I problemi dell’UE sono manifesti. È pronta la prossima Commissione per affrontarli? Quale ruolo per i federalisti?
Sono stati mesi piuttosto concitati quelli della formazione della nuova Commissione Europea. Dopo le elezioni europee e il voto del luglio scorso che aveva formalizzato l'inizio del secondo mandato di Ursula von der Leyen, non senza fatica si è giunti alla definizione di tutti i commissari ed al completamento della Commissione stessa. Le tensioni sono state superate anche grazie ad un accordo storico tra i tre partiti europeisti che sostengono VDL. Infatti, è la prima volta che viene firmato un accordo scritto di coalizione tra partiti nel Parlamento Europeo: PPE, S&D e Renew Europe hanno sottoscritto un vero patto di legislatura, nel quale si impegnano a “cooperare nella decima legislatura, riconoscendo le sfide poste dalla situazione geopolitica, dal ritardo di competitività dell'Europa, dai problemi della sicurezza, dalle migrazioni e dalla crisi climatica, così come dalle diseguaglianze socio-economiche” e a “lavorare insieme con un approccio costruttivo per far avanzare un'agenda di riforme basata sulle linee politiche del 18 luglio 2024 della Presidente della Commissione”. Nei punti dell'agenda si fa esplicito riferimento ad “investire in un bilancio in linea con le ambizioni dell'UE” e all'“approfondimento dell'Unione attraverso la riforma dell'UE per rafforzare la sua capacità di agire”. Il Parlamento Europeo ha approvato la seconda Commissione a guida VDL con 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astensioni. Il voto è avvenuto per appello nominale. La prima iniziativa annunciata da VDL prevede di mettere in campo una strategia per la competitività, volta a colmare il divario dell'Europa in materia di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, ad aumentare la sicurezza e l'indipendenza e a realizzare la decarbonizzazione. VDL ha anche dichiarato che proseguirà sulla strada degli obiettivi del Green Deal europeo, presentando un accordo industriale pulito, avviando un dialogo strategico sul futuro dell'industria automobilistica europea e continuando a lavorare a un'economia circolare competitiva e ad adoperarsi per una Unione Europea del risparmio e degli investimenti. Per quanto riguarda lo scenario relativo alle guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente, VDL ha affermato che “l'Europa deve svolgere un ruolo più incisivo in questi settori”, sottolineando come l’UE sia necessaria più che mai. Altrettanto importante è rafforzare la nostra sicurezza e per questo occorre spendere di più per la difesa. “La sicurezza dell'Europa sarà sempre una priorità di questa Commissione” ha affermato. Il voto parlamentare era stato preceduto dai tre rapporti commissionati da VDL rispettivamente a Letta (sul mercato unico), a Draghi (sul tema della competitività europea) e a Niinisto (sul tema della sicurezza). Complessivamente - ed in particolare negli ultimi due rapporti - emergono una serie di sfide essenziali per il mantenimento dell'attuale livello di welfare in Europa, da un lato, e dell'opportunità di poter continuare a garantire pace e sicurezza ai cittadini dell'UE, dall'altro. La attuale debolezza degli Stati che hanno costituito l'asse portante dell'Unione Europea negli ultimi decenni (Francia e Germania sono attraversate da crisi politiche ed economiche con effetto sul consenso dei cittadini alle forze politiche di governo e il rischio sempre più concreto di un rafforzamento dei partiti nazionalisti) ha contribuito a produrre una maggiore rilevanza del Parlamento Europeo rispetto al processo di investitura della Commissione che mai come in questa occasione è chiaramente individuata da tutti come il governo dell'UE, governo che ha quindi bisogno della fiducia del Parlamento per svolgere il suo compito. Tutto questo avviene nonostante l'UE non sia ancora una unione federale di Stati. Da un lato, come si è detto, per la situazione di crisi degli Stati nazionali più importanti, ma dall'altro lato anche per una situazione internazionale che spinge l'Europa a definirsi o come attore paritario rispetto ad USA, Cina, Russia (ed in prospettiva India) – e quindi a completare il percorso di unificazione federale – oppure ad essere via via marginalizzata e quindi subordinata ad un nuovo ordine mondiale che non la contemplerà più tra i protagonisti della storia dell'umanità. Di tutto questo anche il dibattito nel Parlamento Europeo sembra aver risentito: in effetti la linea di divisione che si è realizzata e che ha comportato la nascita di una maggioranza e di una opposizione non è più collegabile in alcun modo al tradizionale confronto tra destra e sinistra, quanto piuttosto a quello che contrappone le forze pro-europee a quelle nazionaliste. In altre parole, si sta affermando, sia pure ancora in modo non completamente definito, la linea di divisione preconizzata da Altiero Spinelli già nel Manifesto di Ventotene. D’altra parte, sembra potersi ragionevolmente affermare che i cinque anni della legislatura appena iniziata costituiscano “l'ultima chiamata per l'Europa”. L'UE dovrà rapidamente mettersi in grado di rispondere alle sfide che i rapporti Draghi e Niinisto hanno evidenziato. La nuova Commissione ha quindi davanti una missione difficile, che non sarà possibile eludere. L'ambizione di continuare a contare qualcosa nel mondo e l'opportunità di dare l'esempio giusto al pianeta - assieme alla dimensione sempre più grande dei problemi da affrontare e alla loro urgenza - portano con sé l'assoluta necessità di impegnarsi a fondo per evitare il declino.
