“Dobbiamo combattere noi stessi per il nostro futuro – da europei, per il nostro destino”.

Furono parole forti queste espresse dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel a München, durante la sua campagna elettorale per le elezioni federali del 2017, simili a molte altre da lei pronunciate durante i suoi sedici anni alla guida della Bundesrepublik Deutschland. Ella ebbe sempre chiaro in mente che l’Europa dovrebbe ergersi a modello di democrazia e prosperità nel mondo. Parlò ai suoi elettori tedeschi senza fare riferimento allo Stato-Nazione Germania, ma ad essi facenti parte del popolo europeo. Il messaggio fu ed è tuttora limpido: un’Europa unita avrebbe una voce importante nella società internazionale, mentre divisa non costituisce altro che 27 piccole e differenti entità politiche, sottomesse al giogo delle grandi potenze.

Il 2021, l’anno in cui prenderà vita la Conferenza sul futuro dell’Europa, sancirà anche la preannunciata uscita di scena dalla politica di Frau Merkel. Il 26 settembre avranno infatti luogo le quadriennali Bundestagswahl, che decreteranno la fine del suo quarto mandato da Cancelliera. Ella si è dimostrata una figura di elevato spessore nella politica internazionale, contribuendo a mitigare le varie tempeste che hanno imperversato nel Vecchio Continente in questi ultimi anni: dalla crisi finanziaria e conseguente minaccia per la stabilità dell’eurozona, alla difficile gestione del fenomeno migratorio, fino ad arrivare alla pandemia globale. Disastri che hanno mostrato la vera faccia di un’Unione debole e frammentata. La Conferenza nasce proprio con l’idea di risolvere i problemi che nascono dal controproducente sistema intergovernativo su cui essa attualmente poggia le proprie fondamenta. Sarà un grande tavolo di discussione, dove le Istituzioni ed i cittadini europei saranno al centro di questo dialogo. Essa non ha però il valore di un Trattato; l’obiettivo è di produrre un documento che illustri quali sono i cambiamenti da mettere in atto per rinnovare l’Unione. La palla tornerà poi nelle mani delle Istituzioni, tra cui anche il Consiglio europeo. Sarà dunque cruciale la posizione che assumeranno i governi nazionali, che giocheranno un ruolo sostanziale nel tramutare le deliberazioni della Conferenza in una vera rielaborazione dell’assetto europeo, ovvero compiere una decisiva svolta federale e democratica. E’ infatti oramai inderogabile trasferire l’eccessivo potere sovrano attualmente nelle mani dei vari stati-nazione all’Unione Europea, che sarebbe a quel punto libera dalle catene dei vari governi nazionali. È ad esempio inaccettabile la necessità di un voto unanime dei singoli stati in sede del Consiglio Europeo riguardo a questioni di fiscalità, sicurezza, politica estera. Ciò conferisce ai governi nazionali potere di veto, con cui sottometteno de facto l'Unione alle decisioni prese a livello nazionale nei suoi diversi paesi che la compongono.

Il neo-Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi rappresenta un alleato fondamentale nella battaglia per il trasmutamento dell’Europa, che si aggiunge al peso politico costituito dal Presidente della Repubblica Francese Emmanel Macron, propositore della Conferenza ed ardente sostenitore di una svolta federale. Un asse a tre completato dalla convinta europeista Angela Merkel, avrebbe così costituito una solida base politica per poter plasmare la futura Europa, in quanto la Germania esercita un’influenza rimarchevole sulla sua politica, specialmente dal punto di vista economico. Sarebbe infatti impensabile compiere un passaggio di sovranità che vada ad istituire un’area fiscale comune, senza l’appoggio dello Stato che attualmente rappresenta il punto di riferimento dell’Unione dei ventisette.

