Il Rapporto Niinistö denuncia l’impreparazione dell’UE rispetto alle minacce alla propria sicurezza. Sotto accusa il potere di veto e la carenza di strategie adeguate a dotare i 27 di una difesa comune ad ogni livello.
Recentemente si è molto parlato dell’esemplare Rapporto di Mario Draghi per dare nuovo slancio produttivo all’Unione europea. Tuttavia, l’aggravarsi delle tensioni internazionali ha ormai sollecitato i vertici della UE a ragionare in termini di “proactive preparedness” anche in tema di sicurezza e difesa.
Di conseguenza, a marzo ’24, prima della scadenza del mandato quinquennale, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, d’intesa con l’allora Alto Rappresentante Josep Borrell, ha deciso di venire al punto. È stato quindi redatto un altro Report, incentrato sul Rafforzamento della preparazione civile e militare dell'Europa. Un testo di ben 164 pagine che è stato reso pubblico il 30 ottobre scorso e presentato nell’aula parlamentare il 14 novembre, con l’obiettivo di smuovere sia le istituzioni della UE che gli Stati membri.
A redigerlo è stata una personalità proveniente da un paese assai vicino alle prepotenze russe, come quello della Kallas, nonché fra i più preparati non solo sulle nuove tecnologie ma anche sulla progettualità intitolata “Sicurezza onnicomprensiva”. Si intende il finlandese Sauli Niinistö, Presidente della Finlandia a partire dal 2012 e proprio fino a marzo ‘24, oltre che Presidente onorario del Partito popolare europeo. Il Rapporto da lui presentato, frutto di estese consultazioni, rivela un’ampiezza di visione e di concezioni davvero inusuale. Ecco perciò, tanto per cominciare, la lista di tutti i pericoli che la nostra Europa, dice il Rapporto, rischia ormai di dover affrontare:
Aggressioni armate, attacchi cibernetici, campagne ibride, tecnologie dirompenti, disattivazione di infrastrutture critiche, coercizione economica, scarsità di risorse, shock economici e interruzione di forniture, malattie infettive ed altre minacce alla salute pubblica, mutamento climatico, estremi eventi e disastri atmosferici, degrado ambientale. Effetti a ricaduta transfrontaliera.
Una gran massa di calamità insomma, contro le quali Niinistö elenca una successione di possibili rimedi su cui si tornerà più avanti. Ma quello che è importante subito annotare è la sua preoccupazione per la gran debolezza decisionale che ancora affligge la UE. Leggiamo:
…. Premesso che nelle situazioni di crisi far ricorso al livello decisionale UE è di “crucial importance”, purtroppo, proprio per quel che riguarda la Politica estera e di sicurezza comune della UE, le decisioni adottate all’interno del Consiglio vengono generalmente basate sulla unanimità, a causa della sensibilità su questi temi dei singoli stati.
L’esercizio del potere di veto, insomma, con il quale ogni singolo stato UE può bloccare difesa e sicurezza. E su questo Niinistö, pur valorizzando il ruolo dei Paesi membri, proprio non ci sta. Anzi, denuncia con precisione non solo gli effetti paralizzanti di quanto consentito dagli attuali trattati, ma ben di peggio:
Al contrario del loro intento originario [la tutela degli Stati], i veti possono essere abusivamente utilizzati come merce di scambio per negoziazioni politiche a parte, basate su interessi nazionali. Nello scenario più estremo, il meccanismo del veto potrebbe persino essere strumentalizzato da concorrenti e rivali stranieri che potrebbero sfruttare le dipendenze e le vulnerabilità dei singoli Stati membri per interferire con e minare il processo decisionale dell'UE attraverso pressioni mirate.
Proprio così: il Rapporto mette in guardia dai pericoli di corruzione e di condizionamento che aleggiano dietro il potere di veto consentito ad ogni Stato, per quanto minimo. Afferma pertanto che nella Politica estera e di sicurezza e in quella stessa di difesa (almeno in parte) della UE, il passaggio al voto a maggioranza qualificata, mediante le cosiddette clausole passerella, è ormai ineludibile.
Veto al Veto! insomma, sia consentito così riassumere. Ma a cosa dovrà dedicarsi la UE, una volta decisasi ad un “change of mind” peraltro indispensabile dopo tante incertezze e inadeguatezze? Premesso che Niinistö rivendica un impegno non bellicoso, bensì pacifista, basato proprio sulla sistematica “preparedness” della UE, l’elenco degli obiettivi indicati come indispensabili risulta assai circostanziato. Eccoli posti tutti al centro dello schema “pericoli-difesa”:
- Decodificare le crisi di oggi e anticipare le minacce di domani
- Consentire alla UE di funzionare in tutte le circostanze
- Garantire la rapidità di azione con strutture e procedure adatte allo scopo.
