Il documento preparato da 14 economisti franco-tedeschi (Reconciling risk sharing with market approach: a constructive approach to euro area reform, CEPR, Policy Insight No.91, January 2018) rappresenta un passo avanti significativo nel dibattito sulla riforma della zona euro. Dopo i vari contributi della Commissione, questo paper presenta non soltanto un’analisi approfondita dei principali problemi che indeboliscono la struttura dell’area euro, ma ha una forte rilevanza politica per il contributo di Pisani-Ferry, che è stato il direttore responsabile del programma nella campagna presidenziale di Macron.
Il documento affronta diversi aspetti delle questioni relative all’area euro, senza prendere in considerazione la possibilità di un bilancio per l’area euro e le sue implicazioni istituzionali, ma partendo da proposte per completare l’Unione bancaria, miranti a rompere il circolo vizioso che lega il settore bancario all’accumulazione di titoli nazionali di debito pubblico, introducendone un limite e proponendo la creazione di un’assicurazione comune per i depositi. Questa ipotesi deve essere maneggiata con cura per evitare che gli effetti di annuncio possano avere conseguenze devastanti, come avvenne nell’ottobre del 2010 quando Sarkozy e Merkel annunciarono l’intenzione di stabilire un meccanismo europeo che avrebbe assicurato la partecipazione del settore privato nella soluzione della crisi del debito. E, correttamente, su questo punto, il Rapporto osserva saggiamente che “in presenza di elevati debiti strutturali, la disciplina di mercato può ritorcersi contro, a meno che non vengano messi in atto efficaci meccanismi di condivisione del rischio”.
L’analisi del paper verte principalmente sull’architettura fiscale e le proposte avanzate contengono certamente novità significative. Le regole fiscali esistenti sono considerate importanti, ma criticabili sotto molti aspetti. L’obiettivo di riduzione del disavanzo provoca evidenti effetti pro-ciclici, favorendo un aumento della spesa in periodi di espansione e una contrazione durante la fase recessiva del ciclo. Il disavanzo dovrebbe essere aggiustato per tener conto dell’andamento del ciclo, ma questa operazione è difficile. L’applicazione delle regole è legata soprattutto all’imposizione di multe, di fatto mai utilizzate e che aggraverebbero una situazione fiscale già difficile. Ma le regole sono necessarie, non solo per promuovere sane finanze pubbliche a livello nazionale, ma altresì per evitare effetti esterni negativi per gli altri membri dell’Unione monetaria.
La prima proposta avanzata è quindi di sostituire al limite del disavanzo un tetto alla crescita della spesa pubblica. Questa non dovrebbe aumentare più rapidamente, in termini monetari, del tasso di crescita nominale di lungo periodo del reddito, mentre dovrebbe rimanere al di sotto di questo tasso per i paesi che devono ridurre significativamente lo stock di debito. Si prevede che ogni anno un organo fiscale indipendente in ciascun paese debba fissare un obiettivo a medio termine di riduzione dello stock di debito e, al contempo, una proiezione del tasso di crescita nominale del reddito. Su questa base, lo stesso organo dovrà definire un sentiero di crescita della spesa pubblica espressa in termini nominali, calcolata al netto della spesa per interessi, sussidi di disoccupazione e del gettito di misure discrezionali di variazione della struttura fiscale (per evitare, ad esempio, tagli fiscali non compensati da misure compensative sulla spesa). La sanzione che dovrà rendere effettiva questo metodo per contenere il disavanzo e ridurre il debito è costituita dal fatto che, se la spesa supera il livello prefissato, l’eccesso dovrà essere finanziato con l’emissione di junior bonds, ossia titoli che verranno ristrutturati per primi nel caso di riduzione del debito e che potranno prevedere una clausola automatica di estensione della maturità se il paese in questione riceverà un prestito dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il c.d. Fondo salva-Stati. Inoltre, le obbligazioni junior saranno meno appetibili in quanto non godranno di una valutazione pari a zero del tasso di rischio, riconosciuto invece ai titoli senior detenuti nei portafogli delle banche.
Questa ipotesi renderà più costoso il finanziamento del debito in eccesso e, quindi, disincentiverà comportamenti non in linea con l’obiettivo di riduzione del disavanzo e dello stock di debito. Una clausola di salvaguardia dovrebbe comunque permettere di deviare da questa regola nel caso di “circostanze eccezionali”. Si deve anche rilevare che un’ipotesi simile a quella delineata nel paper franco-tedesco è contenuta nella proposta di Direttiva presentata dalla Commissione il 6 dicembre scorso (qui accanto illustrata, ndr).
