Con il 1° gennaio 2022 la Francia ha assunto per un semestre la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Insieme alle incombenze e ai dossier che questo esercizio implica istituzionalmente, Parigi si trova all’improvviso a dover gestire in prima linea la drammatica guerra in Ucraina, oltre che la chiusura della prima fase dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa, lanciata proprio dal Presidente francese Macron; in più la campagna per le elezioni presidenziali (il primo turno è fissato per il 10 aprile).
Il programma della presidenza francese
Per quanto riguarda i dossier ordinari, il programma che la Francia ha predisposto per il semestre dei lavori del Consiglio risente inevitabilmente dei limiti imposti dalla necessaria continuità con l’agenda in essere dell’istituzione che rappresenta i 27 governi UE, anche se nella presentazione si rivendica il fatto di riallacciarsi ai temi tradizionali dell’agenda europea di Macron, in continuità con il suo impegno per un’Europa sovrana messo in campo a partire dal discorso della Sorbona del settembre 2017. Tre sono le priorità su cui viene messo l’accento: un’Europa più sovrana, un nuovo modello europeo di crescita, un’Europa umana. E’ incluso ovviamente anche il riferimento alla Conferenza, e alla necessità che dia seguito alle richieste dei cittadini e che sia l’occasione di alcuni cambiamenti nell’edifico e nel funzionamento europei.
Più interessante risulta, per capire le idee di fondo che orientano l’impegno della Francia non soltanto riguardo all’agenda dell’UE, ma soprattutto in merito al suo sviluppo e al suo futuro, quanto emerso con chiarezza nel discorso tenuto a gennaio da Macron di fronte al Parlamento europeo, in cui ha presentato il programma della Francia per il semestre, mettendo molto l’accento sui processi profondi con cui l’Unione europea deve fare i conti in questa fase. Nello specifico il Presidente ha voluto sottolineare come le tre grandi promesse su cui si è fondato il patto europeo e da cui è nata la costruzione europea siano oggi messe in discussione e richiedano, per essere rinnovate, una vera e propria rifondazione dell’UE: la democrazia – che è la nostra peculiarità come europei , ma che oggi è diventata un valore precario, come pure lo stato di diritto –; il progresso – che oggi dobbiamo riuscire a rilanciare vincendo le sfide della lotta al cambiamento climatico, della rivoluzione tecnologica (mettendola al servizio dell’uomo), della garanzia della sicurezza –; la pace, in pericolo di fronte alla crescente instabilità che circonda l’Europa.
Lo scoppio della guerra contro l’Ucraina
La guerra scoppiata contro l’Ucraina viene ovviamente a sconvolgere la programmazione dell’agenda di questi prossimi mesi. Paradossalmente, una circostanza così tragica, per quanto del tutto inaspettata, non era però avulsa dalle preoccupazioni e dalle analisi espresse da Macron quando parlava della necessità di rifondare la promessa di pace alla base della costruzione dell’Unione europea.
Macron è sicuramente il Capo di Stato – oggi insieme anche a Draghi – che meglio capisce i cambiamenti profondi che sono in atto nel quadro globale e la sfida che questi nuovi processi in corso rappresentano per noi europei, per il nostro modello di vita e di società. Spessissimo infatti lo abbiamo sentito fare riferimento al “ritorno del tragico nella storia”. Anche nel suo discorso di fronte al Parlamento europeo aveva sottolineato come l’Ucraina sia la “fonte delle tensioni attuali” che sfidano il nostro sistema di sicurezza; aveva anche sottolineato come l’Unione europea avrebbe dovuto cercare di mettere in campo proposte convincenti per un nuovo ordine di sicurezza e di stabilità da condividere in ambito NATO e da proporre alla Russia; e aveva ribadito l’esigenza di costruire insieme “un‘Europa potenza del futuro, capace di rispondere alla sfide climatiche, tecnologiche, nel campo del digitale, ma anche a quelle geopolitiche; un’Europa indipendente nell’agire e nel decidere il proprio futuro, senza dipendere dalle scelte delle altre grandi potenze”.
