Il 16 febbraio scorso, nell’aula di Strasburgo, sono stati approvati tre cruciali rapporti per il futuro dell’Unione europea: il Rapporto Bresso-Brok su “come migliorare il funzionamento della costruzione europea sfruttando il potenziale del trattato di Lisbona”, il Rapporto Verhofstadt sulle “possibili evoluzioni della struttura istituzionale dell’Unione europea” e il Rapporto Berès-Bӧge sulla “capacità di bilancio della Zona euro”. Un’azione di tale portata del Parlamento europeo nel delineare una strategia per il futuro assetto istituzionale europeo non si vedeva dall’Atto Spinelli del 1984. 

I primi due Rapporti sono già stati illustrati nel nr. 6/2016 del nostro giornale. Il Rapporto Bresso-Brok, approvato dall’aula con 304 voti a favore, 255 contrari e 68 astensioni, indica le possibilità offerte dal trattato di Lisbona per aumentare l’integrazione fra i Paesi europei e irrobustire così il consenso verso l’Europa. In particolare: nel Consiglio, il voto a maggioranza qualificata dev’essere notevolmente ampliato e le sue configurazioni ridotte, mentre il Parlamento europeo deve avere un maggiore controllo. Ciò permetterebbe di procedere verso un vero parlamento bicamerale posto a controllo della Commissione. Sul piano delle politiche, invece, si chiede di completare l’unione bancaria, rendere più trasparenti le procedure dell’Uem, introdurre il Mes nel sistema istituzionale dell’Unione. Infine, si propone di mettere in piedi una Cooperazione strutturata permanente fra i Paesi disponibili al fine di avere un comando militare europeo unico.

Il Rapporto di Guy Verhofstadt, passato con con 283 voti a favore, 269 contrari e 83 astensioni, è in linea di continuità con il precedente e mira a cambiare a medio-lungo termine i trattati europei per rivedere la struttura stessa dell’Unione, nell’ottica della formazione di una Federazione europea. Fondamentale è la distinzione istituzionale fra Paesi membri della Zona euro (partecipano in pieno al metodo comunitario bicamerale) e gli altri Stati, che assumono la posizione di “associati”, godendo solo dei diritti e doveri legati al mercato unico. Parlamento e Consiglio devono avere diritto di iniziativa legislativa e il coordinamento di quest’ultimo viene garantito dal Consiglio europeo, che vede così ridotte le sue prerogative di organo principe dell’Unione europea. Si propone di riformare, poi, la Commissione europea, riducendone il numero di membri (ora 28, uno per Stato membro) e limitando i Vice-presidenti a due, uno per gli Esteri, l’altro per le Finanze. Ancora: istituzione di una capacità fiscale dell’Eurozona dotata di risorse proprie, tramite un codice di convergenza che prevenga il rischio di azzardo morale e gestita da un Ministro delle Finanze europeo, responsabile di fronte a una composizione dei rappresentanti nelle due Camere limitata ai Paesi dell’Eurozona. Infine: consentire riforme dei trattati con l’approvazione di almeno quattro quinti dei Paesi membri, aprendo così la strada a un’Unione europea sempre meno organizzazione internazionale e sempre più organizzazione statale.

Il Rapporto di Pervenche Berès e Reimer Bӧge, approvato con 329 voti a favore, 223 contrari e 83 astensioni, indica le fonti della “capacità di bilancio della Zona euro”: il Meccanismo europeo di stabilità, che diventerebbe nel tempo un Fondo monetario europeo e fondi del bilancio comunitario, con l’obiettivo di prevenire shocks asimmetrici. Cruciale, per l’ottenimento di trasferimenti da parte dei Paesi che ne avessero necessità, è il criterio di condizionalità, che richiede di adempiere al quadro di governance economica (Patto di stabilità e crescita e riforme strutturali). Infine, si propone di unire le posizioni di Presidente dell’Eurogruppo e Commissario agli Affari economici e monetari nel Ministro delle Finanze richiamato dal testo di Verhofstadt.

Il Parlamento europeo afferma, dunque, con questi tre rapporti un progetto chiaro, che apre il varco per un’Europa più efficiente e capace di rispondere ai bisogni dei cittadini europei. A breve termine, con le elezioni olandesi, francesi, tedesche (e forse italiane) alle porte, è probabile che maggiori appoggi li ottenga il testo di Bresso/Brok. Il campo della difesa dell’esistente è sempre di più uno spazio vuoto, il Parlamento apre la battaglia per l’elezione europea del 2019, modellando posizioni politiche e partiti europei. Lo mostrano le discussioni nel Parlamento europeo, ma lo mostrano altrettanto, fra le altre, le elezioni francesi. Resta da vedere se saranno i federalisti o i nazionalisti a vincere questa battaglia. Il 25 marzo avremo una prima risposta, nel palazzo, ma anttche nelle piazze.

  

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