Nel su ultimo libro Alberto Majocchi stabilisce uno stretto collegamento tra la necessità di tassare le emissioni di CO2 ai fini della salvaguardia ambientale e quella di dotare l’Unione Europea di un bilancio capace di alimentare uno sviluppo sostenibile e basato su risorse proprie.

La necessità di tassare le emissioni di carbonio ai fini della salvaguardia ambientale del nostro pianeta sta alimentando il dibattito scientifico e politico, in Europa e in America. L’opera più recente di Alberto Majocchi, European Budget and Sustainable Growth – The role of a Carbon Tax, pubblicata dall’editore Peter Lang, nella collana “Federalism”, a cura del Centro Studi sul Federalismo, ha il pregio di stabilire uno stretto collegamento teorico e politico tra questa necessità  e quella di dotare l’Unione Europea (UE) di un bilancio capace di alimentare uno sviluppo sostenibile e basato su risorse proprie.

Nella prima parte del libro, sulla politica fiscale nell’UE, l’autore illustra criticamente le complesse regole e strutture dell’Unione monetaria nonché le politiche attive che l’UE dovrebbe porre in essere per stabilizzare l’economia, orientandola, nel contempo, allo sviluppo economico e sociale.

Nella seconda parte si pone in luce l’insufficienza delle risorse finanziarie messe a disposizione del Bilancio dell’UE (Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020), assolutamente non all’altezza delle politiche attive che l’Unione dovrebbe attuare per uscire dall’attuale situazione di crisi e di declino, indirizzandole alla produzione di beni e servizi pubblici in grado di rilanciare la crescita, ridurre la disoccupazione, migliorare il welfare state e rispondere alle sfide della sicurezza interna ed esterna del Continente europeo.

Retrospettivamente, l’autore individua due passaggi importanti. Con il Fiscal Compact si è stabilita la necessità di imporre limiti quantitativi all’entità del deficit annuo di ogni Stato partecipante all’Unione Monetaria e conseguentemente si è affermato il principio che la crescita non si fa con la creazione di un nuovo debito.

Con il Piano Juncker siamo in presenza di un passaggio importante, la Commissione ritiene necessario uno shock fiscale a supporto degli investimenti, parallelo agli sforzi della BCE in campo monetario.

Ma secondo Majocchi non è possibile realizzare le politiche di investimento necessarie alla crescita e alla difesa del welfare europeo senza affrontare il problema delle nuove risorse necessarie, tema al quale dedica la seconda parte del suo libro.

Il finanziamento del bilancio europeo, secondo l’autore deve basarsi anche su nuove fonti di finanziamento. Tali fonti, nel complesso, dovrebbero essere costituite da:

  • la Tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), introdotta a livello europeo con regole comuni, allo scopo di evitarne l’elusione ed escludere la competizione tra gli Stati membri.
  • la Tassa sul valore aggiunto (IVA), costituita come risorsa propria del Bilancio dell’U.E. per una parte del suo gettito complessivo, rendendo così trasparente a livello europeo l’ammontare globale delle spese per consumi di beni e servizi nell’intera Eurozona;
  • la Tassa sul reddito delle imprese (corporate Tax), che impone la definizione di un livello minimo di tassazione per evitare la competizione fiscale fra Stati;
  • la Digital Tax che comporta la tassazione dei redditi prodotti dall’economia digitale, non sulla base della residenza dell’impresa, ma sull’ammontare dei ricavi prodotti dalla vendita di servizi in ciascuno Stato europeo.
  • La Carbon Tax, di cui Majocchi propone l’applicazione in Europa, sulla base delle emissioni di CO2 e di gas climalteranti nell’atmosfera di ciascun carburante fossile.

Su quest’ultimo punto l’autore risolve alcuni importanti problemi teorici. Il primo riguarda il “carbon pricing” e cioè la necessità di inserire nel prezzo del combustibile fossile anche il costo dell’inquinamento che esso genera. L’applicazione di un’imposta differenziata nella sua aliquota sulla base della quantità di gas che i diversi carburanti fossili producono (dal carbone, al gasolio, alla benzina, al gas metano, allo shale gas, ecc.) risolve il problema alla radice, con un’imposta di consumo del rispettivo carburante. La Carbon Tax rappresenta la leva più semplice per ridurre l’emissione di CO2 e di gas ad effetto serra nell’atmosfera, correggendo il ben noto fallimento del mercato nella difesa della qualità dell’ambiente.  Nello stesso tempo, assicura alla UE il percepimento di gettiti fiscali molto consistenti, da destinare al finanziamento di determinati servizi e beni pubblici nell’interesse della collettività. A tal fine l’UE dovrebbe dar vita a un’Agenzia Europea per l’Ambiente e l’Energia, costituita secondo il modello della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) del 1951, dotata di poteri sovranazionali e mezzi finanziari adeguati. Sarebbe altresì possibile promuovere partnership con i Paesi e le imprese africani, dirette a sviluppare le infrastrutture energetiche in tali Paesi, solarmente ricchi, per promuoverne uno sviluppo economico endogeno. Per questa via si otterrebbe pure un contenimento delle spinte migratorie, radicando la popolazione sul proprio territorio.

Il secondo problema che l’autore risolve è quello della temuta perdita di competitività dei Paesi che applicano la Carbon Tax rispetto a tutti gli altri, dal momento che tale tassa aumenta il costo dei beni e dei prodotti e quindi li rende meno competitivi sul mercato internazionale.

Per evitare queste distorsioni nella concorrenza Majocchi propone di applicare la stessa Carbon Tax alla frontiera esterna dell’Unione sulle importazioni di beni e servizi provenienti da Paesi nei quali non esiste tale imposizione.

Una parte della Carbon Tax verrebbe, quindi, percepita a livello nazionale. La Carbon Tax nazionale, applicata con identici criteri da tutti gli Stati dell’UE, servirebbe a ridurre l’imposizione sui redditi d’impresa e da lavoro (tagliando il cuneo fiscale). La parte restante verrebbe erogata dagli Stati nazionali all’Agenzia (peraltro autorizzata a indebitarsi sul mercato) determinando così cospicui contributi di finanziamento dell’attività comune.

La terza valenza della proposta dell’autore è che, se realizzata, con il suo meccanismo semplice e lineare, la Carbon Tax rappresenterebbe un esempio e un modello per il mondo intero.

Non è un caso che una schiera d’importanti economisti degli Stati Uniti (cfr. testo qui sotto riportato) prenda netta e chiara posizione per l’applicazione di una Carbon Tax all’interno degli Stati Uniti e che tale proposta sia per molti versi speculare a quella dei federalisti europei.

 

  

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