Nel dibattito sul futuro dell’Unione verso le elezioni europee 2019 emerge l’alternativa tra la costruzione di una sovranità europea o il declino e l’erosione dell’attuale UE, la cui resilienza non va però sottovalutata.
1. L’UE deve restituire agli europei un senso di sicurezza multi-dimensionale: interna (lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata e transnazionale); esterna (stabilizzazione dell’area di vicinato, sicurezza informatica, ecc.); economica (transizione ecologica, stabilità, crescita e occupazione); e questione delle migrazioni (gestione dei flussi e integrazione dei migranti). Servono risposte globali e un’Unione riformata può contribuire a puntellare e (ri)costruire un ordine mondiale cooperativo per fornire almeno risposte parziali.
La competizione egemonica tra USA e Cina ha spostato il focus strategico americano sul Pacifico. Il conseguente vuoto di potere ha permesso la destabilizzazione del Medio Oriente e del Nord -Africa. Ricade dunque sull’UE di arginare la Russia e stabilizzare l’area di vicinato, indispensabile anche per la gestione dei flussi migratori.
Il tema è l’azione dell’UE nel mondo, ora centrale solo su commercio e ambiente. Juncker ha rilanciato sulla rappresentanza unica dell’eurozona e l’utilizzo internazionale dell’Euro. Ciò pone la questione di una politica estera e di sicurezza europea in cui inserire anche la politica economica internazionale. La Brexit ha tolto alla Francia l’opzione della cooperazione militare bilaterale spingendola a puntare sulla difesa europea. Così, su spinta della Commissione, sono partiti il Fondo Europeo per la Difesa e la Cooperazione Strutturata Permanente sulla Difesa.
L’accordo sui dazi con Trump non è stato raggiunto dai governi europei al G7 o al G20, ma da Juncker. L’appoggio tedesco a Weber come candidato del PPE alla Presidenza della Commissione – che riduce le possibilità di un presidente tedesco della BCE – e l’invito alla Francia di rendere europeo il suo seggio permanente all’ONU indicano che la Germania ritiene che il ruolo della Commissione sarà centrale, che la fase acuta della crisi dell’eurozona è superata, e che la sfida è il ruolo dell’UE nel mondo.
2. Nonostante le crisi finanziaria, del debito sovrano, e sociale in diversi Paesi, l’unione economica e monetaria non è stata completata. Non si è mai avuta una piena convergenza e fiducia tra Francia, Germania e Italia. La Germania non ha mai davvero svolto un ruolo di leadership europea occasionale. La speranza di una svolta dopo le elezioni in Francia e Germania, grazie alla spinta di Macron è stata vanificata dalla paralisi seguita alle elezioni tedesche e poi dalle elezioni italiane. La situazione difficilmente si modificherà con l’attuale governo italiano.
L’accordo raggiunto sulla riforma dell’eurozona, che riprende quello franco-tedesco di Meseberg (e ancor prima la proposta analoga della Commissione europea), è un passo nella giusta direzione, ma con molti limiti. Non completa l’unione bancaria, ma rafforza il Meccanismo Europeo di Stabilità: semplifica l’uso della linea di credito preventiva (senza Memorandum of Understanding), ma solo per i Paesi che rispettano le regole europee; e lo rende il backstop per il Single Resolution Fund. L’accordo sullo strumento di bilancio dell’eurozona dentro al bilancio dell’UE è vago su dimensioni, obiettivi, meccanismi decisionali e di controllo democratico. Conferma che con la Brexit eventuali strumenti specifici dell’eurozona vengono realizzati nel quadro dell’UE, perché gli Stati fuori dall’eurozona non sono in grado di impedire un avanzamento. Tanto che Juncker ha proposto anche un fondo per favorirne la convergenza e l’adesione all’eurozona, dando per scontato che tutti alla fine entreranno, perciò il rafforzamento dell’eurozona è nell’interesse di tutti.
Lo strumento di bilancio dell’eurozona è finalizzato a competitività e convergenza, cioè sostanzialmente a investimenti, ma non alla stabilizzazione. Il suo ammontare verrà deciso nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’Unione. Ciò può significare che i fondi per questo strumento verranno presi nell’ambito del QFP o che gli Stati dell’eurozona vogliano sapere quanto verseranno nel bilancio dell’UE prima di decidere quanto versare come risorse aggiuntive nello strumento specifico per l’eurozona.
