Compilare un elenco degli episodi d’inciviltà registratisi nell’arco degli ultimi anni, in questa sede, è impresa priva di cogenza: sia perché tali accadimenti appartengono alla coscienza comune sia perché la stretta attualità non cessa di arricchirne le fila. Alcuni penseranno al tono d’informale sufficienza impiegato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per replicare all’onorevole Aboubakar Soumahoro: fatto avvenuto durante la discussione con cui il governo recentemente insediatosi ha richiesto la fiducia alla Camera dei Deputati. Altri, invece, guarderanno agli atti che nelle ultime settimane si sono verificati in più sedi museali: svariati attivisti dediti al contrasto del cambiamento climatico hanno imbrattato dipinti dal significativo valore artistico ed economico, incollandosi poi a pareti o tele. In entrambi i casi, molti non esiteranno a deprecare i fatti brevemente riassunti. Tuttavia, l’inciviltà che oggi segna numerose vicende legate al contesto politico e mediatico si configura come un oggetto dal carattere ambiguo e pervasivo, inadatto a grossolane forme d’incasellamento. Cogliere l’inciviltà considerandone senza reticenze la polimorfa natura è il virtuoso fine cui tende La politica dell’inciviltà (2022, Laterza, pp. 115), saggio scritto da S. Bentivegna, docente di Comunicazione politica presso la Sapienza di Roma, e da R. Rega, docente di Giornalismo e Nuovi media presso l’Università di Siena.

 Le autrici del testo, intraprendendo la propria disamina, pongono in evidenza il fatto seguente: l’inciviltà non sempre rientra in una precisa strategia di ordine politico o mediatico, ma da sempre contraddistingue le vicende umane. In tal senso, pare sufficiente ricordare il Ganimede ritratto con beffardo mimetismo da Petronio nei Satyricon libri (I sec. d.C.). Durante la celebre sequenza della cena Trimalchionis, tale personaggio intesse le lodi di un uomo politico conosciuto in giovinezza, un certo Safinio: «piper, non homo», ossia “uomo fatto pepe”. La ragione dell’ammirazione di Ganimede per Safinio è presto detta: quest’ultimo, con atteggiamento che oggi non si esiterebbe a definire “populista”, era solito difendere gli strati più umili della popolazione con violente aggressioni ai danni delle ingorde élites. In sostanza, un incivile capace di affrontare l’agone politico con rozze tattiche di persuasione e scontro – tutte descritte con rapida ingenuità dallo stesso Ganimede.

Quantunque l’inciviltà non sia nuova alla storia umana e si presenti talvolta in maniera estemporanea, S. Bentivegna e R. Rega sostengono che il contesto in cui oggi si manifesta la stessa sia radicalmente inedito: si tratta di uno spazio in cui prosperano forme strategicamente orchestrate di inciviltà, le quali si sono già rivelate capaci di minacciare la tenuta delle odierne democrazie. A monte, però, non può essere negletto il problema seguente: che cos’è, esattamente, l’inciviltà? Diverse le risposte, differenti gli scenari.