- Potenziare i cittadini come spina dorsale della resilienza e della preparazione sociale.
- Sfruttare appieno il potenziale dei partenariati pubblico-privato.
- Aggirare gli attori malintenzionati per scoraggiare gli attacchi ibridi.
- Intensificare gli sforzi industriali di difesa dell'Europa e sbloccare il suo potenziale di uso duplice (civile militare)
- Costruire la resilienza reciproca con i partner attraverso una diplomazia europea assertiva
- Sfruttare l'economia della preparazione investendo insieme in anticipo.
Un programma davvero ad ampio respiro, seguito da tre concetti centrali: completo governo; intera società; tutti i rischi.
A farla breve, ogni livello di governo, Bruxelles in primis, deve impegnarsi in pieno, dotandosi delle necessarie competenze. E altrettanto impegno deve valere per l’intera società europea, a partire dai cittadini, al fine di fronteggiare ogni rischio “condiviso” con senso di responsabilità individuale non meno che collettiva.
Su tutto questo il Rapporto abbonda di analisi e proposte. Data la necessità, per esempio, che i cittadini europei siano pronti ai grandi rischi, si deve curarne persino la “tenuta psicologica, la salute mentale e la capacità a lungo termine di resistere in un ambiente ad alto rischio e volatilità”. Devono infatti “mantenere la capacità di agire nei loro migliori interessi e di sostenere la risposta collettiva al disastro o all’avversità, rafforzando la resilienza sociale”.
Anche la UE dovrà pertanto attivarsi in pieno, persino assicurando che i singoli e le famiglie siano in grado di sostenersi da soli per “almeno 72 ore in caso di crisi distruttive”, ma anche garantendo loro adeguata formazione e informazione. Al riguardo, si raccomanda un rigoroso controllo delle nuove tecnologie della comunicazione (su cui la Commissione già finanzia l’European Digital Media Observatory, EDMO) attrezzando anche i singoli a destreggiarsi in materia. Per esempio, “la maggiore minaccia dei contenuti generati dalla IA non è solo di diffondere fra la gente delle nozioni false, ma addirittura che la gente finisca per dubitare della veracità di ogni informazione, compresa quella proveniente da fonti autorevoli”.
Per quanto riguarda invece il tema “partenariato pubblico-privato”, qui non c’è spazio per affrontarlo, salvo trascrivere un’asserzione in esordio: “Le crisi passate hanno dimostrato chiaramente che la preparazione e la capacità di reagire del settore privato sono indispensabili per assicurare la continuità delle essenziali funzioni sia di governo che a carattere sociale”. “Whole of society”, appunto, insieme a “whole of government”. Passando poi, per chiudere, alla difesa vera e propria (intelligence compresa), a parte constatare che Finlandia e Polonia sono i paesi con più scorte degli altri, sia consentito riassumere il tutto mediante tre asserzioni del Rapporto, peraltro precedute da numerose lodi a Mario Draghi per le sue proposte sulla competitività europea, ivi compresa la necessità di investire in armamenti a livello europeo, senza frammentarsi inutilmente tra rivali nazionali. E dunque:
“Un mercato unico per i prodotti e i servizi della difesa sarebbe un importante passo in avanti”. “Oggi invece c’è un rischio reale di andare nella direzione opposta e di un’ulteriore frammentazione della difesa europea”. “Un finanziamento adeguato è precondizione vitale per dotare di una credibile preparazione e prontezza difensiva la UE e gli Stati membri”.
Buona lettura dunque, e davvero attenta, data la ricchezza di contenuti del Rapporto che in questa sede non è possibile ripercorrere. Ma con messaggi da non lasciarsi sfuggire. Tra gli altri: “Una NATO essenziale, ma più europea”. “Sussidiarietà nella UE certo, ma non mental blocs”. “Non esiste un piano preciso di cosa farà la UE nel caso di un attacco ad uno Stato membro”. “Il mondo intorno a noi non aspetterà che l’Europa sia pronta”.
Ma con almeno un dato di soddisfazione: Eurobarometro ha rilevato con i suoi sondaggi che il 77% per cento dei cittadini sostiene una comune politica di sicurezza e difesa della UE, mentre il 71% vuole che la UE faccia di più per la produzione di equipment militare.