Due cose curiose mi sono capitate su Telegram nell’ultimo mese. E vale la pena raccontarle. La prima riguarda il mio (alto) grado di resistenza al contatto prolungato con dichiarazioni/teorie strampalate e grottesche. In questo caso, mi riferisco a quelle provenienti da una fonte in particolare: il canale Telegram del famigerato Dmitrij Anatol'evič Medvedev, attuale Vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, ma soprattutto ex Presidente del vastissimo paese euro-asiatico dal 2008 al 2012. La necessità di mantenere l’attenzione su queste dichiarazioni – tra le tante, lo scorso anno il riferimento agli occidentali come «Bastardi e degenerati, li odio: voglio farli sparire» – nasce da un dubbio: chi prenderà il posto di Putin nel caso non dovesse collassare il suo apparato di potere? Si fa riferimento ad una situazione non caratterizzata da un confronto armato tra i vari “signori della guerra”1 e l’entità statale russa in sé per il controllo del potere, bensì una transizione nel contorno delle attuali istituzioni. E se fosse proprio Medvedev? Ci ritroveremmo l’occidentalista che mangiava in un fast-food con Obama o il “mostro” che oggi appare?

Dal momento che il pericolo di implosione della Russia sembra rientrato e la situazione al fronte è tutt’altro che nitida, mi limiterò a raccontare la sua visione sul futuro dell’Ucraina datata 25 maggio. In primo luogo, la sensazione è stata quella di trovarsi innanzi ad un ‘remake’ del cosiddetto “Patto Ribbentrop-Molotov”, a seguito del quale Germania nazista e URSS si spartirono la Polonia. In secondo e terzo luogo, questo sentore è divenuto certezza.

Egli pone tre casi di come «scomparirà l’Ucraina» in quanto entità statale.

1) Gli Stati membri dell’Unione europea (UE) confinanti «completano l’‘anschluss’» con la parte occidentale dell’Ucraina. La parte orientale finisce sotto il controllo russo. Al centro rimane una porzione di territorio indipendente che reclama le terre controllate dalla Russia e chiede di aderire all’UE e alla NATO. Questo porterebbe ad un inasprimento delle ostilità e potenzialmente alla terza guerra mondiale.

2) A seguito di un accordo mirante a creare un “Nuovo Ordine Mondiale”, il territorio ucraino viene spartito tra gli Stati membri dell’UE confinanti e la Russia. A margine, si raggiunge un accordo per la non ripresa delle ostilità tra le due parti. Tuttavia, un’eventuale continuazione del governo ucraino in esilio, che incoraggerebbe «l’attività terroristica dei nazisti ucraini», manterrebbe un livello di rischio moderato riguardo la ripresa del conflitto.

3) Per la parte occidentale dell’Ucraina si applicano le condizioni del punto 1), mentre la parte centrale e orientale, «nell’ambito dell’art. 1 della Carta delle Nazioni Unite, dichiarano la propria autodeterminazione aderendo alla Federazione russa». Questo garantirebbe la non ripresa del conflitto.

La seconda cosa, invece, riguarda il caso. Il caso ha voluto che digitassi casualmente delle lettere sulla tastiera nella barra di ricerca di Telegram, con la conseguente comparsa sullo schermo di un profilo avente una foto di un gatto, un meme e una bio scritta in cirillico. A questo punto, l’affermazione «la persona della strada pensa questo di quel determinato avvenimento» ha preso il sopravvento. Ho quindi deciso di porre a questa persona delle domande riguardanti la percezione della guerra russa in Ucraina. Il target anagrafico è: uomo, russo, 24 anni, ingegnere, residente nell’Oblast’ di Mosca.

In generale, dalla sua visione è emersa sia l’avversione nei confronti «delle forze liberali pro-occidentali» per il caos post-sovietico che la percezione del conflitto in atto come non impattante sulla vita quotidiana, sfuggendo alla mia richiesta di descrivere la situazione dei droni in territorio russo e liquidando come mera provocazione – dunque sminuendone la portata – la marcia di Prigozhin. La sua idea della Russia è seguita ad una mia considerazione sul libro “La fine del regime” di Alexander Baunov – il libro compara il modello autocratico russo (in particolare un suo eventuale crollo) a quelli di Franco, Salazar e dei colonnelli greci. La particolarità è che è uscito nelle librerie russe in quanto non menziona direttamente Putin, ma è altresì molto diffuso tra gli oppositori, tant’è che il biologo e attivista per i diritti umani Oleg Orlov2 si è di recente recato ad un’udienza a suo carico con una copia, per cui la Russia è un paese «più liberale di quanto si possa pensare dall’esterno. A molte persone che criticano la politica del governo, spesso non accade nulla».

Di seguito, le sue risposte ad altre due mie domande.

1) «Qual è la tua percezione riguardo l’UE? Da un Paese come la Russia, la vedi come un’entità politica reale o come un’organizzazione internazionale di Stati con fini meramente economici?»