3. La decisione sullo strumento di bilancio per l’Eurozona permette di rilanciare sul punto fondamentale del passaggio di potere: la creazione di poteri fiscali europei, in agenda fin dal Blueprint della Commissione europea del 2012, ma senza la volontà politica di procedere. Da ciò dipende il finanziamento di politiche e beni pubblici europei necessari a garantire la sicurezza dei cittadini, nei suoi vari aspetti, e quindi la stabilità dello stato di diritto e della democrazia, sempre più a rischio in vari Paesi europei.
Anche il Trattato per la democratizzazione del governo economico e sociale dell'UE di Piketty e altri propone 4 tasse europee. Il limite della è che ne affida il controllo ai governi nazionali da un lato (Eurogruppo e Eurosummit) e ad un’Assemblea composta per l’80% da parlamentari nazionali e per il 20% da parlamentari europei. Tasse e bilancio europei vanno invece gestite dal governo (un Ministro del Tesoro europeo, anche vice-presidente della Commissione) e dal legislativo europeo (co-decisione tra Parlamento e Consiglio), con un ruolo preponderante per il Parlamento, eletto direttamente, in ossequio al principio No taxation without representation (e viceversa). I parlamenti nazionali già decidono sui bilanci nazionali (circa il 45% del PIL), il Parlamento europeo dovrà decidere sul bilancio europeo (oggi lo 0,9%, ma da aumentare; nella proposta Piketty al 4% del PIL).
4. Va sfruttato il legame tra l'emergere di una volontà politica circa l’obiettivo della difesa europea e la creazione di un bilancio specifico – anche se non fosse separato - dell'Eurozona, per rivendicare i poteri fiscali. Il fatto che Francia (con l’indicazione di Macron di un’Europa che protegge, e dell’obiettivo di un esercito europeo) e Germania (l’affermazione della Merkel sulla necessità che gli europei riprendano in mano il loro destino anche sulla sicurezza, e le richieste di condividere a livello europeo il seggio francese all’ONU) abbiano identificato nell'avvio di una difesa comune la risposta al problema della sicurezza ha consentito loro di trovare un primo accordo anche sulla bilancio dell'eurozona. Le affermazioni del governo tedesco sul tema fanno pensare che la Germania accetterà un passaggio di poteri sul piano fiscale solo nel quadro di una riforma complessiva dell’Unione, in cui accanto ad una politica economica europea almeno si avvii un percorso ben identificato verso una politica estera e di difesa europea. In pratica alla condivisione piena della borsa da parte della Germania deve corrispondere almeno un percorso per la condivisione della spada (seggio permanente all’ONU e Force de Frappe) da parte della Francia. In questo quadro anche il tema della sicurezza interna e delle frontiere sarà centrale ed è chiaro che la questione della politica europea rispetto alle migrazioni sarà ineludibile, sia per portarsi dietro anche i Paesi mediterranei più esposti rispetto ai flussi migratori, sia perché dirimente per la tenuta dei sistemi democratici di molti Paesi europei.
5. Emerge la debolezza dei governi nazionali di fronte alla piazza (Francia), ai mercati (Italia), all’UE (Regno Unito). Stati deboli comportano leadership deboli - e difficoltà a compromessi e decisioni rilevanti – e crisi, in cui è possibile avanzare. La crisi dello stato-nazionale erode la liberal-democrazia e l’unica alternativa è la democrazia federale. Così si polarizza il dibattito tra opposti sovranismi. Il nazionalismo vuole tornare a sovranità nazionali ottocentesche, inutili in tempo di globalizzazione. Il federalismo vuole completare la costruzione di una sovranità democratica a livello europeo, nel quadro di un sistema di governo federale, ovvero multi-livello, in grado di agire sul piano mondiale e di permettere agli europei di difendere i propri interessi e valori, e di contribuire alla costruzione di un ordine mondiale adatto alle sfide globali del XXI secolo.
Nella campagna elettorale va evidenziato il legame tra gli obiettivi dei cittadini (sicurezza e benessere), le politiche europee e la riforma dell’Unione, sapendo che il punto centrale è la creazione di poteri fiscali europei, per finanziare gli investimenti su sviluppo, transizione ecologica, convergenza economica e sociale, ambiente, ma anche il fondo per la difesa e per l'Africa, il rafforzamento di Frontex e della politica di accoglienza, ecc.
Probabilmente ci sarà uno scontro tra Parlamento e Consiglio Europeo sulla nomina del Presidente della Commissione. Se il Parlamento conserverà il potere di nomina - una conquista istituzionale del 2014 che dobbiamo difendere - poi avrà la forza di presentare una proposta organica di riforma dei Trattati.