La prima parte del testo, che idealmente comprende tre dei quattro capitoli che lo compongono, sonda peculiarità e manifestazioni di un’inciviltà dal carattere negativo, intesa generalmente come infrazione di un determinato codice sociale con intenti manipolatori e divisivi. Servendosi di un corredo di esempi riferiti principalmente ai contesti statunitense e italiano, le autrici rapportano la presenza di tale inciviltà a tre distinti ambiti: quello costituito dagli attori politici, quello legato agli organi mediatici, e quello composto dai cittadini. S. Bentivegna e R. Rega procedono così alla dimostrazione di come l’inciviltà in questione abbia ormai assunto le proporzioni di una risorsa pienamente rientrante in un sistema dalle fitte ramificazioni. Nel caso relativo agli attori politici, le studiose propongono con pregevole chiarezza una schematica classificazione delle funzioni associabili alla tipologia d’inciviltà alla quale i medesimi attori sono avvezzi. Costruire un personal brand in grado di rendere facilmente identificabile una certa figura politica, diffondere alcuni dei meccanismi tipicamente riconducibili alle identity politics («processo di identificazione con l’elettorato»), attivare mobilitazioni dettate dalla logica che oppone un in-group a un out-group: dinnanzi a tali possibilità d’impiego, paiono evidenti la rilevanza tattica dell’inciviltà e l’insieme di obiettivi che molti esponenti del panorama politico globale hanno tentato e tentano, alle volte con successo, di perseguire per mezzo della stessa. Altro, invece, è il discorso riguardante l’azione degli organi mediatici: convogliati in un sistema ibrido all’interno del quale la competizione per l’attenzione coinvolge sia i mezzi tradizionali sia le piattaforme presenti nel web, tali organi hanno contribuito all’innesco di un propulsore nel quale l’inciviltà si configura come un carburante pressappoco insostituibile. Ecco spiegate, allora, le tattiche tipiche dei «media partigiani», propensi alla costruzione di nemici e alla polarizzazione più becera dei dibattiti democratici. Ecco spiegate, allora, le dinamiche proprie dell’«industria dell’indignazione», che sfrutta la viralità tipica dell’inciviltà per alimentare narrazioni altamente divisive. Ecco spiegate, allora, le fondamenta della politica presentata come un «incontro di wrestling», ossia uno spettacolo fatto di contrapposizioni che individuano nella loro matrice selvaggiamente emozionale la causa della drammaturgica insolubilità che le contraddistingue. A complemento del sistema descritto, S. Bentivegna e R. Rega pongono il ruolo imputabile ai cittadini, inclini all’utilizzo dell’inciviltà per tre macro-ragioni: la conquista spasmodica di attenzione e visibilità, l’attivazione di dinamiche di relazione e complicità, e l’organizzazione di mobilitazioni politiche. Coinvolti in un dannoso gioco di riflessi dal carattere diffusamente narcisistico, i cittadini delle attuali democrazie accedono all’arena mediatica e politica con la medesima aggressività delle loro figure di riferimento: si sviluppano così codici linguistici basati sull’insulto nei confronti dell’opposta fazione o sulla demolizione di qualsiasi frangia minoritaria. L’esito è una cittadinanza pronta alla belligeranza, intollerante e antidemocratica, ciecamente saldata al proprio schieramento: l’approdo alla mobilitazione, come dimostrato dai fatti del 6 gennaio 2021 avvenuti a Washington, altro non è che il mero concretizzarsi di una temibile rete, strutturata tanto verticalmente («emulazione delle élite») quanto orizzontalmente («modellamento comportamentale» che si propaga «da utente a utente»).

In questo campo tormentato da shitstorm e discorsi d’odio, S. Bentivegna e R. Rega scorgono anche un’altra tipologia di inciviltà, cui è dedicato il quarto capitolo del testo: è l’inciviltà che si traduce in «una prova di ‘agency’ politica da parte dei cittadini, una dimostrazione di ‘empowerment’ che può funzionare come un “correttivo” alla carenza di diritti [...]». Questa categoria – che può inglobare un ampio spettro di personaggi: da Colin Kaepernick a Edoward Snowden – è riconducibile al filone della “disobbedienza civile” teorizzato, tra gli altri, da H.D. Thoreau (1817-1862). Affiora così tutta l’ambivalenza propria dell’inciviltà: da un lato, un codice di “buone maniere” che talune formazioni politiche possono infrangere per persuadere l’elettorato e conservare per screditare gli avversari; dall’altro, una pratica di contestazione che mira a un grado di civiltà più profondo, tatticamente utile alle battaglie delle minoranze – si pensi, ad esempio, agli attivisti summenzionati.

La presidenza di Trump, il trionfo della Brexit, le campagne di disinformazione riconducibili a Putin, il populismo all’italiana dei Cinque Stelle e della Lega salviniana, l’odio promulgato dal binomio Le Pen-Zemmour in Francia e da Alternative Für Deutschland in Germania: produttori e prodotti del quadro in cui, come spiegato da A. Costa sulle pagine de “Il Federalista”, si sta tuttora consumando una «guerra» destinata a mutare «le regole democratiche della formazione del consenso». L’Europa, depositaria di una preziosa tradizione democratica, non può assistere inerte: di qui la necessità dell’opzione federalista, baluardo tramite il quale tutelare la fonte da cui sgorgano alcune tra le maggiori idee della civiltà occidentale. In attesa di tempi migliori, la lettura del libello di S. Bentivegna e R. Rega ha il valore di un anticorpo capace di dissezionare con ordine alcune delle più feroci belve del presente.

 

 

  

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