Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e altri azionisti a ventotene

Ispiratore del Manifesto di Ventotene, martire della causa federalista. A ottant’anni dalla sua scomparsa, lo ricordiamo.

Il 4 e 5 giugno 1944, gli Alleati entrano a Roma. Qualche giorno prima, il 28 maggio, in via Livorno, Eugenio Colorni viene fermato da una pattuglia di fascisti della banda Koch. Tenta la fuga, gli sparano, è ferito. Due giorni dopo, Eugenio muore nell'ospedale S. Giovanni sotto la falsa identità di Franco Tanzi.

Colorni, classe 1909, lettore d’italiano a Marburgo, realizza i suoi studi più profondi a Berlino nel 1932-’33 su Leibnitz nella biblioteca di Stato. Abbandonata l’idea della carriera universitaria, pubblica la Monadologia di Leibnitz grazie a Giovanni Gentile. Insegna all’Istituto magistrale Carducci di Trieste ed è collegato ad ambienti di Giustizia e libertà. Collabora con il nucleo torinese che faceva capo a Leone Ginzburg e, successivamente, a Vittorio Foa. Nel 1935, entra nel Centro interno socialista per poi diventare uno dei responsabili nell’aprile del 1937. Sapeva di essere sorvegliato, ma continua la propria attività. Recatosi in questura per il rinnovo del passaporto per la Francia, è arrestato a Trieste l’8 settembre 1938. Colorni si difende all’arresto (a seguito delle leggi antisemite di Mussolini), mirando ad evidenziare il suo ruolo di docente, attento sul proprio lavoro, didattico e scientifico, e minimizzando l’appartenenza alla religione ebraica e di cospiratore antifascista. Dopo sei mesi di segregazione in cella a Trieste e Varese per l’esiguità delle “prove provate” evitò la condanna al carcere, ma non l’assegnazione al confino politico per 5 anni, a Ventotene, dove arriva il 6 gennaio 1939

A Ventotene con Ernesto Rossi e Altiero Spinelli in particolare, lega e realizza, dopo ampie discussioni, clandestinamente, il “Progetto per un’Europa libera e unita”, il Manifesto di Ventotene. Sull’isola con Eugenio, è Ursula Hirschmann, la moglie, anche lei protagonista dell’azione federalista. 

Nell’ottobre del 1941, su sua richiesta, Colorni (dopo la nascita della terza figlia avuta da Ursula, Eva; la seconda, Renata, era nata nel 1940), pur col parere contrario dell’Ispettorato generale di pubblica sicurezza di Milano, riesce, con l’intercessione di Giovanni Gentile, ad essere trasferito a Melfi dove arriva a dicembre passando da Montemurro e Pietragalla. Il 6 maggio 1941, avendo ottenuto il permesso di andare a Potenza per una visita medica, riesce a fuggire a Roma, facendo perdere, con uno stratagemma, le proprie tracce ed entra, nella clandestinità, ed organizza il Partito socialista di unità proletaria nato dalla fusione del gruppo giovanile del Movimento di unità proletaria (M.U.P.) e del Partito socialista italiano. Colorni continua l’approfondimento della riflessione sul Manifesto con una corrispondenza importante con Altiero Spinelli, ancora al confino di Ventotene. Alla caduta del fascismo, con gli amici e compagni federalisti fonda nell’agosto del 1943 il Movimento federalista europeo a Milano. Nello stesso periodo, Colorni realizza il secondo numero del giornale “L’Unità Europea” a Roma. La voce del MFE contiene in questa edizione quattro articoli fondamentali per il carattere dell’organizzazione del movimento stesso e della elaborazione giunta a seguito del confronto che Colorni ha avuto appunto con Spinelli. Il 22 gennaio 1944 realizza e distribuisce (con l’ausilio di Leone Ginzburg) l’opuscolo “Problemi della federazione europea”: il documento al suo interno ha il testo “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” e anche due saggi scritti a Ventotene da Spinelli “Gli Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche” e “Politica marxista e politica federalista” e una prefazione, firmata «Il Movimento italiano per la federazione europea», il cui autore è Colorni. 

Chi lo conobbe a Ventotene, scrive Rossi con lo pseudonimo di Empirico ne L’Unità Europea (n. 5, luglio- agosto 1944), “avrebbe potuto facilmente arrivare alla conclusione che Colorni era un intellettuale assolutamente negato all’azione pratica. Era continuamente in crisi spirituale. Ogni giorno voleva riprendere ex novo l’esame di tutti i problemi, per il timore di cristallizzare il suo pensiero in categorie ben definite, di riposare in qualsiasi comodo sistema. Si può dire che amava la ricerca della verità più della verità stessa. E per questo nelle discussioni politiche prendeva spesso un atteggiamento contraddittorio, anche se ciò lo portava a contraddire contemporaneamente le tesi più opposte. Si era così fatto degli amici sinceri, era da tutti benvoluto per la sua bontà ed il suo disinteresse, ma non si era inquadrato in nessuno dei gruppi […]. Solo pochi giorni prima di lasciare Ventotene aveva fatto sapere ai socialisti di aver lavorato clandestinamente come socialista e che si considerava ancora uno di loro. La sola idea politica in cui già a Ventotene era ben fermo era quella della necessità di una unificazione federale dell’Europa, per salvare i valori che ci sono più cari della civiltà occidentale. Egli sentiva in modo così vivo quest’esigenza che certe volte era portato a mettere perfino, paradossalmente, in rilievo gli aspetti positivi della politica hitleriana, in quanto poteva valere a spazzar via le assurde anacronistiche sovranità dei trentadue Stati nazionali in cui era spezzettato il nostro continente. […] Fino al colpo di stato del 25 luglio Colorni proseguì la sua attività clandestina, dormendo una notte in una casa una notte in un’altra, presente in tutte le riunioni per suscitare nuove energie, per indirizzare i partiti che andavano formandosi verso una politica costruttiva veramente europea. La notte del 25 luglio arringò la folla in piazza Venezia e cercò di portarla ad impossessarsi del palazzo del capo del governo, per impedire che venissero trafugati i documenti che in esso certamente si conservavano. Non vi riuscì perché venne a mancare la luce. […]. Paolo Treves commemora l’amico Colorni da Radio Londra: «la vita politica non era la sua vita». È vero. Quante volte noi suoi amici – continua Rossi – l’abbiamo sentito ripetere che i suoi interessi spirituali non erano rivolti alla politica, ma alla speculazione astratta, alla matematica, alla fisica… Dal contrasto fra la figura intellettuale di Eugenio Colorni e l’attività politica alla quale egli è stato condotto da una profonda esigenza morale, ancor più in rilievo risalta la sua vita eroica. Eugenio Colorni è un nostro eroe. Un eroe della nuova Italia e della nuova Europa”.

 

  

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