La guerra in Ucraina sta obbligando l’UE a rivedere i propri equilibri politici e le politiche su di essi costruite. Non sarà un processo indolore, ma indietro è difficile tornare.
La guerra in Ucraina sta scuotendo equilibri consolidati, sia sul piano della politica che delle politiche pubbliche. Putin sta costringendo l’UE a rivedere le proprie politiche di sicurezza (energetica, ambientale, militare) ma anche l’equilibrio politico su cui si erano basate. Dopo la fine della Guerra Fredda, l’UE si è consolidata attraverso la convergenza tra due famiglie politiche, quella dei cristiano-democratici e quella dei socialdemocratici. Un equilibrio politico che ha replicato a Bruxelles quello praticato a Berlino.
Il contesto, però, è cambiato. Prima è arrivata la pandemia e, poi, la guerra in Ucraina. La visione intergovernativa del centro politico europeo è stata messa in discussione. Non potevano essere i singoli governi nazionali a farsi carico della ripresa post-pandemica, né possono essere i singoli governi nazionali a farsi carico della sicurezza energetica e militare. Se un problema ha una scala europea, non può ricevere una risposta nazionale. Allo stesso tempo, l'Europa è sotto attacco e occorre una svolta decisa perché i governi possano cercare di risolvere il conflitto in Ucraina, l'emergenza di milioni di profughi e la crisi energetica.
Il Parlamento europeo ha avviato la procedura per la convocazione di una convenzione ex articolo 48 del Trattato dell’Unione e (con l’approvazione della Commissione) ha dato mandato ad AFCO (commissione affari costituzionali del PE) di lavorare su di una revisione organica dei trattati, in continuità con quanto richiesto dai cittadini. La Conferenza sul futuro dell'Europa ha rappresentato un momento democratico fondamentale che ha coinvolto i cittadini in una riflessione sulla natura e sul futuro dell’Unione europea. Tra le proposte elaborate, le più importanti richiedono una riforma dei trattati per aumentare i poteri e migliorare i meccanismi decisionali dell’intera UE.
Su questo punto, il Consiglio europeo ha una posizione “attendista”. Per questo la petizione MFE – UEF al Consiglio europeo e la raccolta firme da affidare al Parlamento europeo affinché le consegni al Consiglio hanno lo scopo di imprimere una direzione decisa per la federazione. La posizione “ondivaga” del Consiglio rischia di far disperdere il potenziale della Conferenza sul futuro dell’Europa. Per cominciare a concepire e poi realizzare un progetto di questa portata occorrerebbero soprattutto una decisa volontà politica e una classe dirigente europea all’altezza della situazione. Questa è purtroppo la condizione attualmente più difficile da realizzarsi.
Allo stesso tempo, tuttavia, può essere utile ipotizzare ulteriori soluzioni per sbloccare la situazione di stallo (rottura) che presumibilmente si verificherà già nella convenzione o al più tardi alla Conferenza intergovernativa che seguirà (una volta che la procedura sia – come speriamo – approvata dal Consiglio europeo che si riunirà a luglio sotto la presidenza spagnola) e si potranno prefigurare altri passaggi nel cammino verso la federazione europea. Ad esempio, può tornare all’attenzione lo strumento della cooperazione rafforzata tra Germania, Francia, Italia, Spagna, Belgio, Lussemburgo e forse anche Portogallo e Paesi Bassi.
Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale tutta l’Europa è precipitata in una minacciosa situazione di paura esistenziale, di incertezza e di smarrimento. C’è una sola certezza: nulla sarà più come prima. Se i governi europei e l’Unione europea vorranno difendersi e contare ancora nella geopolitica internazionale dovranno svoltare radicalmente: i piccoli e cauti passi verso l’integrazione dei Paesi continentali non servono più. Innanzitutto, c’è il problema di porre fine alla guerra e ai massacri in Ucraina e di predisporre una difesa europea. Ma questa guerra non richiede solo una forte difesa comune: segna per l’Europa un totale punto di svolta: o si cambia o si muore.
La globalizzazione appare meno centrale e il pianeta si sta dividendo in blocchi sempre più contrapposti; alla libertà completa del commercio globale si sta sostituendo l’intervento diretto e massiccio degli Stati in un contesto di quasi economia di guerra. Ma se si vuole contrastare efficacemente l’aggressione russa e svincolarsi contemporaneamente dalle manovre avventuriste dei politici americani – che sembra vogliano proseguire la guerra a oltranza fino a una impossibile vittoria campale sulla Russia di Putin e operare un “cambio di regime” - gli europei devono ricominciare a affrontare le questioni di fondo. La Comunità Europea è nata per assicurare pace, sviluppo e benessere. Però la UE è diventata solo un grande e aperto mercato, un'unione doganale senza direzione politica e senza strategie.
Accanto al percorso di revisione dei trattati, è importante non dimenticare uno strumento che già esiste e merita di essere maggiormente valorizzato. La Cooperazione rafforzata tra i Paesi che vogliono condividere attivamente le loro iniziative strategiche è prevista dai trattati europei, in particolare per quanto riguarda le materie che non sono di precipua competenza UE, ad esempio la politica internazionale, la difesa, l’energia e le politiche ambientali, la ricerca scientifica e tecnologica, le politiche del lavoro. I Paesi europei della Cooperazione rafforzata potrebbero creare fin da subito alcune Agenzie specializzate per gestire in maniera comune la politica energetica e di difesa, la politica sanitaria, le politiche sociali, in stretto coordinamento con la Commissione europea e la BCE.
Parallelamente al percorso della federazione, che necessita di tempi di “decantazione” politica più lunghi ed articolati, la “Nuova Europa” della Cooperazione può già condurre ad un assetto al contempo più democratico e più “decisionista”.
La crisi energetica, economica e della difesa colpisce tutti i Paesi, anche se non in misura uguale. Anche l’economia della potente Germania è in crisi. L’auspicio è che i Paesi europei, a partire dalla Germania, sappiano capire che non conviene più a nessuno imporre politiche di subordinazione e di austerità agli altri partner europei. È il momento di dare finalmente una strategia alla UE, di ridiscuterne le politiche e di rimetterla su nuovi binari. Altrimenti la già fragile costruzione europea potrebbe saltare di fronte ai gravissimi conflitti geopolitici, presenti e futuri.
La guerra in Ucraina sta obbligando l’UE a rivedere i propri equilibri politici e le politiche su di essi costruite. Non sarà un processo indolore, ma indietro è difficile tornare. Il progresso della democrazia e del benessere costituisce, invece, da sempre il bastione più solido contro le ideologie autoritarie e le avventure militari.