“Il contesto storico delle campagne federaliste per l’elezione diretta del PE e per la moneta unica era molto diverso da quello attuale.”
In fondo, perché la strada verso il completamento del processo di unificazione europea possa restare aperta occorre mantenere sul campo la prospettiva della riforma dei trattati in senso federale ed il mezzo per poterla realizzare. Il Parlamento Europeo lo ha individuato nella convocazione di una Convenzione per dare risposta alle richieste dei cittadini emerse con la Conferenza sul futuro dell'Europa. Questa prospettiva è stata per il momento ignorata dal Consiglio Europeo nonostante sia alla sua attenzione già da un anno. Alcuni pensano dunque che questa opzione non sia più realizzabile e che sia preferibile cercare di forzare la mano su alcuni temi concreti (in particolare la questione della sicurezza e della difesa) per far emergere, attraverso questi, l'ineluttabile necessità, per affrontarli con successo, di dare maggiore forza alle istituzioni europee. Dobbiamo però individuare il ruolo specifico che ci spetta come federalisti in questo quadro. I problemi specifici che pure hanno costituito in passato il nucleo di alcune campagne federaliste (si pensi a quella per l'elezione diretta del Parlamento Europeo o a quella per la creazione della moneta unica) avvenivano in un contesto storico assai diverso dall'attuale. Valgano alcune considerazioni senza pretesa di esaustività, tra le tante possibili: quelle campagne federaliste avvenivano nel quadro della divisione del mondo tra le due superpotenze, senza che vi fosse in atto la globalizzazione, né che fosse chiaro come il mondo fosse già allora una comunità di destino, né che fosse evidente la crisi climatica né quella energetica e neppure erano in atto gli imponenti flussi migratori cui stiamo assistendo oggi. Oggi, per una parte, la situazione mondiale che viviamo, a partire dal ritorno della guerra in Europa e le altre questioni ricordate sopra, spinge fortemente gli europei ad unirsi (anche dovendo prevedere un ulteriore allargamento ad altri paesi dell'est); per l'altra parte, il livello di consapevolezza di quali sarebbero i passi da compiere è enormemente più diffuso di allora. Pertanto, quasi tutte le forze più consapevoli e responsabili - e naturalmente anche gli stessi governi - sanno bene quali sono le cose di cui l'UE avrebbe bisogno, ma nessuno, salvo i federalisti, terrà sul campo l'idea giusta per arrivare al risultato. È vero infatti che senza una riforma dei trattati in senso federale non sarà possibile per l'UE fronteggiare le sfide epocali con le quali deve confrontarsi. Ed ecco quindi che ai federalisti spetta il compito di dichiararlo e di sostenerlo sempre e di costruire un consenso diffuso attorno alla strada individuata dal Parlamento Europeo in modo che, nel momento in cui i nodi verranno definitivamente al pettine, ci sia la possibilità di seguire la strada della Convenzione. In fondo, si tratta di essere al fianco dell'istituzione europea più rappresentativa dei cittadini europei perché non abbandoni la strada tracciata dal precedente Parlamento Europeo e di spingere perché la Commissione mantenga i propri impegni a sostegno del PE. Questo non vuol dire che i federalisti debbano ignorare il tema della difesa e della sicurezza ad esempio, ma occorre evitare che si possa pensare che questa questione trovi soluzione adeguata senza la trasformazione della UE in una vera unione federale. Animo dunque. Di qui alle prossime elezioni europee dovremo batterci perché quest'ultima chiamata della storia non venga disattesa e perché, finalmente, si possa realizzare l'obiettivo di un Europa unita e capace di agire nel mondo da protagonista.