“Se ci fosse stata una Difesa europea efficace l'Ucraina non sarebbe mai stata invasa”.
Sarebbe incomprensibile per i cittadini europei se l’UE spendesse direttamente risorse proprie per la sicurezza di un paese terzo e non li impiegasse anche per rafforzare il proprio sistema difensivo.
L’Unione Europea (UE), il 28 febbraio scorso, per la prima volta nella sua storia, ha annunciato che utilizzerà parte dei fondi della European Peace Facility per acquistare armi da inviare in Ucraina, a sostegno della resistenza all’invasione russa. Sarebbe però incomprensibile per i cittadini europei se l’UE spendesse direttamente risorse proprie per la sicurezza di un paese terzo e non li impiegasse anche per rafforzare il proprio sistema difensivo, andando oltre gli stanziamenti fino ad ora previsti per il Fondo Europeo per la Difesa che, a causa della scarsa lungimiranza di alcuni Stati membri, li ha visti dimezzati rispetto alle proposte iniziali.
Non si tratta, come ha detto il Primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, in una intervista a Ouest France pubblicata in Italia dal Corriere della Sera, di arrivare a spendere 500-600 miliardi di euro per la difesa europea, raddoppiando le attuali spese dei governi nazionali. Non è necessario arrivare a queste cifre. Ne basteranno molti di meno, soprattutto se l’UE si darà una difesa autonoma, con risorse umane e piattaforme militari direttamente a disposizione del Comitato militare dell’UE, primo passo verso il rafforzamento di una vera e propria struttura europea di comando e controllo, paragonabile a quella della NATO. Ne basteranno di meno se, allo stesso tempo, i bilanci militari nazionali verranno realmente coordinati, in modo da evitare duplicazioni e sopperire al deficit di capacità militare valutato non in base a priorità di difesa nazionale, bensì in base ad una priorità europea di difesa.
Vi è intanto un passo che può essere fatto subito e senza cambiare i trattati esistenti ed è l’integrazione del trattato istitutivo di Eurocorps nei trattati europei. Eurocorps è una struttura di comando e controllo in grado di gestire una forza di intervento della dimensione di una divisione (20-30.000 uomini): si contribuirebbe così ad avvicinare l’obiettivo, già fissato al Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999, di istituire una forza europea di intervento rapido di 50-60.000 uomini. Una decisione italiana di aderire come “framework nation” a Eurocorps, sulla scia di quanto ha già fatto la Polonia poche settimane fa, sarebbe una spinta decisiva in questa direzione.
Il Gen. Graziano (Presidente del Comitato militare UE) in una intervista a Repubblica, rispondendo ad una domanda dell’intervistatore che gli chiedeva se si è ad una svolta per quanto riguarda la difesa europea, ha affermato che “Sì, c'è la volontà di cambiare. Se ci fosse stata una Difesa europea efficace l'Ucraina non sarebbe mai stata invasa”. Il Gen. Graziano ha inoltre successivamente messo bene in luce l’importanza dell’approvazione, avvenuta nel corso della riunione del 21 marzo, dello Strategic Compass da parte del Consiglio dei ministri UE per gli affari esteri e la difesa. In particolare, ha osservato che la sua rapida attuazione, soprattutto per quanto riguarda l’istituzione di una forza di intervento rapido di 5.000 uomini, in realtà, ne mobiliterebbe circa il doppio, in quanto si tratterebbe di una struttura militare interforze.
Questa misura, assieme all’integrazione di Eurocorps nei trattati esistenti eviterebbe che, per la gestione di questa forza militare, l’UE, quando avvia operazioni militari al di fuori dei propri confini, continui ad avvalersi delle strutture nazionali di comando e controllo, come nel caso dell’operazione Atalanta ed altre simili.
Per fare la difesa europea, non si tratterebbe, quindi, di sopprimere da un giorno all’altro ventisette forze armate nazionali e di istituirne una sola a livello europeo. Non sarebbe solo un errore politico, in quanto si scontrerebbe con inevitabili resistenze e diffidenze, ma sarebbe probabilmente anche un errore da un punto di vista strettamente militare. Il modello europeo di difesa dovrà essere federale, come lo è stato per un lungo periodo di tempo negli Stati Uniti, dove le milizie statali (oggi Guardia Nazionale) hanno sempre prevalso rispetto ad una piccola forza armata federale. Oggi questo modello di difesa, di cui la Svizzera costituisce un altro esempio legato a un sistema federale, è probabilmente più adatto ad una guerra moderna, che dovrà basarsi non solo sulla deterrenza, ma anche su una forte capacità di difesa territoriale.
Occorrerà pertanto prevedere che accanto a ventisette forze armate nazionali – che svolgeranno, prevalentemente, il ruolo che oggi svolge la Guardia Nazionale degli USA –, vi siano anche autonome forze armate europee. L’evoluzione della situazione geopolitica mondiale dirà se, ed in che misura, questa forza iniziale dovrà essere ulteriormente rafforzata.
I governi europei stanno progressivamente prendendo coscienza della necessità di una difesa europea. In aggiunta al già ricordato intervento del Primo ministro polacco, il quale sottolinea di avere “sostenuto davanti al Consiglio europeo l’esigenza di creare un esercito europeo forte”, il Cancelliere Olaf Scholz, nel suo intervento al Bundestag del 27 febbraio, oltre ad aver annunciato un aumento delle spese militari fino a 100 miliardi di euro, ha rilanciato la collaborazione con la Francia per la realizzazione del velivolo di nuova generazione, SCAF, e del carro armato di nuova generazione MGCS che, con il nuovo governo tedesco, sembravano essersi avviati su un binario morto. Il Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, nella sua comunicazione al Senato del 1° marzo, dopo aver affermato che “l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi”, ha sostenuto che “è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica”. Sembrano pertanto esservi le condizioni politiche perché i paesi europei più sensibili al tema dell’autonomia strategica dell’UE, anche sul piano militare, prendano l’iniziativa di procedere verso una difesa europea.
Il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, con il suo discorso alla Sorbona del 26 settembre 2017, aveva fatto dell’autonomia europea la cifra del suo mandato presidenziale. Ora, per lui, è giunto il momento di essere all’altezza dei grandi capi di Stato e di governo europei che hanno preso decisioni cruciali per l’avanzamento del processo di unificazione europea. La domanda, oggi, pertanto è: saprà Macron prendere, nel settore militare, la stessa decisione che, a suo tempo, prese il Cancelliere Kohl nel settore monetario, accettando di abbandonare il marco per consentire la nascita dell’euro?
Nel caso della Francia, per le ragioni esposte prima, la decisione, per certi aspetti, è persino più agevole rispetto alla decisione assunta da Kohl, in quanto non si tratta di cedere del tutto la sovranità francese nel settore della sicurezza, bensì di dare il via libera all’istituzione di una forza europea di intervento rapido sotto comando europeo, accanto alle forze armate nazionali. Nelle prossime settimane, se non nei prossimi giorni, gli europei capiranno se Macron sarà stato all’altezza della sfida.