Germania e il resto dell’Europa. La Germania stanzia duecento miliardi in tre anni per calmierare la bolletta per famiglie imprese (quanto il PNRR italiano in cinque anni), cosa che farebbe saltare il mercato unico come campo da gioco con una competizione leale. Entrambe queste linee sono insostenibili. Non si può continuare a spendere circa il triplo della Russia senza avere capacità militare, o pagare l’energia nove volte gli USA senza avere un tracollo economico e un processo di deindustrializzazione. Senza una scelta europea, tutti i partiti di governo sono destinati a perdere le elezioni a causa della crisi energetica e delle sue conseguenze. Vedremo se il futuro Governo italiano favorirà tale evoluzione, come ha cercato di fare Draghi, o se sarà un freno.
L’eventuale Convenzione sarà il terreno costituente. Storicamente il passaggio dalla confederazione alla federazione negli USA, in Svizzera e in Australia si è fatto con una riforma costituzionale con una norma sulla propria ratifica che superava l’unanimità prevista nel testo precedente. La riforma è stata fatta per tutti, ma con la chiara scelta di andare avanti con chi ci sta, attraverso la nuova clausola sulla ratifica. Credo che anche per l’UE sarà lo stesso: l’art. 48 può avviare la partita, ma per vincerla servirà una norma sulla sua ratifica che scavalchi l’art. 48 stesso. Anche con una ratifica a maggioranza qualificata, sarà difficilissimo. In Paesi come l’Irlanda è obbligatorio il referendum, in Francia è politicamente impossibile non farlo. In un referendum nazionale di ratifica in Francia i voti di Le Pen, Zemmour e Mélenchon si sommerebbero nel NO. La situazione è peggiore che nel 2005. Perciò i federalisti dovrebbero battersi affinché la norma sulla ratifica preveda un referendum europeo di ratifica a doppia maggioranza: per entrare in vigore serve la maggioranza dei cittadini europei che votano al referendum. Ed entra in vigore negli Stati dove c’è stata una maggioranza nazionale favorevole. Negli altri si rivota entro sei mesi per decidere se ratificare o uscire. Questa opzione accoglierebbe la richiesta della CoFoE di istituire un referendum europeo; eviterebbe i referendum nazionali impedendone l’utilizzo a fini interni invece che sul quesito europeo; avrebbe una fortissima legittimità democratica per superare il principio dell’unanimità; e con la formula della doppia maggioranza riconoscerebbe in modo esplicito la natura dell’UE come unione federale di cittadini e di Stati.
Sarà essenziale l’integrazione differenziata, mantenendo formalmente quadro unitario – perché nessuno Stato accetterà di essere cacciato o di essere in una “Serie B” – ma creando due cerchi, come con l’Unione monetaria e Schengen. Se le future riforme saranno fatte con una procedura e ratifica non all’unanimità, anche soluzioni imperfette potranno essere migliorate con una futura riforma o attraverso la prassi e la battaglia politica. L’alleanza tra istituzioni europee e federalisti può spingere i governi più disponibili a procedere in tal senso.