“Il potere di imporre ed esigere le tasse significa la competenza di emanare tutte le leggi confacenti e necessarie all’uso del potere stesso. E questa disposizione tanto infelice e calunniata, cos’altro fa di più se non ribadire la medesima verità, se non dichiarare che gli organi legislativi centrali, ai quali era già stato demandato il potere di imporre ed esigere delle tasse, possono, nell’esercizio di tale potere, emanare tutte le leggi confacenti e necessarie per attuarlo?” (Il Federalista, n. 33).
Con queste parole Alexander Hamilton giustificava la norma prevista dalla nascente Costituzione americana che sanciva il potere del Congresso di decidere in campo fiscale. Queste parole suonano oggi come un monito nei confronti di chi, in Europa, non riconosce ancora lo stretto legame che lega il fare qualcosa con il potere di farla, cioè di disporre delle risorse e dei mezzi necessari per calare nella realtà una legge, una politica, una decisione. Gli europei sono tuttora alle prese con il problema di definire e consolidare la sfera di sovranità europea rispetto a quella degli Stati membri dell’unione monetaria, cioè di quegli Stati che hanno già rinunciato, o sono intenzionati a rinunciare, alla sovranità monetaria nazionale senza però essere ancora stati in grado di definire il quadro istituzionale adeguato per governare una politica economica e di bilancio autonoma sovranazionale. Per farlo, come aveva sottolineato nel 2014 Mario Draghi, essi non dovrebbero preoccuparsi solo di mantenere in ordine i conti nazionali e di elaborare nuove regole, ma dovrebbero «condividere ulteriormente sovranità» nell’Eurozona sulle politiche economiche nazionali, attraverso un «salto in avanti dalle regole comuni verso istituzioni comuni». Ed è in questa ottica che dovrebbero da un lato orientarsi il dibattito sulla riforma dell’Eurozona e, dall’altro lato, che dovrebbero essere analizzate e valutate le proposte di riforma, tuttora ancora a livello di definizione di nuove regole, proposte da esperti e da buona parte della classe politica. Ed è sempre in questa ottica che occorrerebbe oggi inquadrare sia l’effettiva possibilità di implementare le proposte del Presidente francese Macron per creare un’Europa sovrana, unita e democratica; sia il dibattito in corso in Germania sulla formazione del nuovo governo.
In Germania, gli oppositori ed i critici dell’unione bancaria e fiscale e di un sistema istituzionalizzato per i trasferimenti di ricchezza sembrano aver ammainato bandiera bianca, come ha amaramente constatato un’esponente di questo schieramento, l’ex membro del Comitato esecutivo della BCE Otmar Issing, contrario ad ogni evoluzione in senso federale delle istituzioni europee e sostenitore del mantenimento di un sistema di governo delle politiche europee di tipo intergovernativo in cui il paese più forte avrebbe sempre la meglio sugli altri. In realtà, purtroppo, non abbiamo ancora nessuna garanzia che si riesca ad affermare la consapevolezza del fatto che deve essere sciolto il nodo dell’affermazione di una sovranità europea in campo fiscale per rendere l’Unione monetaria davvero irreversibile; e, in questo quadro, forti saranno le spinte ed i tentativi di disgregarla da parte di chi all’interno vorrà tornare ad una illusoria sovranità monetaria nazionale e, all’esterno, mirerà ad indebolire o a impedire il consolidamento di un polo europeo sulla scena mondiale.
Il nodo, come si può facilmente dedurre, è dunque politico, non tecnico. Non è questa la sede per ulteriori approfondimenti (1). Il cuore del problema è che la creazione di un’autorità fiscale della zona euro responsabile davanti ai cittadini può essere avviata solo nel quadro del superamento della logica intergovernativa dei Trattati esistenti; e a partire dalla constatazione che occorre andare nella direzione di un modello di integrazione differenziata su due centri concentrici, in cui la zona euro dovrebbe dotarsi di una vera unione fiscale.
Questa è la sfida di fronte alla quale si trovano oggi i cittadini, gli Stati membri e le istituzioni comunitarie in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo nella primavera del 2019. Una sfida che per essere vinta, richiede però una prova di coraggio innanzitutto culturale e morale. Un coraggio che spesso ancora manca, come dimostra il timore con il quale vengono usati alcuni concetti e parole. Ad esempio, solo dopo che il neo Presidente francese Macron ha rilanciato il tema della sovranità europea, questo concetto ha ricominciato ad essere impiegato ed utilizzato riferendolo all’Europa e non più solo ai singoli Stati. L’Europa unita non nascerà in un mondo ideale e idilliaco. Significativamente il titolo in francese del libro di Enrico Letta sulla natura delle sfide di fronte alle quali si trovano gli europei è “Faire l'Europe dans un monde de brutes”. Titolo che in nome del politically correct è stato tradotto e diffuso in italiano con un asettico “Contro venti e maree”. Eppure, come hanno mostrato i risultati delle elezioni americane, le provocazioni del Presidente della Corea del Nord e le pulsioni nazionaliste e micro-nazionaliste ancora presenti in Europa, nonostante quasi settant’anni di integrazione, dovrebbe essere chiaro che non viviamo in un mondo di santi, di disinteressati attori e di eletti ed elettori animati solo da buoni propositi. Se gli europei vogliono contribuire a costruire un governo più giusto e razionale del mondo è perciò venuto il momento di dimostrare che essi hanno compreso le lezioni della storia passata e intendono riprendere con slancio fare l’Europa, e farla presto. Costruire un potere europeo a partire dalla fiscalità è il banco di prova politico di questa volontà. Come ha scritto Ludwig Dehio in chiusura del suo libro Equilibrio o Egemonia, citando il poeta tedesco Reinhold Schneider, per gli europei “Questo è il tempo della grazia e del peccato, e il nostro tempo, che mai ritorna, in cui Dio insegna al cuore profondamente turbato che nel corso dei mondi investighi se stesso”.
(1) Per un’analisi più dettagliata delle “Prospettive di completamento dell’unione economica e monetaria tra proposte comunitarie e spinta franco tedesca” si rimanda al saggio di Luca Lionello sulla rivista Il Federalista nr.1/2018 (www.ilfederalista.eu)