«L’UE era un’unione economica, ma ora sta diventando più unita anche politicamente. E credo abbiano agito in modo un po’ sciocco mettendo le loro ambizioni politiche davanti ai vantaggi economici, in quanto l’Europa è destinata a dipendere per l’approvvigionamento di materie prime».

2) «Ritieni che il tuo paese abbia un’idea missionaria di se stesso? Un’idea secondo la quale desidererebbe convertire una parte di mondo al proprio stile di vita?3»

«Lol, no, i nostri politici vogliono solamente salvare le tradizionali sfere di influenza e la parità strategica tra Est e Ovest».

Per quanto riguarda la risposta alla seconda domanda, effettivamente tutto ruota attorno alla comprensione del perché la Russia ha dato il via a questa invasione. Walter Russel Mead, su “The Wall Street Journal” sostiene che, oltre alla molto accreditata tesi secondo la quale Putin si percepisca come il salvatore dell’imperialismo russo, la sua cerchia di potere nutra preoccupazione riguardo la composizione etnico-religiosa della Russia. Mead ricorda infatti che il numero di russi ortodossi è in costante calo, ed entro il 2034 essi rappresenteranno il 70% della popolazione, mentre i russi di etnia originariamente musulmana, o i non credenti, il restante 30%. Si spiegherebbe, dunque, la deportazione di tutti quei bambini ucraini, al fine di rafforzare l’egemonia degli slavi ortodossi nella Federazione russa. E se così fosse, probabilmente quell’idea di Russia slava e ortodossa, di cui Putin si fa portatore, avrebbe più un riflesso interno, atto a garantire continuità al suo apparato politico, piuttosto che esterno.

Se c’è una realtà che prescinde da ogni finzione e manipolazione, però, è proprio la mancanza di volontà da parte della Russia di sedersi costruttivamente attorno ad un tavolo per negoziare. Ma le speranze dell’Unione europea quali sono? Da cosa dipenderanno? L’asserzione costruttivista di Alexander Wendt, «l’anarchia (internazionale ndr) è ciò che gli Stati fanno di essa», trova riscontro nel fatto che l’idea di multipolarismo russo-cinese, mirante ad imporre un nuovo paradigma, alternativo a quello occidentale, pone le sue radici prima nella Intelligencija dei due paesi, e poi nei vertici della Shanghai Cooperation Organization (SCO) già dai primi anni del ventunesimo secolo4. Esempio efficace di come questa idea, originatasi in ambito accademico, si sia imposta tra i policy maker.

La stessa cosa non si può dire per il multipolarismo di matrice federalista europea, secondo il quale l’ingresso di una Federazione europea nel sistema internazionale avrebbe (avuto) un impatto meno minaccioso nei confronti di quei paesi, in quanto figlio di un’idea sovranazionale universale che nessun attore statale rappresentava, ha mai rappresentato e tutt’ora rappresenta5. La più grande colpa della classe politica europea – ma si potrebbe dire dell’intera società civile europea – è stata quella di non vedere, dopo il crollo dell’URSS, questo potenziale spazio che potrebbe ricoprire l’UE con un assetto federale, e le attuali aspirazioni sino-cinesi non ne sono che la conseguenza.


1 A seguito dell’ancora misterioso (tentato) ‘putsch’ del 24 giugno, uno dei potenziali competitors – la brigata di mercenari Wagner – sembrerebbe fuori dai giochi.

2 Rischia fino a 7 anni di carcere per aver screditato le forze armate russe, attraverso flash-mob solitari, riguardo l’invasione dell’Ucraina, e di aver definito la Russia come «Stato fascista». Orlov fa parte del board di “Memorial”, organizzazione vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2022.

3 Un’idea che personalmente ho sentito spesso in ambito accademico, in particolare tra studiosi delle Relazioni Internazionali.

4 La Russia allo stato attuale, e nell’attuale contesto multipolare, è quello che solitamente verrebbe definito “attore nazionale principale”. Dunque, in una prospettiva realista anti-cinese, bisognerebbe (citando Morton A. Kaplan) «cessare di combattere piuttosto che eliminare» un attore di questo tipo. Siamo però sicuri che questo ragionamento debba valere anche nei confronti di un attore statale che ci si è buttato volontariamente tra le ali del dragone, e il cui establishment ha idee come quelle riportate sopra?

5 Nonostante l’idea di diffondere la lingua Esperanto sia legittimamente percepita al giorno d’oggi come utopica (alla meglio) e ridicola (alla peggio), si deve prendere atto di quanto sia strettamente legata all’idea di sovranazionalità propria del federalismo europeo/mondiale. Questo, in quanto non rappresenta un’identità nazionale già esistente, bensì ne prescinde l’essenza stessa. Che sia l’Esperanto la “spada nella roccia” di chi vuole unire l’Europa per unire il mondo?

 

  

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