‘Non Europa’ si può dire che indichi, in senso generale (macro), la condizione di impossibilità nel considerare il nostro continente come una vera e propria federazione, mentre in senso specifico (micro) indica la mancanza di integrazione in aree d’azione altamente strategiche.
Si tratta di un’espressione non più recente. Infatti, molti documenti tecnici legati alle istituzioni dell’Unione Europea (UE) e molti dibattiti federalisti, negli anni hanno utilizzato questa espressione. In particolare, annualmente esce una “mappatura dei costi della non Europa”, la quale si prefigge l’obiettivo di assistere gli eurodeputati e i loro collaboratori con numeri, dati, grafici, fornendo dati reali riguardo le potenzialità di settori in cui manca un’integrazione a livello sovranazionale. Dunque questa mappatura si riferisce alla prospettiva micro.

Una delle premesse dell’ultima mappatura, uscita nel gennaio 2023 con il titolo «Accrescere il valore aggiunto europeo in un'epoca di sfide globali», riguarda la necessità di adattamento alla prospettiva attualmente in voga in campo europeo, ossia quella che alcuni addetti ai lavori definiscono ‘era di crisi permanente’, o ‘permacrisi’, in particolare quando si ha la certezza che queste prima o poi verranno a verificarsi, come in campo ambientale. In questa ‘era’, infatti, secondo gli autori, emerge la necessità di un «pensiero strategico sistematico e la capacità di reagire rapidamente, garantendo nel contempo la trasparenza, il controllo democratico e la responsabilità».

I dati utili per questa osservazione sono stati ricavati attraverso l’applicazione di modelli analitici, metodi di analisi e di valutazione d'impatto (ad esempio il modello di equilibrio generale, regressioni, analisi costi-benefici, data envelopment analysis (DEA)).

