Una federalista georgiana fa il punto sulla fragile situazione politica a Tbilisi. Lì dove la bandiera europea è diventata un simbolo di ricerca di libertà, diritti e benessere.

Nel cuore di Tbilisi, capitale della Georgia, è in atto da mesi una tempesta politica. Le strade, normalmente piene di turisti e gente del posto che popolano i vivaci caffè culturali, si sono invece riempite di manifestanti. Al centro di questi disordini, c'è un controverso atto legislativo noto come legge sulla "Trasparenza dell'influenza straniera", colloquialmente chiamata legge sull’influenza straniera o legge russa dai suoi oppositori. Questa legge ha acceso un acceso dibattito sul futuro della Georgia, sulle sue relazioni con la Russia e l'Occidente e sulla natura stessa della sua democrazia.

Gli enormi movimenti che si sono organizzati ricordano le manifestazioni che costrinsero il governo a ritirare una legge simile nel 2023. Con lo slogan “Sì all’Europa, No alla legge russa”, queste proteste hanno attirato decine di migliaia di persone provenienti da contesti diversi, inclusi studenti, professionisti e attivisti. I manifestanti hanno realizzato varie azioni, dalle marce pacifiche ai tentativi di bloccare gli ingressi al parlamento. La risposta del governo è stata talvolta violenta, con l'uso di gas lacrimogeni, idranti e proiettili di gomma per disperdere la folla.

Questo progetto di legge è presentato dal partito al governo Sogno Georgiano come una misura per aumentare la trasparenza nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). Tuttavia, i suoi critici lo vedono come un tentativo malcelato di sopprimere la società civile e la libertà dei media. La legge infatti richiederebbe, ai media, alle ONG e ad altri enti no-profit che ricevono più del 20% del loro reddito annuo da fonti straniere, di registrarsi come "agenti di influenza straniera". Questa vaga definizione potrebbe potenzialmente comprendere un’ampia gamma di attori della società civile. La legge prevede, inoltre, la registrazione d’ufficio di “agente straniero” nei casi in cui un'organizzazione rifiuta di registrarsi volontariamente e conferisce al Ministero della Giustizia ampio margine di manovra per monitorare queste organizzazioni, compreso il potere di ottenere informazioni e dati personali sulla base delle denunce dei cittadini.

Il contesto politico in cui questa legge è emersa è cruciale per comprenderne il significato. Negli ultimi anni il panorama politico della Georgia è stato caratterizzato da polarizzazione e tensione, con Sogno Georgiano che si trova ad affrontare crescenti critiche da parte dei gruppi di opposizione e della società civile. Il partito al governo salì al potere promettendo un equilibrio tra aspirazioni filo-occidentali e relazioni pragmatiche con la Russia. Tuttavia, i critici sostengono che, sotto il suo governo, la Georgia ha sperimentato un arretramento democratico e un allontanamento dalla sua traiettoria euro-atlantica.

L'opposizione e le organizzazioni della società civile sono dunque unite nel respingere la legge sull'“influenza straniera”, considerandola una minaccia alla democrazia e un tentativo di Sogno Georgiano di consolidare il potere. Figure dell'opposizione hanno criticato apertamente la legge. Perfino la presidente Salome Zourabichvili, nonostante la natura prevalentemente cerimoniale del suo ruolo, si è opposta alla legge, ponendo il suo veto il 18 maggio, con la successiva seconda e finale approvazione da parte del Parlamento il 28 maggio.

I critici sottolineano diversi aspetti preoccupanti della legislazione proposta. Notano la sua somiglianza con leggi simili utilizzate in Russia per reprimere la società civile e i media indipendenti. Le ampie definizioni e i poteri di monitoraggio concessi dalla legge sollevano preoccupazioni circa il suo potenziale sfruttamento per attaccare i critici del governo. Molti temono che possa avere un effetto dissuasivo sulle ONG, sui media e su altri attori della società civile che fanno affidamento sui finanziamenti esteri. Inoltre, la legge è considerata potenzialmente dannosa per le prospettive della Georgia di aderire all'UE, un obiettivo sostenuto da più dell’80% dei georgiani. Alcuni lo vedono come un segno della crescente influenza russa in Georgia.

