Il 28enne Jordan Bardella dimostra una grande capacità di propaganda tramite i social media

Il processo di integrazione europea è un viaggio lungi dall’essere concluso a breve, e la costruzione del significato di cosa sia l’Unione Europea per i più giovani non può prescindere dalla dimensione del loro voto. Dal momento che il processo di approfondimento tra i Paesi che compongono l’Unione, fino ad arrivare alla tanto agognata federazione, sta richiedendo il contributo di più generazioni, è bene concentrarsi sulle circostanze che spingono queste nuove generazioni a votare in un determinato modo.

Si può osservare come in alcuni Paesi, ad esempio l’Italia, la maggior parte dei giovani abbia votato per partiti in linea di massima rispondenti alle priorità care a quella fascia emerse nell’Eurobarometro di maggio: in primis risultavano la tutela dei diritti umani (34 %); le politiche di contrasto al cambiamento climatico (33 %); benessere, sanità pubblica e contrasto alla povertà (29 %); politiche miranti al contrasto delle discriminazioni basate su genere, sesso e/o etnia (29 %). Qui, il sostegno giovanile è andato a favore di partiti progressisti/ambientalisti, tanto che i tre partiti più votati nella fascia di popolazione 18-29 anni sono stati Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra.  

Altrove, soprattutto in Germania, invece l’estrema destra è riuscita a catalizzare l’attenzione delle giovani generazioni sfruttando la diffusione di contenuti “su misura” per il target 16-24 anni su social media come Tik Tok ed Instagram, persino (soprattutto) con messaggi del tutto slegati dal contesto politico, volti a creare una falsa e presunta dimensione intima tra chi crea il contenuto e chi ne fruisce. Un sondaggio del PE aveva evidenziato come queste due piattaforme fossero predilette dalla Gen Z per informarsi. Il 62 % del campione intervistato (di età compresa 16-30 anni) in Germania ha dichiarato di utilizzare Instagram con quello scopo, mentre il 23 % ha indicato Tik Tok. Circa il 17 % di giovani nella fascia 16-24 ha infatti espresso il proprio voto per il partito di estrema destra (a tratti) neonazista, AfD. Un risultato molto positivo in questa fascia di popolazione – e sempre legato alla capacità di propaganda via social del giovane leader (under 30) Jordan Bardella – si è registrato anche in Francia per il partito nazionalista Rassemblement National, il più votato tra gli under 25. Stesso discorso si può fare per l’Olanda, dove la propaganda del nazionalista Geert Wilders ha battuto forte su un tema molto spinoso per i giovani, ossia il prezzo degli affitti, in questo caso asserendo ad una correlazione tra l’immigrazione incontrollata e l’ascesa dei canoni; ed è stato premiato da questa fascia di popolazione. 

Una delle spiegazioni per comprendere alcune ultime tendenze nel voto giovanile sembra possa essere addotta alla mancanza di ascolto da parte dei partiti alle istanze portate avanti da un segmento giovane della società, e che tuttavia in molti casi non riceve riscontri dai centri di potere. Ciò è una diretta conseguenza del progressivo invecchiamento della società, a cui consegue un abbassamento del peso elettorale giovanile, con annesso deficit di rappresentanza e l’ovvia insorgenza di sentimenti di frustrazione e rivalsa, che possono sfociare in pericolose tendenze estremiste ed anti-sistema – concetto che d’altronde vale per qualsiasi soggettività relegata ai margini –; d’altronde, nella legislatura che si è appena conclusa l’età media dei parlamentari europei era di cinquant’anni e, tra tutti, solo sei ne avevano meno di trenta. Una situazione molto difficile da accettare dalla prospettiva di un soggetto giovane. Senza contare il fenomeno dell’astensionismo, molto alto tra i giovani che, pur esprimendo genuinamente delle istanze progressiste, come dimostra appunto l’Eurobarometro di maggio, si astengono dal voto in quanto non sentono un impegno forte per lasciare loro in eredità un mondo più sostenibile e giusto. In Croazia, infatti, la TikToker Nina Skočak si è imbarcata in un’impresa a tratti “rivoluzionaria”: ottenere eletti al Parlamento Europeo con una lista (europeista) composta di soli under 26, dal nome evocativo “Gen Z”, e con un budget per la campagna elettorale molto limitato. Purtroppo la soglia di sbarramento in Croazia è al 5 %, ma nonostante la sconfitta la lista è riuscita ad ottenere un risultato più che positivo se si pensa ad un progetto ambizioso, ma con scarse risorse: il 4,06 % generale.

A tal proposito si segnala l’impegno del PE, avente come obiettivo l’attuazione delle richieste dei cittadini europei emerse in occasione dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa su punti riguardanti l’alfabetizzazione digitale, l’introduzione di quote giovanili per aumentare la presenza dei giovani in importanti organi politici, l’abbassamento e l’armonizzazione a livello europeo dell'età per esercitare il diritto di voto e il diritto di eleggibilità, e ancora il sostegno alle campagne di informazione e di educazione degli elettori. 

Si potrebbe inoltre riflettere su un fenomeno di cui la Germania è stata capofila: l’elezione di personalità di spicco nel mondo dell’attivismo, con l’obiettivo dichiarato di rompere con il tradizionale metodo lavorativo tipico di un parlamento, facendo affidamento invece su dimostrazioni plateali atte a catalizzare l’attenzione sui temi discussi. Queste strategie sono state adottate principalmente da partiti della galassia ambientalista, ma anche da movimenti che non si discostano molto da una tendenza satirico-qualunquista e/o anti-casta, come il Die PARTEI in Germania o il neonato Se acabó la fiesta in Spagna; quest’ultimo movimento, fondato a pochi mesi dalle elezioni, ha ottenuto il 6,7 % da parte dei giovani under 25 e il 4,6 % complessivo.

Potremmo individuare la causa scatenante di queste scelte in un’Unione strutturalmente incapace, così com’è, di far fronte a qualsiasi emergenza, o anche solo di predisporre un piano d’azione a lungo termine senza il pericolo di ricatto da parte degli Stati membri, che come abbiamo visto, in pochi mesi hanno ad esempio fortemente spinto per l’annacquamento dell’ambizioso Green Deal, preferendo assecondare le discutibili richieste della (già molto sovvenzionata dall’Unione) categoria degli agricoltori, in particolare i grandi gruppi agricoli.

La strada per risolvere queste tendenze, come anche per gli altri problemi che più preoccupano le giovani generazioni a livello europeo, deve essere percorsa in seno al Parlamento europeo, unica istituzione europea che gode della legittimazione popolare, e l’unica a porre di fronte alle proprie contraddizioni, alla propria ignavia e al proprio tossico e letale campanilismo i guardiani dello status-quo: gli Stati membri. 

Sarebbe ora che il Consiglio Europeo metta in calendario la discussione circa la convocazione di una Convenzione per la riforma dei Trattati. SU-BI-TO! E nel caso ciò non dovesse accadere, noi federalisti dovremmo rumoreggiare di fronte a Palazzo Justus Lipsius.

 

  

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