Essendo l’UE un’entità non statica, bensì dinamica, la mappatura pone tre prospettive per il suo futuro: a) mantenimento dello status quo; b) frammentazione; c) ulteriore integrazione. Nel caso ‘a)’, ossia una situazione senza grandi riforme della policy europea – ipotizzando un tasso di inflazione medio annuo del 2%, e di conseguenza un tasso di crescita nominale medio del PIL del 3,3% – , il PIL reale si prevede che passi dai 15.000 miliardi di Euro del 2022 ai 17.000 miliardi di Euro del 2032. Di contro, nel caso ‘b)’, ossia il caso limite rappresentante una maggiore divisione nella policy europea, dunque con le scelte cruciali per il futuro del nostro continente prese singolarmente da ogni Stato membro – ipotizzando il verificarsi di uno shock del -5,6% del PIL reale – , il PIL reale si prevede abbia un tonfo, già dal 2024, di 2.052 miliardi di Euro rispetto a quello previsto nel caso ‘a)’. Occorre osservare un po’ più da vicino il caso ‘c)’, dal momento che dalla prospettiva federalista questo studio può apparire illuminante. Qui viene “simulata” – ipotizzando la situazione macroeconomica del caso ‘a)’ – una maggiore cooperazione a livello europeo su dieci capitoli tematici, che a loro volta racchiudono diversi settori strategici organizzati. Cap 1): Mercato unico classico e spazio unico dei trasporti [settori strategici organizzati: completamento del mercato unico delle merci, completamento del mercato unico dei servizi, politica di tutela dei consumatori, spazio unico europeo dei trasporti, protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti non agricoli, affrontare il divario relativo all’imposta sul reddito delle società, lotta contro la frode in materia di IVA]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 644 miliardi di euro entro il 2032. Cap 2): Trasformazione verde [settori strategici organizzati: trasformazione dei sistemi energetici dell'UE, prevenire gli impatti dei cambiamenti climatici, deforestazione globale imputabile all'UE, migliorare la qualità ambientale attraverso una spesa ambientale efficiente]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 439,5 miliardi di euro all’anno. Cap 3): Trasformazione digitale [settori strategici organizzati: fornitura di servizi digitali, transizione digitale delle PMI, cibersicurezza e governance dei dati, regolamentazione dell'economia delle piattaforme, aspetti etici e relativi alla responsabilità dell'intelligenza artificiale, trasferimenti di dati e riservatezza delle comunicazioni]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 384 miliardi di euro all’anno. Cap 4) Unione economica e monetaria (UEM) [settori strategici organizzati: coordinamento più efficace della politica di bilancio e sostenibilità delle finanze pubbliche, completamento dell'unione bancaria, integrazione e resilienza dei mercati finanziari, strumenti dell'UE in materia di macrostabilizzazione, finanza digitale, criptovalute e cripto-attività]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 321 miliardi di euro entro il 2032. Cap 5): Istruzione, programma di ricerca finanziato dall'UE e cultura [settori strategici organizzati: Erasmus +, programma di ricerca finanziato dall'UE, creatività e diversità culturale, libertà e pluralismo dei media]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 69,5 miliardi di euro all'anno. Cap 6): Politica sanitaria comune dell’UE [settori strategici organizzati: politica sanitaria comune dell'UE, garanzia di un accesso equo e a prezzi abbordabili ai medicinali in tutti gli Stati membri dell'UE, protezione dei lavoratori dall'amianto]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 46,5 miliardi di euro all'anno entro il 2032. Cap 7): Occupazione, mobilità, questioni sociali e di coesione [settori strategici organizzati: misure per combattere la povertà e le disuguaglianze, libera circolazione dei lavoratori, promozione di percorsi per la migrazione legale e dell'accesso all'occupazione, fondi strutturali e di investimento europei, digitalizzazione della rendicontazione, del monitoraggio e dell'audit europei, comitati aziendali europei, imprese sociali e organizzazioni senza scopo di lucro]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 334,1 miliardi di euro all'anno su un orizzonte di dieci anni. Cap 8): Giustizia e Stato di diritto [settori strategici organizzati: stato di diritto e controllo della pubblica amministrazione, corruzione, reati gravi e terrorismo, accesso alla giustizia, controllo delle frontiere e politica dei visti]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 153,9 miliardi di euro l’anno entro il 2032. Cap 9): Parità di genere, non discriminazione e diritti civili [settori strategici organizzati: violenza di genere, disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro e nel lavoro assistenziale, parità di trattamento, non discriminazione e reati generati dall'odio, politica di asilo, discriminazione dei migranti nel mercato del lavoro]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 284,5 miliardi di euro l’anno entro il 2032. Cap 10): Cooperazione internazionale, azione esterna e governance globale [settori strategici organizzati: promozione del commercio sostenibile e le catene del valore su scala mondiale, difesa comune dell'UE, diplomazia comune e promozione del multilateralismo, miglior coordinamento della politica di sviluppo]. Tali azioni si prevede possano generare benefici economici pari a 169,7 miliardi di euro all’anno. Dunque, dalla maggiore integrazione nei settori appena citati verrebbero generati ulteriori 2.800 miliardi di euro rispetto al caso ‘a)’, portando nel 2032 il PIL reale dai 17.000 miliardi di euro previsti senza ulteriore integrazione a 20.000 miliardi di euro. Va da sé che i costi della ‘non Europa’ sono proprio rappresentati degli ulteriori benefici – rispetto alla situazione di permanenza dello status quo – che si avrebbero se si scegliesse la prospettiva di una maggiore integrazione in tutte le aree appena elencate.

Il Parlamento Europeo (PE), seppur eletto a suffragio universale diretto, rappresenta LA battaglia federalista non ancora conclusa. Il suo ruolo di rappresentante – e di conseguenza voce – del popolo europeo viene ancora percepito come “abusivo” da molti capi di stato e di governo che compongono il Consiglio europeo, il quale ignora le istanze emerse dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, accolte a gran voce proprio dal PE e dalla Commissione Europea. Pertanto urge farci sfuggire un piccolo spoiler: il Consiglio europeo è il fantasma della ‘non Europa’.

Questa percezione di abusivismo che ha il Consiglio europeo nei confronti del PE pone legittimi dubbi sul fatto che quest’ultimo possa assurgere alla funzione di assemblea costituente nel corso della prossima legislatura. C’è quindi bisogno di coraggio da parte di tutto l’europeismo organizzato, ma soprattutto da parte dei candidati alle prossime elezioni europee. È necessario che questi ultimi portino in ogni dove, con una prospettiva ‘messianica’, i dati presenti nella mappatura di cui si è appena parlato. Ma con altrettanta prospettiva ‘messianica’ va portata in ogni dove anche la dura stigmatizzazione nei confronti dell’ignavo tergiversare del Consiglio europeo. Dobbiamo ricordarci che la nostra è una maggioranza silenziosa, e lo è per l’assenza di leader pronti ad urlare questo stigma.

 

  

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