È questo il motto dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, o OECD in inglese). L’ OCSE è un’organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un'economia di mercato. L'organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva che consente un'occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l'identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri[1]. Fu fondata nel 1948, anche su ispirazione di J. Monnet, come OECE (Organizzazione per la cooperazione economica europea), dai paesi europei che godevano dei contributi del Piano Marshall (ERP European Recovery Program). Sotto la segreteria di R. Marjolin promosse una ricostruzione europea con stati aperti all’integrazione economica. Su queste basi fu possibile avviare la fondazione delle Comunità europee a partire dalla CECA, grazie alla volontà politica di R. Schuman. Esaurito così il suo compito europeo, nel 1961 entrarono Stati Uniti e Canada e divenne così un’organizzazione prima atlantica, poi occidentale e infine dei paesi sviluppati e democratici del mondo con successivi allargamenti. Per controllare l’andamento economico e sociale l’OECD-OCSE ha partecipato alla definizione dei dati economici e sociali dei paesi membri, e di quelli terzi per una comparabilità universale, e alla loro regolare pubblicazione.
Dopo la pubblicazione del rapporto Stiglitz, Sen, Fitoussi per la Commissione sulle misure del rendimento economico (al netto di costi come quelli ambientali) e del progresso sociale, al cui comitato scientifico ha partecipato Enrico Giovannini, l’OCSE ha approfondito lo studio degli indicatori del benessere integrativi del PIL (poi importati all’ISTAT sotto la sigla BES). Recentemente a questi si sono aggiunti indicatori per le differenze di genere e la desiderabilità di progressi nelle società, in Europa con il patronato della Commissione. Subito dopo l’emergere del Covid-19, l’OCSE ha raccolto ed elaborato i dati delle politiche adottate nei diversi ambiti per la pandemia, dimostrando prontezza nell’affrontare i problemi che sorgono a livello dei paesi membri e internazionale.
Un impegno poliennale è stato lo studio della distribuzione internazionale delle catene del valore, in particolare nelle multinazionali. Questo ha portato ad una ridefinizione dei dati del commercio estero dell’allocazione del valore aggiunto e all’adozione di proposte per l’armonizzazione dei prelievi fiscali sulle multinazionali e la loro attribuzione ai paesi dove si è realizzato il valore aggiunto mostrando così di poter formulare e promuovere politiche migliori. Questa è stata adottata poi come proposta intergovernativa dal G20 di Roma.
É evidente che la natura meramente consultiva dell’assemblea dell’OCSE è un vantaggio perché favorisce la neutralità dei progetti e delle ricerche e delle proposte di migliori politiche suggerite perché per essere esaminate ed accolte devono presentare vantaggi per tutti gli stati membri, ma è insieme un limite perché non fissa procedure di esame ed adozione e poi di esecuzione. Per rafforzare la collaborazione multilaterale tra i paesi industrializzati e democratici membri e la promozione di migliori politiche da parte anche di paesi terzi in transizione è necessaria un’evoluzione di tipo comunitario che generi uno strumento decisionale condiviso per sostituire l’esaurita egemonia unilaterale degli USA sia nella NATO sia nella politica estera sia nei temi dell’integrazione economica e sociale d’interesse dell’OCSE.
Altra evoluzione opportuna a favore delle democrazie in un mondo dove prevalgono le forme autoritarie di governo è di studiare e pubblicare soluzioni ottimizzate alternative a quelle adottate dalle dittature indigene in modo da stimolare sia i responsabili di governo sia i portavoce d’opposizione a sostenerle coperti dall’autorevolezza dei proponenti, pronti a discuterle per verificare che sono migliorative rispetto alla situazione attuale, e orientate al riequilibrio grazie allo sviluppo, dato che aumentano l’integrazione internazionale, quindi autenticamente multilaterali come erano quelle dell’OECE per gli europei che ricevevano i fondi ERP.
Tra i protagonisti del meccanismo neo comunitario non dovrebbero essere i singoli stati europei, ma direttamente l’Unione Europea che dovrebbe curare in particolare la collaborazione ai progetti di sviluppo africani. Molti paesi dell’America latina sono candidati ad entrare nell’OCSE, ma per l’UE dovrebbero essere ammessi solo dopo l’avvio di un consistente progetto d’integrazione economico-sociale e politica semi-continentale sia a garanzia del loro progresso sia della loro stabilità democratica.
Questa sarebbe una funzione significativa della politica estera europea federale. In questa comunità del multilateralismo oltre ai due lati atlantici ce ne dovrebbero essere uno pacifico ed uno del semi-continente indiano.
L’Italia potrebbe autorevolmente avanzare la proposta anche come estensione della Conferenza sul futuro dell’Europa, che dovrebbe garantire all’UE di saper svolgere il suo ruolo. Ci vorrebbe un nuovo Monnet per disegnare il progetto e raccogliere i nuovi padri della democrazia universale, dotati di conoscenza, intelligenza e spirito costruttivo per istituzioni dedicate a “Better policies for better lives”.
[1] L’OCSE, che ha sede a Parigi, conta attualmente 36 paesi membri (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria. L'Organizzazione inoltre intrattiene rapporti con numerosi paesi non membri, organizzazioni internazionali ed altri soggetti istituzionali internazionali. In particolare le agenzie dell’ONU e l’Unione Europea.
L’OCSE è finanziata principalmente dagli stati membri, i cui contributi obbligatori finanziano la parte I del bilancio e sono determinati da una quota di base, suddivisa equamente tra tutti i membri, e da una quota principale, calcolata sulla base della dimensione relativa del Pnl.