Negli ultimi anni il tema della difesa europea è ritornato in auge, sia per la grave instabilità nelle aree vicine all’Unione sia per gli ultimi attentati sul suolo europeo, come quello di Bruxelles, come pure per il disimpegno conclamato degli USA dall'area euro-mediterranea. Numerosi studi sono stati presentati ultimamente e tutti portano alla conclusione che è sempre più impellente per l'Europa dotarsi di una difesa comune.
Un altro modo di vedere il problema è di affrontarlo dal lato dei costi. In quest’articolo però non prenderemo in considerazione la questione dei costi della non-Europa della difesa, che, secondo alcuni studi, comporterebbero risparmi complessivi per i 28 Paesi UE che variano tra i 26 e 120 miliardi di euro l’anno, ma invece osserveremo come una difesa europea potrebbe aiutare a ridurre il debito pubblico dei Paesi membri dell'UE, in particolare quello italiano, che è il più alto in rapporto al PIL, dopo la Grecia.
Domenico Moro, nel documento “La vera riforma: modello europeo di difesa e debito pubblico (il caso dell'Italia)” (documento di lavoro portato all'Ufficio del dibattito MFE di Genova 2016 scaricabile dal sito www.mfe.it, ndr) prende in esame due ipotesi di modelli di difesa. Il primo, basato sul sistema federale americano, il secondo proposto dal Consiglio Europeo di Helsinki del 1999 che prevede la creazione di una “Forza di intervento rapida europea”. Per entrambi i due casi sono riportati le possibili riduzioni in termini di debito pubblico sul prodotto interno lordo nazionale e i tempi di questa riduzione.
Per quanto riguarda il primo modello va osservato che la creazione dell'esercito federale americano, come lo conosciamo oggi, è il risultato di un lungo processo storico. Fino alla fine del XIX secolo e l'inizio del '900 l'esercito americano dipendeva prevalentemente dagli Stati membri della Federazione. Il salto verso una maggiore centralizzazione delle forze armate avvenne sia per motivi di politica estera, come la partecipazione degli USA ai due conflitti mondiali, sia per motivi di economia di scala dovuti all'innovazione tecnologica in campo militare che ne seguì. Attualmente il 79% della difesa americana è federale e il restante 21% statale. Nel caso in cui l'Europa dovesse scegliere questa strada, almeno inizialmente, si potrebbe ipotizzare una ripartizione in base alla quale circa il 50% della difesa sarebbe europea e il restante 50% nazionale.
Per quanto riguarda la scelta tra i due modelli, nel caso della creazione di una “forza d'intervento rapida europea” con una consistenza pari a 180.000 uomini, l'Italia dovrebbe, per la sua parte, investire 2,6 miliardi a livello europeo per spese del personale e mettere a disposizione strutture e mezzi per un valore di 25 miliardi di euro. Invece, nel caso di una difesa europea integrata secondo il modello americano, Domenico Moro, unendo il progetto dell'ex-ministro francese Thierry Breton riguardante la creazione di un Meccanismo Europeo di sicurezza e difesa, con la proposta dell’European Redemption Fund (*), mostra come l'Italia vedrebbe ridursi il proprio debito pubblico di 510-520 miliardi entro il 2035. Si passerebbe quindi dall'attuale 133% di PIL sul debito (dati 2015) a un quasi incredibile 59%! Nel caso invece si scegliesse l'ipotesi minimale della “forza d’intervento rapida”, la riduzione sarebbe meno significativa e si attesterebbe, tenuto conto del potenziale di crescita del PIL da qui al 2035, ad un 73% di incidenza del debito sul PIL. In ogni caso saremmo in presenza di riduzioni significative di spesa per il bilancio nazionale, con conseguente liberazione di risorse finanziarie.
Ovviamente vanno prese in esame anche le questioni che riguardano il controllo politico e democratico delle future forze armate europee. E la stessa cosa si può dire per tutto ciò che comporta una maggiore integrazione nel campo della sicurezza, come ad esempio la questione dell'intelligence europea. Difesa, risorse e democrazia europea sono problemi connessi tra loro. Per una difesa europea servono capacità fiscali proprie dell'Unione e un controllo democratico da parte del Parlamento europeo: insomma serve la Federazione Europea. L’alternativa è che si aumentino gli armamenti dei singoli stati nazionali. In sintesi senza una difesa europea si aprono due scenari possibili: o un’Europa indifesa (visto anche il progressivo disimpegno americano) e inefficiente oppure il riarmo degli stati nazionali europei, tra cui in particolare quello tedesco, con costi e diseconomie di scala maggiori.
(*) Proposta avanzata da esperti economici tedeschi secondo la quale gli stati dovrebbero conferire in un fondo unico europeo una quota del proprio debito corrispondente alla parte di esso eccedente il 60% del Pil. Il fondo, a sua volta, trasformerebbe i titoli nazionali in titoli europei, emettendo sul mercato nuove obbligazioni per una durata massima di 20-25 anni, che, con ogni probabilità, potranno godere di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi della periferia.