I prossimi mesi saranno ricchi di importanti appuntamenti elettorali a livello nazionale ed europeo, in cui i cittadini verranno chiamati a scegliere sul futuro della democrazia, dell'ambiente e della società in cui vogliono vivere. Se dopo le elezioni legislative in Francia e soprattutto la fine del governo Draghi in Italia sembrava essersi esaurito il raro momento in cui leadership nazionali, necessità storica e opportunità politica si erano allineati per aprire ad una prospettiva concreta di trasformazione dell'Unione europea, le scelte che i cittadini saranno chiamati a prendere nella prossima stagione potrebbero rimescolare le carte e dare una nuova chance al progetto di riforma dei Trattati emerso dalla Conferenza sul futuro dell'Europa.

A rendere possibile questa prospettiva sono già state a dire il vero le elezioni politiche in Spagna dello scorso luglio. Là dove la maggior parte di commentatori temeva (o auspicava) l'avanzare dell'"onda nera" che consolidasse i partiti di estrema destra contrari al federalismo europeo, rendendoli essenziali per la formazione del nuovo governo a Madrid, gli elettori spagnoli hanno mandato un chiaro messaggio di opposizione a questa tendenza già concretizzatasi in Italia, Svezia e Finlandia. Il ridimensionamento di Vox, di fatto il più stretto alleato di Fratelli d'Italia a livello europeo, lascia pensare che l'ascesa dei "patrioti nazionali" non sia così inevitabile, soprattutto, se i cittadini capiscono che i loro slogan e il loro progetto politico, se attuati, porterebbero ad un arretramento economico, sociale e democratico dei loro Paesi e quindi dell'intera Unione.

Il tempo dirà se le elezioni in Spagna sono state solo una parentesi o se davvero le forze che si riconoscono nell'arco costituzionale pro-europeo saranno in grado di prevalere, almeno nei Paesi maggiori, isolando le forze estremiste ed antieuropee. Due momenti molto importanti per capire tutto ciò saranno le elezioni in Polonia e nei Paesi Bassi previste per il prossimo autunno. In Polonia, la Piattaforma civica guidata dall'ex Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk sfiderà ancora una volta il partito nazionalista Libertà e Giustizia (PiS) ormai al governo da otto anni durante i quali ha messo in atto numerose riforme illiberali che hanno smantellato lo Stato di diritto e limitato i diritti fondamentali dei cittadini, determinando uno scontro senza precedenti con l'Unione europea. Si noti che, anche là dove il partito PiS non dovesse raggiungere la maggioranza dei seggi in Parlamento, potrebbe comunque formare un'alleanza con il partito Confederazione, anch'esso di estrema destra. Nei Paesi Bassi la situazione sembra invece più aperta. In seguito all'indebolimento del partito liberale del Premier uscente Rutte, nuovi soggetti politici si contendono il primato nella futura maggioranza parlamentare che darà vita al governo olandese. Da una parte, c'è il nuovo Movimento Civico-Contadino, un partito di stampo populista e antieuropeo che fino a pochi mesi fa veniva dato in forte crescita nei sondaggi. Allo stesso tempo, il Vicepresidente Frans Timmermans ha recentemente dato le dimissioni dalla Commissione europea per potere guidare una coalizione progressista ed europeista formata dal Partito laburista (PvdA/S&D) e da GroenLinks (GL/Greens).

Ovviamente il momento più importante del 2024 saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo previste per il prossimo mese di giugno. Questo momento elettorale ha assunto un significato diverso rispetto alle precedenti elezioni per almeno due motivi.

Innanzitutto, nell'attuale fase del processo di integrazione le forze che militano contro il progetto federalista hanno sviluppato una strategia efficace e potenzialmente vincente. Esse non predicano più l'obbiettivo velleitario di porre fine all'Unione europea, né di far recedere il loro Paese sull'esempio (disastroso) della Brexit. La proposta di Vox, Fratelli d'Italia, Lega, Rassemblement Nationale, PiS e perfino Alternative für Deutschland è invece quella di riformare l'Unione dall'interno e di attuare un cambio di rotta di gran parte delle sue politiche attraverso l'occupazione delle istituzioni europee. Al posto di venire smantellate, queste dovrebbero essere di fatto paralizzate, cioè rese incapaci di agire, così che i singoli governi possano riconquistare la loro autonomia e liberarsi dei vincoli europei nell'ambito della lotta ai cambiamenti climatici oltre che della tutela dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Inutile dirsi che molti di questi partiti nutrono forti simpatie per il regime di Putin oltre che per l’ultradestra americana che sostiene il ritorno di Trump. Tale prospettiva potrebbe realizzarsi nel caso di un'alleanza di tutta l'area di destra del Parlamento europeo, dal PPE fino ai partiti più conservatori ed euroscettici.

Allo stesso tempo, le forze pro-europee, che ancora rappresentano la maggior parte dei cittadini europei, si stanno organizzando in vista della sfida tra gli Spitzenkandidaten alle prossime elezioni. Sembrerebbe che la maggior parte dei partiti sia comunque intenzionata a dare vita ad una nuova maggioranza tra popolari, socialisti e liberali, probabilmente per riconfermare il mandato di von der Leyen, e portare avanti alcuni importanti progetti già in corso, a partire dalla realizzazione del Green Deal.

Il secondo motivo per cui queste elezioni europee sono diverse dalle precedenti è che dal loro esito dipenderà il possibile successo o il fallimento del progetto di revisione dei Trattati su cui ha lavorato la Commissione affari costituzionali (AFCO) del Parlamento europeo al fine di rispondere alle richieste dei cittadini nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa. Si noti che recentemente i rapporteur dei principali gruppi politici (PPE, Renew Europe, S&D, Verdi e Sinistra) hanno affermato di aver raggiunto l’accordo sul testo con le proposte di modifica dei Trattati. Le riforme sul tavolo restano molto ambiziose, in particolare sotto il profilo dell'estensione del voto a maggioranza nel Consiglio, del rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo e soprattutto della creazione di un'autonomia fiscale dell'Unione. Il risultato delle elezioni in Spagna lascia sperare che sarà il governo Sanchez a presiedere il Consiglio dell'Unione europea e a gestire l'imminente fase, estremamente delicata, in cui i governi nazionali dovranno portare avanti la procedura di cui all'art. 48 TUE fino alla convocazione della Convenzione.

È importante allora pensare alle prossime elezioni del Parlamento europeo come un momento di svolta, in cui il voto dei cittadini può fare la differenza e determinare il futuro corso del processo di integrazione. Se emergesse una chiara maggioranza pro-europea, magari in grado di sostenere un nuovo mandato di von der Leyen, ciò conferirebbe un chiaro mandato a favore di un rafforzamento dell'Unione attraverso una riforma dei Trattati. Sarebbe anche più facile così isolare i governi euroscettici.

Se al contrario, i nazionalisti dovessero registrare un'importante vittoria elettorale, l'Unione rischia di perdere un'occasione storica e di indebolirsi tragicamente in un contesto geopolitico di grande tensione in cui si moltiplicano gli attacchi esterni alla sua stabilità e sicurezza.

 

  

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