Il secondo punto di rilievo riguarda la proposta di dar vita a uno strumento di intervento finalizzato alla stabilizzazione del ciclo, che superi i limiti previsti per l’utilizzo dei fondi del MES disponibili soltanto in casi eccezionali. In sostanza, viene suggerita la creazione di uno schema di stabilizzazione che preveda trasferimenti straordinari nel caso di una recessione che colpisca uno o più paesi dell’area euro. “Sarebbe concepito come fondo di riassicurazione per forti shock che colpiscono il mercato del lavoro nei paesi dell'area dell'euro e potrebbe essere concepito come una linea nel bilancio dell'UE o una controllata del MES ". Ci sono almeno quattro importanti caratteristiche di questa proposta. In primo luogo, si tratta di un fondo di riassicurazione, il che implica che il ‘first loss’ originato da uno shock esogeno debba rimanere a carico del paese che l’ha subito. In secondo luogo, la stabilizzazione fiscale è legata all’utilizzo di indicatori legati al livello di occupazione (variazioni del tasso di disoccupazione, livello di occupazione, monte salari complessivo), più direttamente accertabili. In terzo luogo, lo strumento deve prevedere un trasferimento automatico pari a una percentuale fissa del reddito nazionale per ogni punto di aumento del tasso di disoccupazione o di declino dell’occupazione o del monte salari. Infine, il sistema dovrà essere finanziato dai paesi membri attraverso contributi proporzionali al Pil, il cui livello varierà in funzione della probabilità che il paese in questione debba ricorrere a trasferimenti da parte del fondo comune di riassicurazione. Le caratteristiche indicate dovrebbero escludere che si manifestino effetti di azzardo morale, e servire quindi da disincentivo a comportamenti non virtuosi da parte dei paesi dell’Eurozona.
La terza proposta importante riguarda la creazione di uno “Euro area safe asset” sostenuta da obbligazioni sovrane. Su questa punto un significativo contributo, molto tecnico, era già contenuto in un paper dello European Systemic Risk Board (ESBies; Safety in tranches, ESRB, Working Paper Series, No.21, September 2016). La proposta prevede l’acquisto da parte di intermediari finanziari di un portafoglio diversificato di titoli pubblici, ad esclusione di titoli junior, e l’uso di questi titoli come collaterale per un titolo emesso sul mercato con tranches diversificate, calibrate, per quanto riguarda il debito junior e mezzanino, in modo tale che la perdita attesa della tranche senior - ossia dello European Senior Bonds (ESB) - sia pari a quella di un titolo sovrano con un rating tripla A. Questi ESB offrirebbero uno strumento molto affidabile per le banche, che potrebbero detenerli in sostituzione di titoli sovrani, e ridurrebbero la volatilità dei mercati nei confronti dei titoli dei paesi più vulnerabili.
Tutte queste proposte sono accompagnate dal sostegno all’idea avanzata da Juncker, e ripresa da Macron, di creare un Ministro delle Finanze dell’area euro, che faccia parte della Commissione, presieda al contempo l’Eurogruppo, sovrintenda all’applicazione delle regole fiscali, definisca la fiscal stance adeguata per l’intera area euro e rappresenti l‘Eurozona a livello internazionale.
L’insieme di queste proposte appare molto significativo per definire in modo più chiaro e efficace l’architettura fiscale della zona euro, conciliando risk sharing con disciplina di mercato. Si deve tuttavia rilevare che quello che manca, in questo documento, è la prospettiva di sviluppo, in particolare la definizione di una politica di investimenti per favorire la transizione verso una struttura economica post-industriale e per promuovere il passaggio - strategico - verso un’economia carbon free. Il piano Juncker rappresenta un primo passo in questa direzione, ma dovrà essere accompagnato dal finanziamento dell’External Investment Plan e del nuovo piano per infrastrutture sociali (1)
Un piano efficace di investimenti e di produzione dei beni pubblici europei necessari per far fronte ai nuovi compiti dell’Unione (sicurezza interna e esterna, difesa, tutela dell’ambiente, energie rinnovabili, beni culturali, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie) presuppone tuttavia la creazione di adeguate risorse proprie al livello dell’Eurozona. Si tratta, in primo luogo, di introdurre, come proposto da Macron nell’intervento alla Sorbona, una carbon tax – che, accompagnata da una tassa equivalente alla frontiera sui beni importati, può generare un gettito fino a 135 miliardi di euro - e, in prospettiva, una web tax e un’imposta sulle transazioni finanziarie. Queste risorse fiscali possono garantire sia il finanziamento di un bilancio allargato con una linea specifica dedicata ai paesi dell’Eurozona, sia la copertura per larghe emissioni di Eurobonds destinate al finanziamento degli investimenti.
In questo modo si potrebbe finalmente avviare una politica efficace per trovare un impiego - finalizzato alla crescita - dell’enorme surplus commerciale dell’area euro (che è pari contabilmente alla differenza fra risparmi e investimenti e ha raggiunto nel 2016 il livello di € 368,85 mld, pari al 3,42% del Pil dell’Eurozona, di cui €259,3 mld rappresentano il surplus della Germania, pari al 8,25% del Pil tedesco). Con la creazione di un bilancio finanziato da risorse proprie e controllato dal Parlamento europeo, e capace di avviare un’autonoma politica fiscale europea, si verrebbe a completare un’Unione economica e monetaria dotata di una struttura federale, in attesa che si aggiungano in futuro nuove competenze nel settore della sicurezza e della difesa.
(1) L. Fransen, G. del Bufalo e E.Reviglio, Boosting Investments in Social Infrastructure, Report of the High-Level Task Force chaired by R. Prodi e C. Sautter, 1st december 2017).