Il preannunciato ritiro della Kanzlerin pone invece un interrogativo su quale sarà la posizione tenuta dal nuovo capo di stato tedesco. I sondaggi posizionano il gruppo parlamentare die Union CDU-CSU (Unione Cristiano Democratica di Germania e Unione Cristiano Sociale di Baviera) della Merkel al primo posto nella classifica dei partiti, anche se in discesa di almeno quattro punti percentuali rispetto al 33% conquistato nelle elezioni del 2017 e molto distante dal 41% raggiunto nel 2013. Non è dunque certo che l’Unione abbia anche quest’ anno il suo candidato di punta alla guida del Palazzo del Reichstag. La figura di Spitzenkandidat del gruppo è l'attuale Presidente della CDU e del Land Nord-Rhein-Whestfalen, Armin Laschet, che ha ottenuto la leadership del partito questo Gennaio, sconfiggendo di un soffio, con il 53%, il diretto rivale Friedrich Merz. Questo Aprile si è poi ulteriormente imposto sul leader della CSU Markus Söder come candidato alla cancelleria del gruppo parlamentare. Entrambi gli sconfitti condividono posizioni più conservatrici di Laschet, e ciò lascia intendere che la direzione del gruppo intenda proseguire sulla scia tracciata dalla cancelliera in uscita. Il nuovo volto dei democrisiani condivide le medesime posizioni centriste in politica interna, ovvero un distaccamento dalla destra, per guardare alla sinistra del Bundestag (gli ultimi due esecutivi sono stati guidati dalla Union in coalizione con i socialdemocratici della SPD), e riprende la stessa politica europeista, elevandola addirittura ad un livello di più elevata convinzione verso un'integrazione europea. La sua vittoria sembra così essere dovuta alla continuità con la politica precedente piuttosto che alla sua popolarità: i sondaggi sancivano infatti un inferiore apprezzamento tra gli elettori del gruppo conservatore rispetto al rivale bavarese, che però non ha convinto i due partiti con le sue posizioni vicine al populismo. Lo storico partito guidato in passato da Konrad Adenauer, uno dei padri fondatori delle Comunità Europee, se riuscirà a mantenere il potere, difficilmente si scosterà dalle posizioni filoeuropeista tenute dalla Cancelleria in questi tormentati anni; al contrario, Laschet, avendo maturato a Bruxelles un'esperienza da parlamentare europeo, sembra avere ben chiaro in mente quali siano le riforme che servono disperatamente all'UE. Sul piano europeo sembra infatti avere piani molto ambiziosi verso il completamento dell'integrazione. Il suo ruolo di capo politico del primo partito di Germania sarà dunque cardinale nella ipotetica trattativa di modifica dei Trattati Istitutivi UE in continuità con la Conferenza, ammesso che egli sappia mantenere unito un fronte in rischio sgretolamento. Le sue posizioni sono infatti contestate sia dalla porzione di elettorato che negli ultimi anni ha lamentato il centrismo del partito e si è spostata verso l'estrema destra, sia da chi non vede di buon occhio la sua simpatia nei confronti dei Verdi, sostenendo che la transizione ecologica non debba essere attuata in maniera da danneggiare l'economia.

In calo è anche die Alternative Für Deutschland: il partito, nato come scherno alle politiche della non-alternativa merkeliane di gestione delle crisi, che scioccò la comunità internazionale quattro anni or sono, imponendosi come terza forza politica tedesca, sembra aver perso il suo appeal. Fece la sua fortuna speculando sulle politiche filo-europeiste ed aperturiste nei confronti dei migranti oltre che sul conseguente spostamento verso il centro della CDU. Essi si posizionano infatti alla destra del Bundestag, raccogliendo gli elettori delusi dal centrismo dei cristiano-democratici. Il suo circa 10% nei sondaggi risulta meno preoccupante del 12,5% ottenuto nelle elezioni del 2017, confermando un generale restringimento del fenomeno dell’euroscetticismo, molto in voga negli anni precedenti, anche se dimostra che esiste una consistente fetta di opinione pubblica che preferirebbe meno Europa e meno integrazione, sociale e politica. Essi descrivono l’Unione come un “mostruoso apparato burocratico ed amministrativo”; vorrebbero riformare l’Europa in modo di dare ancora più potere agli Stati nazionali. Qualora ciò non dovesse accadere, essi si dichiarano favorevoli ad una DEXIT: “Se i nostri approcci di riforma fondamentale nel sistema esistente dell'UE non possono essere attuati in un tempo ragionevole, consideriamo necessaria l'uscita della Germania o uno scioglimento ordinato dell'Unione europea e l'istituzione di un nuovo gruppo economico e di interesse europeo e la decisione DEXIT sarà al passo con i cittadini, come è ovvio secondo il nostro modello di democrazia diretta”.

Collocati al centro dell’attuale Parlamento Federale sono invece i liberali del FDP (Freie Demokratische Partei), che nei sondaggi si attestano all’incirca sul 11%, ma al contrario del AFD, le loro posizioni riguardo all’Europa sono diametralmente opposte: “Noi Liberi Democratici vogliamo fare di nuovo dell'Europa un continente di opportunità. Sosteniamo più Europa e soluzioni europee laddove ha senso… Chiediamo anche meno burocrazia e più sovranità dei cittadini. Solo in questo modo l'Europa può essere un progetto di libertà per il futuro”. In caduta libera sono invece i socialdemocratici del SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands), storico e vecchissimo partito nato dalla fusione dall’Associazione generale degli operai tedeschi e il Partito socialdemocratico dei lavoratori fondato sulle concezioni di Marx ed Engels. Fanno parte dal 2013 della Große Koalition, insieme con l’Union CDU-CSU, ma per ora gli opinion polling consegnano loro un misero 16%, contro il 20,5 di quattro anni fa. Anche loro, hanno le idee chiare sulle prossime mosse da mettere in atto a livello continentale: “Vogliamo utilizzare la Presidenza del Consiglio per dare impulso a un coraggioso dibattito europeo sul futuro. La crisi mostra che è urgentemente necessaria un'unione ancora più stretta dell'UE. Per noi, questo significa anche che l'UE dovrebbe disporre di nuove risorse indipendenti. Vogliamo gettare le basi per questo.”

