O l'Unione europea sarà in grado di completare rapidamente il percorso verso l'Unione politica federale oppure il disegno di Putin porterà il mondo verso un nuovo medio evo.
Quando, il 9 novembre del 1989, è caduto il muro di Berlino, è iniziata una nuova fase della storia dell'umanità. La fine dell'equilibrio bipolare per l'implosione dell'Unione Sovietica ha lasciato un vuoto di potere che inizialmente, ma anche inevitabilmente, gli USA hanno cercato di colmare. Forse questa fase può essere considerata simbolicamente (e definitivamente) conclusa con il 30 agosto del 2021 con l'uscita degli USA dall'Afghanistan (ma era tempo che si era capito che un'ipotesi di mondo “unipolare” a guida americana non poteva reggere a lungo).
In questi ultimi decenni inoltre, mentre la Cina ha acquisito progressivamente sempre maggiore influenza in ogni zona del mondo e la diffusione dei regimi non democratici ha intaccato la percentuale di popolazione mondiale che vive in paesi democratici (ormai largamente inferiore al 50%), l'Unione europea non è riuscita a fare decisivi passi avanti verso la realizzazione della sua unità federale. Quanto è stato fatto, pure importante, appare da un lato del tutto inadeguato a fronteggiare le attuali sfide e dall'altro insufficiente ad indicare al mondo la via dell'unificazione e quindi della pacificazione (pure necessaria visto che il mondo è una comunità di destino come la pandemia ha definitivamente dimostrato anche ai più riottosi ad ammetterlo).
E' in questo quadro, nel quale la forza della storia mostra chiaramente come la scelta che l'umanità intera ha davanti a sé è quella di “unirsi o perire”, che Putin pensa di poter ripristinare in qualche modo l'equilibrio precedente cercando di riprendersi il ruolo di superpotenza perduto, apparentemente ignorando del tutto come nel frattempo il mondo sia cambiato e come si possa andare eventualmente avanti (unirsi), ma certamente non indietro (perire), e, con questo obiettivo, utilizzando categorie appartenenti ai secoli passati, decide di riportare la guerra sul suolo europeo.
Le terribili scene di questa guerra cui tutti assistiamo ogni giorno da ormai due mesi (anche il modo con il quale le guerre vengono raccontate e conosciute dai popoli del mondo è profondamente cambiato) ci mostrano come questo disegno, che sarà in ogni modo sconfitto dalla storia, faccia comunque enormi danni (le vite perdute, la disperazione dei profughi, le rovine delle città, le economie in crisi in Europa e nel mondo) e rischi di favorire la strada dell'autodistruzione del genere umano.
Oggettivamente questa situazione è stata determinata anche dal fatto che l'Unione europea, priva della forza che le verrebbe dall'essere unita politicamente, è stata incapace di offrire, nonostante la coesione dimostrata nell'immediata reazione, un baluardo sufficiente a prevenire l'aggressione militare scatenata da Putin.
Le risposte che i singoli stati mettono adesso in campo, anche perché le devono ai propri cittadini, non possono che essere inadeguate e di tipo nazionale (un esempio per tutti: la decisione di incrementare il bilancio delle spese militari nei singoli paesi).
Questo è il momento della verità. O l'Unione europea sarà in grado, sia pure con grave ritardo rispetto ai tempi della storia, di completare rapidamente il percorso verso l'Unione politica federale e quindi di poter attuare una politica estera comune, costruire una difesa unica, realizzare l'unione energetica e, finalmente, disporre dell'unione fiscale e di un bilancio federale, oppure il disegno di Putin porterà il mondo verso un nuovo medio evo (in quale altro modo può essere chiamato un periodo storico nel quale la dimensione dei problemi decisivi è ormai planetaria e l'umanità sceglie, anziché procedere verso la propria unificazione, di tornare al nazionalismo – concepito peraltro per capi carismatici che possano illudere i loro cittadini di avere risposte che li salvino, evidentemente a scapito di altri stati, come se non fossimo tutti una comunità di destino -?) dal quale potremmo non risorgere più.
Come cittadini europei non possiamo lamentarci di non avere l'occasione per decidere di imprimere al futuro la giusta direzione. La prossima conclusione della Conferenza sul futuro dell'Europa, primo tentativo di grande coinvolgimento dei cittadini europei sulle scelte da fare per determinare il proprio futuro attraverso una partecipazione diretta garantita con lo strumento della piattaforma e dei panel di cittadini, può raccogliere le loro richieste ed avviare una Convenzione per la riforma dei trattati in senso federale.
