Johann Wolfgang von Goethe

“Le circostanze fanno l'uomo non meno di quanto l'uomo faccia le circostanze.” Quanto sta avvenendo  in Europa, a seguito prima del referendum inglese e poi dell'elezione del nuovo Presidente americano, sembra proprio confermare questa famosa affermazione di Marx. Se lo schiaffo inglese non è certo bastato ai rissosi ed inconcludenti 27 altri Stati per mettere mano alla loro malconcia Unione, le sonore randellate di Trump sembrano sortire finalmente qualche effetto. Già in campagna elettorale il tycoon statunitense non aveva fatto mistero della sua profonda avversione per il processo di unificazione europea, tanto da schierarsi apertamente a favore di Brexit.  Con le sue sferzanti battute sulla NATO ha fatto poi apparire quasi dei buffetti le accuse di Obama agli europei di essere dei free riders, scrocconi della sicurezza fornita dagli USA. Una volta entrato in carica, almeno nei confronti dell'Europa non si è certo smentito: ha proposto come ambasciatore presso l'UE un signore che vuole vederla fare la stessa fine dell'URSS; ha auspicato che altri Stati seguano l'esempio del Regno Unito; infine ha attaccato duramente la Germania, accusandola di servirsi dell'euro debole per far crescere il suo enorme surplus commerciale. Ecco perché il nuovo Comandante in capo è divenuto l'idolo dei nostri euroscettici, i quali tutti sembrano ignorare che lo slogan “America First” implica che di first ve ne sia solo uno e che tutti gli altri finiscano dietro. Tenendo conto che anche le seconde e terze file sono già occupate da vecchie e nuove potenze di dimensione continentale, ai nostri staterelli non rimarrebbe che starsene in loggione a fare il tifo per il vincitore di una gara a cui non possono partecipare. “Gli uomini credono volentieri che ciò che desiderano sia vero”, scriveva duemila anni fa un uomo esperto di mondo come Giulio Cesare.

Il 2017 può diventare così l'occasione per un rilancio o la celebrazione di un funerale. Da due anni i federalisti vanno predicando che la prima reazione doveva venire dalle istituzioni europee. La Banca centrale sotto la sapiente guida di Mario Draghi ha svolto in pieno il suo ruolo, ma è difficile pensarla come l'unico federatore dell'Europa. Con non pochi compromessi e difficoltà alla fine anche il Parlamento ha fatto la sua parte, approvando in plenaria i tre Rapporti Bresso – Brok, Verhofstadt e Berès - Böge, di cui si è già ampiamente scritto su queste pagine. Tali testi – diciamolo a scanso di equivoci – non si possono certo considerare un progetto coerente di riforma dell'Unione, com'era a suo tempo il Trattato Spinelli, ma hanno il merito di indicare un percorso e delle mete. In un momento di così grande incertezza e persino di confusione, non è poco. Tutt'altro. Se poi consideriamo che l'UEF ha avuto un ruolo non secondario nel condurre in porto questo risultato, possiamo ritenerci soddisfatti e persino orgogliosi. Ora deve battere un colpo anche la Commissione. Le notizie che filtrano sulla preparazione del Libro bianco sono incoraggianti. Infatti, sembra proprio che una parte sarà dedicata alle riforme istituzionali necessarie per rimettere sui binari un convoglio europeo che rischia il deragliamento.