Potrebbero però passare all’opposizione dopo queste elezioni, soverchiati da quelli che sembrano essere i veri rivali della CDU_CSU quest’anno, ovvero l’alleanza Bundnis90/die Grünen (ambientalisti e verdi). Hanno vinto le elezioni nel Land Baden-Württemberg, dove hanno sconfitto gli oppositori democristiani; sono inoltre saliti vertiginosamente nei sondaggi, dove ottengono un 22% circa, in netta crescita rispetto all’9% del 2017, a riprova che la crisi climatica e l’ambiente sono tematiche di primo piano per i tedeschi e gli europei. Non è impensabile una possibile coalizione che veda i verdi alleati con il SPD e die Linke, partito che si siede alla sinistra del Parlamento ed ha un prospetto di circa il 7% alla prossima tornata elettorale. Sarebbe un revival del 1998, quando proprio SPD e die Grünen si imposero sugli antichi avversari democristiani. Altamente più ipotizzabile è invece  un’alleanza tra CDU-CSU e Bundnis90/die Grünen, per formare un’alleanza conservatrice con taglio ecologista, a cui potrebbe però aggiungersi anche l’SPD o l’FDP, per allargare la maggioranza e stabilizzare il governo. I verdi comprendono che il clima è per sua natura una problematica transnazionale, che non tiene conto dei confini artificiali imposti dall’uomo. Sono favorevoli ad una modifica dei Trattati che doti l'Unione di un governo di fatto federale, attraverso la creazione di una politica fiscale condivisa. Essi dichiarano invero il “bisogno dell'Unione europea per un buon futuro. Vogliamo un'Europa unita che rimanga unita e continui sulla via dell'integrazione europea anche in tempi difficili. Solo insieme possiamo risolvere i problemi transfrontalieri, soprattutto la crisi climatica e il terrorismo, ma anche l'elusione fiscale e la disoccupazione. Solo insieme possiamo rendere equa la globalizzazione, creare un'economia ecologicamente moderna e garantire la pace. Questo è il motivo per cui vogliamo rendere l'Unione europea più sociale, più attenta all'ambiente e più democratica.” La candidata alla cancelleria del gruppo è la giovane quarantenne Annalena Baerbock, che potrebbe diventare la più giovane cancelliera della storia della Repubblica federale di Germania, additata però da molti per una mancanza di concretezza nel suo programma. In ogni caso, anche se si tratta di un gruppo che  non può vantare la stessa esperienza dei rivali dei partiti storici, garantirà linfa vitale alla causa europea, grazie al suo ruolo di secondo partito più influente tedesco.

Per concludere, è profondo il solco lasciato da una donna politica lungimirante come Frau Merkel, che molto ha fatto per l’Europa, sia alleviandone gli sconvolgimenti che l’hanno colpita, sia orientandone l’opinione pubblica verso un futuro più europeo. Non sarà facile per il successore occupare la medesima poltrona, e sarà fondamentale il suo ruolo a favore di una maggiore integrazione europea, specialmente nel periodo successivo alla Conferenza, quando il Consiglio Europeo insieme con le altre Istituzioni dovrà tradurre le deliberazioni ivi sancite in una reale riforma dei Trattati . L’Union CDU-CSU rimane la più quotata a dirigere il Bundestag nella prossima legislatura, e la figura di Laschet sarà di vitale importanza per le future sorti non solo del suo gruppo parlamentare, ma anche per dotare la potenza con capitale a Berlino di forte assetto filoeuropeista. L'esecutivo potrà formarsi con un'alleanza dei cristiano-democratici con il gruppo Bundnis90/die Grünen, che però potrebbe anche affacciarsi a sinistra verso SPD e die Linke. In ogni caso, i Verdi come secondo partito rappresenterebbero sicuramente una vittoria per l'Unione. Il partito dell'FDP potrebbe invece passare alla maggioranza schierandosi in una coalizione con verdi e democristiani, che per rafforzare il governo potrebbero accogliere i liberali. Nell'incertezza del risultato di questo Settembre, si può comunque ribadire che la maggior parte dei partiti è favorevole a spingere per ottenere più Europa; un buon indicatore dell'opinione pubblica europea nell'anno della Conferenza ed un buon segnale per il processo di integrazione che dovrà seguirla. Qualsiasi sia il partito di provenienza del nuovo Kanler/in, l’augurio del popolo europeo è di poter guardare ad un nuovo leader carismatico, che abbia a cuore i veri interessi del popolo tedesco, che non si arrocchi sulla fragilità del proprio stato-nazione, ma sia orientato ad uno sviluppo federale dell’Unione Europea, presa a punto di riferimento della propria politica nazionale e che per essere tale ha bisogno della sovranità, che per il momento è ancora in mano ai 27 stati-nazione che la compongono e che la soffocano.

 


Armin Laschet, candidato per l'Unione (CDU/CSU)
 
Il leader dei Liberali Christian Lindner
 

Annalena Baerbock, candidata dei Verdi
 
 
Il Candidato dell’SPD Olaf Scholz
 

Alice Weide, candidata del partito di estrema destra Alternative für Deutschland
   

 

  

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