L'Unione Europea sta vivendo un delicato momento di transizione.
Il vecchio continente, bloccato in una rovinosa situazione di impasse, è chiamato a scegliere cosa essere; le due vie praticabili si dispiegano innanzi, entrambe tortuose ma promettenti scenari  opposti.
Da un lato, l'Europa delle nazioni indipendenti, divise e antagoniste; dall'altro, la Federazione, l'Europa politica, democratica e solidale.
Quali fattori hanno concorso a generare una così netta spaccatura, che oppone idee e visioni che fino a pochi anni fa avrebbero faticato a smuovere la coscienza pubblica, mentre oggi riposizionano la linea di demarcazione tra progressisti e reazionari?
Ebbene, come l'antesignano Altiero Spinelli aveva preconizzato decenni fa, la battaglia politica della nostra epoca è la battaglia per la federazione europea; proprio oggi che il progetto di integrazione è messo in discussione con veemenza, tale verità appare ancora più palese.
In un mondo nel quale la marea della globalizzazione inonda ogni angolo del reale, generando mutamenti culturali di impressionante portata, il popolo europeo, che vive una profonda crisi, avverte il bisogno di ridefinire la propria identità, adottando decisioni politiche per resistere all'impeto del cambiamento in atto.
Se per anni l'UE è stata oggetto di severa critica e, talvolta, di ingiusto giudizio ad opera di quei movimenti politici e dei cittadini che si ergono come paladini della sovranità e dell'autonomia nazionale,  apparivano invece timidi, silenziosi e sostanzialmente innocui i difensori del progetto europeo, accidiosi, forse intimoriti dalle grida degli avversari, forse spaventati dalle crisi in atto, forse rassegnati di fronte ad un futuro che prometteva solo insuccessi.
Eppure, negli ultimi mesi, qualcosa è cambiato; turbato dall'efferatezza politica della Brexit e dalle tragiche elezioni americane, specchiandosi nelle insondabili profondità di un Mediterraneo color sangue, il popolo europeo si è ridestato, e già sembra dotarsi degli strumenti per organizzare una reazione poderosa.
La March for Europe di Roma, per noi federalisti, è stata un grande segnale, nonché una scommessa vinta con schiacciante chiarezza.
Un corteo verde e blu di cittadini europei, riuniti nella capitale italiana, ha sfilato festoso, sfoggiando quel sorriso beffardo e contagioso di chi è costantemente accompagnato dalla certezza di vivere non solo per sé, per i propri meriti e per le proprie miserie quotidiane, ma per una più ampia e profonda ragione storica, che raccoglie in sé stessa il passato, i sogni e il dolore dei progenitori, nonché il futuro, le aspirazioni e il benessere dei pronipoti.
Roma, a onor del vero, non è stato l'unico segnale di questa presa di posizione civile.
Per la stessa ricorrenza, l'anniversario dei trattati di Roma, cittadini consapevoli e fieri hanno manifestato per un'Europa rinnovata in molte altre capitali europee.
Nel Regno Unito stesso, proprio in questi giorni al centro dell'attenzione globale per l'attivazione del negoziato (famigerato articolo 50), una grandissima manifestazione anti-Brexit è stata organizzata a Londra lo scorso 25 Marzo. Anche a Londra si è registrato un incredibile successo di presenze: decine di migliaia di persone, un esempio positivo di cittadinanza attiva, partecipante e propositiva.

E l'elenco delle buone notizie non termina qui. Nei maggiori centri europei, gruppi consapevoli di cittadini si sono organizzati autonomamente, creando una fitta rete di mobilitazione transnazionale: Pulse of Europe.
Il movimento, fondato negli ultimi mesi del 2016 da un avvocato tedesco, Daniel Röder, propone una campagna politica a lungo termine, che raccoglie adesioni spontanee di cittadini di ogni colore politico sotto la bandiera europea, riunendo ogni domenica pomeriggio centinaia di persone nelle piazze di più di quaranta città diverse; la lista, inoltre, sembra aumentare vistosamente.
Proprio come un battito, ritmicamente, questo movimento ribadisce con costanza un messaggio semplice ma forte, condividendo un motto caro a noi federalisti: “Federazione Europea Subito!”; migliaia sono i cittadini che hanno aderito all'iniziativa, e il successo è stato strepitoso.
Un osservatore attento, dotato di senso critico, coglierà senza dubbio il senso profondo di questa mobilitazione spontanea, nonché il suo valore politico.

Erano anni che la classe politica europea, intimorita, aspettava prese di posizione decise, manifestazioni di quella passione europea placata dalla lenta nenia delle politiche nazionali.
Jean Claude Juncker stesso, durante la sessione plenaria del 5 Aprile al Parlamento Europeo, ha dichiarato di aver colto il forte desiderio espresso il 25 Marzo da migliaia di europei, usando queste parole appassionate:
“Mentre eravamo riuniti a Roma, nello stesso momento, in molte città europee, una mobilitazione cittadina e popolare in favore del nostro progetto comune si esprimeva con vigore. Vorrei salutare, con una certa emozione, tutti quelli che per le nostre strade e nelle nostre piazze pubbliche marciano per l'Europa. Mi ricordano l'ardore dei padri fondatori dell'Europa.”
Dal morboso mare delle pulsioni popolari sembra emergere, sospinto da un vento provvidenziale che ha gonfiato le vele europeiste in Austria, Olanda e Francia, uno schieramento cittadino attivo, apartitico e transnazionale che invoca a gran voce un'Europa unita, democratica, solidale, cioè federale.
L'energia che scaturisce dal turbinoso sentiment di questa maggioranza dovrà essere saggiamente incanalata dalle forze politiche progressiste più illuminate, per indirizzare gli sforzi e le passioni nelle maglie rigide dell'organizzazione politica, creando un consenso reale e politicamente rappresentato, non ulteriormente ignorabile dai media e dalle istituzioni, che talvolta si rivelano vili peccatori d'ignavia.

  

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