La scelta di Putin di aggredire l’Ucraina, pertanto, e il ritorno della distruzione della guerra sul nostro territorio, non è, in fondo, così imprevista per Macron. Questa guerra è la conferma del fatto da lui più volte denunciato che, dopo la fine della Guerra fredda, non si è riusciti a costruire un nuovo equilibrio che fosse cooperativo e multilaterale, ma che, viceversa, a livello globale è in corso una guerra spietata per ridisegnare i rapporti di potere. Il Presidente francese ha spesso denunciato come l’Unione europea dopo Maastricht abbia sì investito in un modello innovativo di Mercato, ma non abbia mai previsto di costruire l’unità politica, e quindi il fatto di dotarsi di una vera politica estera comune e di una difesa. In questo modo non è neanche mai stata in grado di fare politiche europee in quei settori cruciali, anche economici, necessari per conseguire un’autonomia strategica, e garantire quindi la propria indipendenza.
Le conseguenze dell’incapacità di costruire un’unione politica in questi trent’anni e del vuoto politico che ne è derivato sono in questo momento sotto i nostri occhi. Ora che il mondo sta precipitando nel baratro di un nuovo confronto di potere – che si alimenta anche della contrapposizione tra modelli politici e della guerra alla democrazia, allo stato di diritto e ai diritti universali – la necessità così spesso evocata da Macron di creare una sovranità europea effettiva in grado di proteggere il nostro sistema di valori si dimostra in tutta la sua profonda verità.
Il punto diventa ora quello di sfruttare davvero la spinta offerta da questa crisi drammatica per fare finalmente i passaggi necessari per costruire una vera sovranità europea, cogliendo anche l’opportunità della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Unione politica federale, subito
L’accelerazione impressa alla storia dalla mossa di Putin comporta per l’Unione europea, come prima cosa, la necessità di abbandonare completamente l’illusione che in un momento del genere sia sufficiente cercare di migliorare il proprio sistema attuale, magari con ritocchi che aumentino l’efficacia del coordinamento intergovernativo, o con iniziative circoscritte a settori specifici, come quelli oggi più evocati, tipo l’unione dell’energia o della difesa. Il pericolo che stiamo affrontando richiede piuttosto che si capisca che dobbiamo fare il salto politico per realizzare l’unità federale. Lo dobbiamo fare per due ragioni fondamentali: perché altrimenti questo sistema europeo, in cui siamo ancora divisi economicamente e politicamente, si spezzerà sotto i colpi della nuova situazione internazionale caratterizzata dal conflitto di potenza (per la divergenza degli interessi economici, di quelli geopolitici, per la fragilità delle nostre democrazie nazionali); e perché il nazionalismo è tornato a portare la guerra sul nostro continente, e se non vogliamo che vinca, dobbiamo creare istituzioni che non siano intaccabili da questa malattia, ma, viceversa, rappresentino un modello alternativo, anche per il resto del mondo.
Per questo la fase finale dei lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa che si svilupperà nei prossimi due mesi diventa ancora più fondamentale. Il dibattito e lo spirito che sono emersi dalle consultazioni e dai confronti in seno alla Conferenza – prendendo in considerazione la Piattaforma digitale on line, i Panel dei cittadini, le loro raccomandazioni, i gruppi di lavoro tematici della Plenaria – fanno emergere un’esigenza chiara di riforma dei Trattati per costruire una solida democrazia europea e per dare all’UE capacità di agire. Questa esigenza deve riflettersi chiaramente nelle Conclusioni della Conferenza, che deve affidare alle istituzioni europee che le prenderanno in carico un mandato chiaro per aprire un processo di riforma dei Trattati che risponda alle esigenze profonde che emergono dalle richieste dei cittadini europei; richieste che la sfida esistenziale posta all’UE dall’aggressività di Putin rende ancora più urgenti. Nessuna delle quattro componenti istituzionali della Conferenza (Consiglio, Commissione europea, Parlamento europeo, Parlamenti nazionali) – che con l’attuale regolamento è dotata di fatto di un potere veto sui punti da riportare nelle Conclusioni della Conferenza – dovrà potersi permettere di essere così irresponsabile da negare la forza del messaggio politico uscito dalla Conferenza, cercando di bloccare il processo di riforma che così tanti chiedono.
Come federalisti, abbiamo appositamente costruito la visibilità, grazie alla nostra campagna, attorno alle proposte concrete per far nascere un’unione politica federale, e alimentato il dibattito, creando anche uno zoccolo importante di consenso. La battaglia per l’unione politica federale, che sarà sicuramente durissima, parte però da posizioni molto avanzate, nel quadro favorevole offerto dalla Conferenza.
Per l’Unione europea è il tempo dell’azione, e spetta in primis a noi federalisti ricordare ai nostri rappresentanti politici che la storia non aspetta l’Europa; e la guerra in Ucraina, nel cuore del nostro continente, ci dice quale treno della storia è ormai partito.