Sappiamo però, e l'abbiamo detto in tutti i modi, che non c'è alcuna possibilità di far avanzare il processo senza un ruolo propulsivo anche da parte di alcuni Stati: Francia, Germania ed Italia in primo luogo. Ebbene, anche su questo fronte si registra una novità importante. Non si tratta delle tante dichiarazioni rilasciate negli ultimi mesi da questo o quel governo, talvolta anche in coppia. Segnali indubbiamente preziosi nel generale disorientamento, ma poco più. A ben vedere, è dai tempi dei referendum francese ed olandese sulla Costituzione europea che la Germania si è assunta la funzione del paese normalizzatore, all'insegna dell'antico adagio: Quieta non movere et mota quietare. La Signora Merkel è stata la grande interprete di questo ruolo: facendo travasare con un sapiente maquillage il Trattato costituzionale nel Trattato di Lisbona, dettando le regole per i tre salvataggi della Grecia, impedendo la disintegrazione dell'Eurozona a colpi di trattati intergovernativi, procedure, direttive, compromessi, senza mai accettare di mettere in piedi un vero governo dell'economia. Per carità, in un continente in cui abbondano funamboli e teste calde, poter contare su una mente fredda e lucida come la sua è stata forse in alcuni momenti una fortuna. Con le tempeste che si stanno abbattendo sulle gracili e malferme spalle dell'Unione, i pompieri non bastano però più. Fin che ha potuto la Cancelliera ha tentato di tener insieme tutti: la Francia sempre più attratta dalle sirene sovraniste, il Regno Unito coi suoi opting out, i Paesi dell'Est recalcitranti a farsi carico del problema dell'immigrazione, gli Stati mediterranei inclini alla spesa facile, persino la Grecia, di cui una parte della classe dirigente tedesca voleva sbarazzarsi. Inutile aggiungere che la Germania ha tratto cospicui vantaggi dall'essere un'isola di stabilità e di buon governo in quel mare procelloso che è divenuto il Vecchio Continente. Ora però non è più tempo di piccolo cabotaggio. L'attacco frontale di Trump al suo Paese e alla stessa UE deve aver convinto la Cancelliera che non può più limitarsi a seguire i consigli del Conte zio: sopire, troncare, troncare, sopire. E soprattutto non è più tempo di lasciare spazio a duetti come quelli dell'ineffabile coppia  Orbán – Kaczyński. «Se ti fidi di qualcuno – ha detto il primo - allora puoi andare con lui a rubare cavalli. E noi ungheresi andiamo con piacere a rubare cavalli con i polacchi». «Ci sono alcune stalle – ha risposto il secondo - nelle quali possiamo rubare cavalli assieme agli ungheresi. Una di queste, particolarmente grande, si chiama Unione europea».  Anni di immobilismo o di mezze misure hanno purtroppo fatto crescere la fortuna dei ladri di cavalli in molti Paesi e c'è il rischio che la stalla rimanga vuota.

Ora finalmente per bocca della sua leader la Germania sembra aver preso la strada giusta: «Vorrei sgombrare il campo su un equivoco sorto sull’Europa a diverse velocità. Esiste già, perché ad esempio non tutti i Paesi della Comunità europea aderiscono all’euro. Ma non è vero che ho parlato di velocità diverse riguardo all’Eurozona, anzi l’area dell’euro deve essere coesa e continuare a sostenere tutti i progetti varati assieme come il fondo salva-Stati. Invece si può, all’interno della UE, avere settori dove può esistere una cooperazione rafforzata, come ha proposto di recente la Danimarca sulla giustizia. Tuttavia, questi progetti devono essere aperti a tutti, non è fattibile che tre Stati si siedano, decidano e vadano avanti da soli, lasciando gli altri fuori.» Se la Dichiarazione di Roma seguirà queste indicazioni, il cammino risulterà chiaro. Prima di un salto, l'Europa ha bisogno di un soprassalto che metta in riga amici e nemici. E' questa la condizione per disinnescare la mina delle elezioni nazionali, che ci accompagneranno fino a settembre e forse oltre, se anche l'Italia vi farà ricorso prima della scadenza naturale della legislatura.

Sempre per esperienza sappiamo però che i governi, anche quelli più illuminati, sono tentati di seguire i dolci declivi del metodo intergovernativo piuttosto che affrontare l'erta salita della rinuncia alla sovranità nazionale. La manifestazione di Roma del 25 marzo ha proprio questo scopo: dimostrare che esiste un consenso popolare a favore di un'Europa democratica e sovranazionale, facendo pendere da quella parte un piatto della bilancia ancora pericolosamente in bilico. Il successo dell'iniziativa dipenderà, come nei momenti migliori della nostra storia, dalla capacità di coinvolgere l'arco più ampio possibile di forze politiche, sociali e culturali, come ci siamo sforzati di fare in questi mesi, e già con alcuni importanti risultati. Nel mese che si separa dalla manifestazione ogni militante dovrebbe sentirsi spronato a dare il meglio di sé. Allora potrà accadere quello che Goethe ha preconizzato agli audaci che vogliono cambiare il mondo: «Nel momento in cui uno si impegna a fondo, anche la Provvidenza allora si muove. Infinite cose accadono per aiutarlo, cose che altrimenti non sarebbero mai avvenute. Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala! L'audacia ha in sé genio, potere e magia: incominciala ora!».

  

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