In queste settimane e in questi mesi il dibattito sul futuro dell'unione europea si è intensificato come mai era avvenuto in precedenza. L'elezione europea ormai imminente ha costretto le classi politiche a schierarsi in modo esplicito o quanto meno sufficientemente chiaro.

L'appello recente del presidente francese Macron ha ripreso i temi di fondo enunciati con inedita chiarezza nel discorso ormai celebre della Sorbona del settembre 2017. Egli ha nuovamente enunciato il proposito di dare vita ad una sovranità europea in grado di intervenire alla pari nelle politiche del mondo di domani, quando solo pochi grandi Stati continentali avranno una effettiva voce in capitolo. Tra questi dovrebbe essere attiva anche l'Europa, purché finalmente dotata di un’effettiva unione politica. È significativo che il presidente francese si sia rivolto a tutti i cittadini dell'Unione in modo diretto, in evidente correlazione con l'imminente votazione per il Parlamento europeo.

Si deve tuttavia osservare che nell'impostazione di Macron i protagonisti di questa svolta costruttiva verso un'unione politica del nostro continente appaiono essere quasi esclusivamente i governi degli Stati membri dell'Unione stessa. Viene proposta l'istituzione di numerose Agenzie, ma ben poco si parla della Commissione europea e ben poco sembra valorizzato il loro ruolo del Parlamento europeo. In altre parole, l'approccio del presidente francese rimane prevalentemente intergovernativo. E su questo fronte non molto diverso appare anche l'atteggiamento della nuova leader del partito dominante in Germania (CDU), Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK) la quale dovrebbe succedere ad Angela Merkel. E’ l’approccio intergovernativo seguito sin qui e adottato costantemente nello scorso decennio, al quale sono da imputare, accanto ad alcuni risultati positivi, anche e soprattutto gli insuccessi nel superamento della crisi dell’economia e nel governo della crisi migratoria.

Sembra allora necessario mettere in chiaro alcuni punti che stanno al centro della battaglia dei federalisti europei.

L'Unione attuale, della quale sarebbe non solo ingiusto ma errato disconoscere i risultati di assoluto rilievo conseguiti anche di recente in particolare sul terreno della politica monetaria, è tuttora carente di alcuni attributi fondamentali che le consentano di operare in modo efficace e democraticamente legittimato per gli obiettivi di pace nella sicurezza, di benessere e di solidarietà che costituiscono, in simbiosi con la democrazia e con la tutela dei diritti, le navate della grande cattedrale europea.

In sintesi il cammino che resta da percorrere può essere tratteggiato con pochi punti chiave.

La risposta alle due crisi che l'Europa ha attraversato nell'ultimo decennio sta in primo luogo nel dotare l'Unione di un effettivo potere di governo democraticamente legittimato, che in questi anni è mancato e che dovrebbe spettare alla Commissione, pur senza togliere al Consiglio europeo il ruolo tanto rilevante di impulso politico, un ruolo che esso ha esercitato ed esercita, ma che non deve essere sua prerogativa esclusiva.

In secondo luogo è necessario che il governo dell’Unione metta a punto una strategia operativa precisa per garantire la sicurezza ai cittadini europei, perché è la mancanza di sicurezza che spiega le resistenze anti-europee. Concretamente, occorre: una difesa comune che limiti i rischi di crisi internazionali potenzialmente distruttive per la pace; una politica economica di robusto sostegno per la tutela dell’ambiente, per le energie alternative, per le ricerche di base, per gli sviluppi e le garanzie legate all’intelligenza artificiale, per l’occupazione soprattutto giovanile, per le diminuzione delle disuguaglianze; una efficace e condivisa politica migratoria fondata su regole e garanzie comuni.

In terzo luogo è urgente, a questi fini, dotare l'Unione di un bilancio sufficiente, quanto meno doppio rispetto al livello attuale pari all'1% del prodotto interno lordo dell'Unione stessa. L'istituzione di una tassa sulle emissioni di carbonio (carbon tax) sarebbe già da sola sufficiente a raddoppiare in pochi anni il bilancio europeo, in pari tempo costituendo una misura di rilevanza storica - anche a livello globale - nella direzione del controllo del gravissimo rischio climatico e ambientale che grava sul pianeta e che ormai rischia di divenire irreversibile nell’arco d pochi decenni. L’istituzione di alcune Agenzie specializzate sarà necessaria, ma queste dovranno operare sotto il controllo della Commissione e del Parlamento europeo ed essere soggette alla giurisdizione della Corte di giustizia.

In quarto luogo occorre che tutte le politiche dell'Unione siano sviluppate con il contributo determinante del Parlamento europeo sia a livello legislativo sia quanto alle scelte fondamentali di governo, interne ed esterne all’Unione. Il potere di codecisione deve diventare la regola: nella fiscalità europea come nelle decisioni di politica estera, nella difesa comune come nell’armonizzazione legislativa, nelle scelte sulla sicurezza come nelle regole sulla politica migratoria dell’Unione. Il Parlamento europeo deve essere dotato di un proprio autonomo potere di fiscalità.

In quinto luogo è indispensabile che le decisioni dei due organi che rappresentano gli Stati, il Consiglio europeo e il Consiglio dei Ministri, assumano le loro decisioni sempre e comunque a maggioranza semplice o qualificata, abolendo finalmente senza eccezioni il paralizzante potere di veto: perché solo così è possibile, beninteso entro il raggio delle competenze dell'Unione, giungere a una decisione quando non vi sia consenso unanime sulle scelte da compiere. Anche la modifica dei trattati deve poter avvenire a maggioranza qualificata attraverso la procedura della Convenzione prevista dal trattato di Lisbona.

E’ molto importante, anzi essenziale che questi obiettivi vengano enunciati dai partiti favorevoli all'avanzamento dell'Unione europea in vista della prossima elezione. E che gli elettori s’informino bene prima di deporre la scheda nell’urna, senza lasciarsi irretire dagli slogan populisti, tanto perentori quanto privi di fondamento. Le maggioranze che si formeranno dopo l'elezione del maggio 2019 saranno decisive per il futuro dell’Unione.

 

  

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