La ricerca di un nuovo ordine internazionale convergente, pacificato e orientato al progresso per tutti i paesi, questo è l’obiettivo dei programmi di sviluppo delle agenzie dell’ONU, di organizzazioni non governative, dei progetti per il progresso redatti da autorevoli studiosi, e fatti propri dai movimenti federalisti riuniti nel World Federalist Movement (WFM). Gli obiettivi finali di progresso per i diversi paesi, e ancor più per le aree continentali, sostanzialmente coincidono, ma i punti di partenza sono diversi, quindi è necessario un processo di convergenza che può richiedere tempi e fasi diversi.

I progetti di sviluppo pubblici di solito caratterizzano le fasi iniziali con dati statistici standardizzati dei singoli paesi, quindi aggregabili per insiemi d’interesse specifici per l’analisi scelta. Quando internazionalmente si fissano obiettivi finali ad una certa data, ma poi si lascia ai singoli paesi decidere come operare per raggiungerli si può parlare di transizione statica in quanto non si fissa il percorso da compiere da ciascuno stato o unione. Considerati gli anni che dividono quello di partenza e quello di arrivo si hanno risultati intermedi verificabili, ma che non implicano un impegno ad intervenire da parte di chi ha proposto o condiviso gli obiettivi in esame.

Se si fissano percorsi con tappe intermedie (milestones), disponibilità di fondi e corresponsabilità nella loro gestione, si ha una transizione dinamica e elastica gestita comunitariamente, anche se i modelli possono essere più laschi rispetto a Next Generation EU.

I modelli degli aiuti unilaterali post decolonizzazione hanno mostrati i loro limiti anche nella suddivisione delle responsabilità, quindi bisogna acquisire e consolidare progetti comunitari di dimensione continentale come destinatari e piani di sviluppo multilaterali. Per questi l’UE può essere modello e partecipe come promotrice.

Le transizioni sono fenomeni complessi raggruppabili in cinque macro ambiti solo in parte interdipendenti: 1) economico, 2) sociale e benessere (salute in primis), 3) culturale e formativo, 4) scientifico e tecnologico, 5) politico e giuridico (diritti umani). Non possiamo qui approfondire contenuti ed interconnessioni dei cinque ambiti, si dovrà farlo separatamente. È utile sottolineare due cose: A) esistono tempi diversi di realizzazione dei progressi nei diversi ambiti, quindi la convergenza dei diversi paesi potrà non essere simultanea. B) come mostra il caso cinese il sistema politico potrà a lungo non convergere verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Tuttavia si dovrà prestare particolare attenzione a non tollerare retrocessioni dai risultati, anche intermedi, raggiunti o l’emergere di atteggiamenti bellicisti globalizzando il dettato dell’art.11 della nostra Costituzione.

L'ultimo punto da citare è la geolocalizzazione dei progetti di sviluppo che devono essere per ambiti vasti ed in particolare avere la possibilità di raggiungere dimensioni almeno semicontinentali, con istituzioni che possono gestire progetti comunitari o addirittura federali. Certamente i primi ambiti regionali sono quello africano e quello dell'America latina, ma anche quello dell'ex Urss dove l’egemonismo russo è sopravvissuto al crollo del regime comunista e ha impedito alla CSI uno sviluppo comunitario. Invece di integrare i paesi resi indipendenti, per respingere il progetto di Gorbaciov li ha visti solo come potenziali feudi. C'è bisogno di disegni federalisti per queste aree come idee contrapposte ai progetti neoimperiali. Poi ogni area sceglierà sovranamente tra soluzioni alternative. Contare sulla forza della ragione è lo strumento a disposizione del WFM.

  

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