Oltre all'occasione abbiamo i possibili leader nel nuovo governo tedesco (che ha messo nel suo programma questo progetto), in Draghi e in Macron (appena rieletto Presidente in Francia - mentre è chiaro che un'eventuale vittoria di Marine Le Pen avrebbe aumentato enormemente la probabilità che il mondo potesse precipitare piuttosto rapidamente verso la catastrofe in quanto si sarebbe certamente fermato il percorso verso l'unione politica dell'Europa).
Infine abbiamo la spinta fortissima degli eventi. Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina con tutto quello che significa e che porta con sé.
Se perderemo questa occasione è possibile che non ve ne siano altre e che il fattore tempo entrato in campo al termine del periodo storico basato sull'equilibrio bipolare del mondo determini la fine della finestra storica per realizzare la Federazione europea.
A questo punto vorrei fare una considerazione a proposito dell'atteggiamento da avere nei confronti della guerra in Ucraina per sottolineare che di fronte ad una rottura così violenta delle regole stabilite in questo periodo in cui il pianeta ha bisogno di pensare alla sua unificazione non ci possono essere mezze misure. Noi non stiamo con gli ucraini e contro i russi, noi stiamo con il paese aggredito e lo aiutiamo in tutti i modi possibili, noi stiamo contro chi aggredisce e cerchiamo di indurlo a venire a più miti consigli in tutti i modi possibili (magari facendogli pagare un prezzo troppo alto da sostenere, se riusciamo), noi non accogliamo i profughi ucraini, ma accogliamo tutti i profughi che cercano di mettersi in salvo dalla guerra e questo è l'unico atteggiamento possibile, anche se c'è da pagare un prezzo alto per questa scelta.
Siamo però al momento della verità anche per i federalisti. Nel Movimento convivono da tempo anime diverse. Anche in questo caso forse la caduta del muro di Berlino costituisce uno degli spartiacque mentre l'altro può essere collocato alla fine del lungo iter partito dall'introduzione dell'Euro (2002) e passato attraverso la Convenzione Europea (2003), il no del referendum francese alla Costituzione Europea (2005) e giunto al termine con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2009) – varato nel 2007, ma rallentato dal primo referendum irlandese del 2008.
Da quegli anni abbiamo cominciato a non condividere tutti le stesse analisi sul processo. Semplificando molto si può dire che oggi, da un lato c'è chi pensa l'Unione europea attuale come già una “mezza federazione” in grado di mettere in campo politiche significative e comunque già adesso, soprattutto a valle dell'adozione della moneta unica, attore mondiale di rilievo al pari degli altri (Cina, USA, Russia, potenzialmente India) e dall'altro chi vede l'Unione europea attuale come una confederazione che non potrà giocare un ruolo nel mondo se non farà il “salto federale” decisivo. Di solito i secondi pensano che sarà possibile battersi per la Federazione mondiale solo dopo che la Federazione europea sarà compiuta, mentre i primi pensano che già oggi lo si possa fare. Sull'attualità del momento istituzionale infine c'è chi crede che la Conferenza sul futuro dell'Europa possa costituire un momento chiave e chi la pensa sostanzialmente ininfluente.
Comunque sia, se anche coesistono tra noi alcune differenze nell'analisi (differenze che spesso ci arricchiscono), siamo e restiamo tutti fortemente e pienamente federalisti e ci lega la scelta di portare il nostro “granello di sabbia” per raggiungere l'obiettivo dell'Unione politica dell'Europa in vista di quello dell'unificazione di tutto il genere umano.
Considerato infine che il nostro è un movimento di volontari e di militanti e che dunque ciascuno è portato ad investire le proprie energie nella direzione che crede più efficace e più giusta (non deve “obbedire” a nessuno in ultima analisi) e inoltre che la nostra forza è sostanzialmente inesistente se andiamo tutti in ordine sparso mentre potrebbe essere significativa (forse determinante?) se tutti lavoriamo nella stessa direzione, dobbiamo adesso comporre i nostri distinguo e batterci tutti insieme, con la forza che nei momenti importanti abbiamo già saputo mettere in campo, per provare a dare la spinta decisiva perché le scelte cui è chiamata l'Unione europea nell'immediato futuro siano coerenti con gli interessi dei suoi cittadini e con quelli di tutta l'umanità. Questo è il momento della verità. E' l'ora della Federazione Europea.