L'impatto sulle ONG, in particolare, potrebbe essere significativo. Queste organizzazioni hanno svolto un ruolo cruciale nello sviluppo democratico del paese da quando ha riconquistato l'indipendenza dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Molte di queste dipendono da sovvenzioni straniere per operare e la legge potrebbe rendere più difficile per loro l’accesso a questi finanziamenti o costringerle a operare sotto lo stigma di “agente straniero”. I requisiti di registrazione e un maggiore controllo potrebbero creare oneri amministrativi e limitare la capacità delle ONG di svolgere le proprie attività in modo efficace. Si teme che l'etichetta di "agente straniero" possa minare la fiducia della gente e portare potenzialmente a un esodo di attivisti.

Inoltre, la legge ha significative implicazioni geopolitiche. Si rischia innanzitutto una battuta d'arresto per l'obiettivo di lunga data della Georgia di una più stretta integrazione con l'UE e la NATO, con un’estensione dell’influenza russa non solo a Tbilisi ma anche in tutto il Caucaso meridionale. È insomma il segno di un più ampio scontro tra modelli di governo democratici e autoritari nello spazio post-sovietico. Nella regione, inoltre, si teme che l’instabilità politica in Georgia possa avere implicazioni più ampie per la sicurezza regionale, in particolare considerati i conflitti irrisolti in Abkhazia e Samachablo.

Ma le attuali proteste in Georgia fanno eco anche a quelle di Euromaidan nel 2013-2014 a Kyiv, con le bandiere europee simbolo di un’aspirazione di libertà e democrazia. Inoltre, anche la Moldavia sta sperimentando le difficoltà di un avvicinamento all’UE con un’influenza russa persistente. Mentre l’Armenia è stata allo stesso modo teatro di proteste su larga scala che hanno portato a un cambiamento politico negli ultimi anni. Questi parallelismi sottolineano le più ampie dinamiche geopolitiche in gioco nello spazio post-sovietico, dove i paesi spesso si trovano intrappolati tra sfere di influenza concorrenti.

Sul piano internazionale, la reazione alla legge è stata rapida e in gran parte critica. I partner occidentali, tra cui USA, Unione Europea e Regno Unito, hanno espresso preoccupazione per le implicazioni sullo sviluppo democratico della Georgia e sulle sue aspirazioni ad una più stretta integrazione con l'Occidente. I leader dell'UE hanno messo in guardia circa il potenziale impatto sulle prospettive di adesione della Georgia all'UE. Ursula Von der Leyen ha condannato la violenza contro i manifestanti e ha esortato la Georgia a “mantenere la rotta sulla strada verso l’Europa”. Questi partner occidentali non solo hanno criticato la legge, ma hanno anche accennato alle potenziali conseguenze della sua adozione, inclusa la possibilità di sanzioni contro figure e istituzioni chiave della Georgia.

Sebbene la Russia non abbia commentato direttamente la legge sull’“influenza straniera”, molti osservatori vedono l’influenza di Mosca dietro la legislazione. La legge è vista come parte di una strategia più ampia per riportare la Georgia nella sfera di influenza della Russia e lontano dall'Occidente. Questa percezione è particolarmente allarmante per molti georgiani, data la storia recente, fra cui in particolare la guerra del 2008, che portò all’occupazione russa del 20% del territorio georgiano.

Qualunque cosa succeda, la questione non potrà che avere effetti duraturi sul panorama politico e sulla posizione internazionale della Georgia. Sono state messe in luce le sfide attuali per il consolidamento democratico della Georgia e la necessità di proseguire le riforme. Ma la risposta popolare alla legge ha anche dimostrato la forza e la capacità di mobilitazione della società civile georgiana, che potrebbe emergere rafforzata da questa crisi. È cresciuta infatti la consapevolezza interna sul posto della Georgia nel mondo e sulle sue relazioni con l'Occidente e la Russia, influenzando potenzialmente la cultura politica del Paese e il suo ruolo nella regione.

 

  

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