Il nuovo libro di Mario Monti si chiede come la politica europea possa uscire dalle sabbie mobili del breve termine, a partire dall’esperienza personale dell’autore. 

Demagonia. Dove porta la politica delle illusioni, edito da Solferino ed uscito lo scorso anno, intreccia la storia politica con quella di un uomo finito sulla copertina del Time con un interrogativo che gran parte del mondo si poneva allora: "Can this man save Europe?".

Sono 266 pagine nelle quali Mario Monti racconta spaccati di vita mai superflui, utilizzati come gradini per analizzare i momenti chiave del recente passato italiano e mondiale, sempre con una prospettiva sullo sfondo, quella del ruolo che le democrazie europee hanno e su quello che potrebbero avere come rappresentanti di diritti e di ulteriori passi ai quali ambire come Unione. Da Alexander Hamilton alla visione della democrazia statunitense (con alcune critiche alle declinazioni che ha assunto ai giorni nostri), ma anche da Mani Pulite ai passi per arrivare a Maastricht, o alla chiamata di Giorgio Napolitano nel 2011 che apre il libro, il Professore diventa sarto, cucendo prospettive di vita personale con quella pubblica. Tra aneddoti e analisi, si intesse un percorso che nella lettura è scorrevole e riesce a soddisfare sia chi cerca elementi di curiosità - rispetto al percorso di un uomo che è stato capo del governo - ma anche e soprattutto chi cerca riflessioni e visioni da parte di un fine conoscitore e capace critico dell’universo politico e democratico. Una citazione forse riassume al meglio il senso del libro, il quale va a porsi a metà tra una autobiografia e un appello alla responsabilità: "La democrazia non è garantita per sempre: richiede cura costante, come un giardino che altrimenti viene soffocato dalle erbacce della demagogia".

Monti non sale in cattedra, ma apre le porte della sua vita e offre una visione incisiva e senza compromessi sulla crisi della democrazia liberale in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Ammette di aver cercato di restare fuori dagli ingranaggi della politica – rispettando il consiglio della madre nell'Italia della ricostruzione, la quale disse a lui e alla sorella di stare fuori da quel mondo – ma, come quando fu chiamato a guidare il governo nel 2011, si mette in gioco, prende posizioni, si sporca le mani. La parola chiave, come si diceva, è responsabilità: l'obiettivo del benessere non deve essere misurato solo nel breve termine, ma nella capacità di costruire un futuro sostenibile per tutti, che tenga conto di complessità e correnti, sapendo lasciar sedimentare i venti momentanei del populismo.

Il fenomeno che l'ex bocconiano definisce "demagonia" fotografa la crisi della democrazia e l'ascesa di movimenti ciechi e insostenibili, con i nazionalismi primi tra tutti. L'assonanza con la parola "demagogia" sottolinea come questa politica, inseguendo il consenso facile e immediato, abbia progressivamente svuotato di senso le istituzioni democratiche, portandole a una condizione di malattia cronica. La demagonia però è, prima di tutto, l'agonia della democrazia e del demos. Monti la descrive con un'immagine potente, che va nella copertina del libro in silhouette: "Bambini ipnotizzati dal pifferaio di Hamelin, che rischiano di finire in una trappola senza uscita, affabulati da promesse insostenibili e privati delle risorse necessarie alla loro sicurezza e prosperità."

Sebbene secondo l’ex Commissario Europeo per la Concorrenza l'ondata populista di dieci-quindici anni fa non abbia resistito all'inesorabile giudizio del tempo sulle sue scelte prive di visione, ha lasciato dietro di sé disillusione, astensionismo e disinnamoramento verso la politica. Invece di costruire un approccio diverso, ha amplificato le stesse problematiche che dichiarava di voler risolvere, puntando il dito sulle colpe senza mai offrire soluzioni concrete. Per contrastare questa deriva, Monti sostiene che servono cambiamenti radicali e profondi, che vedano cooperazione e mediazione. La politica (ovviamente il focus primo va su quella comunitaria) deve essere disposta a mettere l'ego e il narcisismo in secondo piano, proponendo visioni coraggiose anche quando non incontrano il favore immediato dei cittadini. “Un'Europa forte è la migliore arma di cui disponiamo” e non la si potrà ottenere se non anche sacrificando consenso in certi casi (Monti porta ad esempio il Cancelliere tedesco Helmut Kohl e il suo lavoro tra riunificazione tedesca ed euro, che ha portato grandi benefici ma anche la sua perdita di popolarità).

La democrazia della contrattazione, dell'incontro e della contaminazione è l’unica ad offrire una via d'uscita secondo l’autore, il quale sostiene che guardare a obiettivi comuni spinga a superare l'immobilismo del presente, cercando soluzioni che rispondano alle esigenze future, creando prospettiva per le generazioni di adesso e quelle che verranno. I valori fondanti dell'Unione Europea – dignità umana, libertà, uguaglianza, democrazia, diritti umani, stato di diritto – restano una bussola indispensabile che deve avere precedenza su qualsiasi dietrologia o strategia di consenso secondo la visione dell’autore, che invece rileva una certa miopia nella classe dirigente degli ultimi decenni: "Non dobbiamo temere di perdere le elezioni, ma di perdere il futuro: questa è la vera sconfitta."

Un altro tema centrale è l'educazione, perché fornisce una via di potenziale recupero dalla china intrapresa: Monti non immagina una politica leviatanica, ma piuttosto un processo di responsabilizzazione della collettività, che sia più informata ed esigente. Sottolinea l'importanza di arricchire i percorsi educativi – formali e non – e di avvicinare i cittadini alla complessità della politica, aiutandoli a comprendere meglio le sfide e le responsabilità condivise.

Demagonia è un contributo prezioso, che ricorda l'umanità della politica, l'uomo Monti è coerente con il politico, con il commissario, con il professore. Una persona che ha cercato durante tutto il suo percorso di mettere in luce le criticità e proporre le strategie giuste da seguire per risolverle, non le più comode, non le più facili, ma quelle che veramente si promettevano di riflettere sul futuro della democrazia e della società, per assicurare un domani sano e sostenibile, ma soprattutto libero, a tutti noi. Si trova in un'Europa più forte ed unita una delle naturali incarnazioni di questo cambiamento che diviene ogni giorno più esistenziale per la nostra democrazia. Con uno stile chiaro e sobrio come ci ha abituati, Monti invita ad un dibattito necessario e urgente: se questa malattia fa parte del sistema umano, sono altresì presenti gli strumenti per curarla e arginarla e rientra nei doveri dei politici e dei cittadini saper scegliere quando essere impopolari, se la scelta che si persegue è quella che si crede migliore per la collettività e responsabile.

 

  

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