Uno dei modi attraverso i quali si dà valore al federalismo è quello di sottolineare la sua capacità di consentire la realizzazione dell'unità nella diversità (ossia poter avere la forza dell'unità nel rispetto della diversità).
Nel mondo le modalità attraverso le quali gli esseri umani hanno definito le strategie che consentono al proprio gruppo di appartenenza di avere le maggiori possibilità di sopravvivere nel tempo sono appunto molto diverse tra loro. Può essere interessante conoscere come, ad esempio, ciò sia stato fatto in alcune etnie africane.
In una di queste la scelta del partner per la vita avviene in un periodo rituale durante il quale le ragazze (sono loro a scegliere) provano (in termini di rapporti sessuali) molti possibili compagni. Al termine del periodo rituale viene compiuta la scelta del compagno di vita. Non essendo possibile stabilire di chi sia il primo figlio che nasce esso viene adottato da tutto il villaggio. I figli successivi saranno invece della coppia.
In Etiopia esiste una etnia nella quale l'innamoramento è considerato una malattia da curare e se dei giovani si innamorano viene coinvolto lo sciamano per guarirli.
In alcuni paesi africani (ad esempio il Camerun) l'omosessualità è un reato. Anche in questo caso la cosa ha a che fare con la probabilità maggiore di sopravvivenza del gruppo.
Non vale la pena di spiegare come mai nei paesi più evoluti in termini di probabilità di sopravvivenza della prole non vi sia più bisogno di certe strategie (anche se l'effetto tendenziale rischia di portare ad una esagerata contrazione delle nascite).
Questi esempi particolari e tutti riguardanti l'Africa servono per mettere in evidenza come gli esseri umani organizzati si preoccupino da sempre di mettere in campo strategie per garantire al massimo la propria sopravvivenza nel tempo.
Se ci spostiamo in Asia vediamo come, ad esempio in Cina, stante la grande numerosità della popolazione, mentre da un lato si sono affermate leggi sul controllo delle nascite, dall'altro la cultura stratificata nel tempo di quel popolo privilegia nettamente il beneficio della comunità su quello del singolo che è facilmente sacrificabile.
Sappiamo infine anche come, in uno stato federale, possano coesistere notevoli differenze culturali, religiose, linguistiche, etiche (si pensi, giusto per dare uno sguardo anche al continente americano, ad esempio, al fatto che negli USA ci sono stati in cui vige la pena di morte ed altri dove non è prevista).
D'altra parte, essendo oggi ormai il pianeta un villaggio e il genere umano una comunità di destino, sarebbe ragionevole che tutti si dedicassero all'adozione di strategie adeguate per garantire la sopravvivenza dell'intero genere umano, pur nel rispetto di tutte le diversità.
Certamente la pandemia da Covid 19 ha contribuito in modo decisivo a far capire che siamo in questo nuovo contesto storico e le opportunità che derivano da questa novità rappresentano, in particolare per gli europei, un'occasione storica da non lasciarsi sfuggire.
Una serie di eventi convergono: 1) la pandemia ha portato ad una crisi simmetrica nel mondo (nessuno quindi si salva da solo); 2) gli USA hanno messo in atto la exit strategy dall'Afghanistan (gli europei dovrebbero capire – si spera una volta per tutte – che devono costruire una politica estera, di sicurezza e di difesa comune); 3) nel programma del nuovo governo tedesco è esplicitato l'obiettivo di costruire uno stato federale europeo, anche attraverso lo strumento della Conferenza sul futuro dell'Europa; 4) è stato firmato a Roma il Trattato del Quirinale tra Francia e Italia; 5) finalmente è in campo, con la Conferenza sul futuro dell'Europa e con la piattaforma sulla quale ogni cittadino può intervenire, uno strumento di partecipazione democratica senza precedenti che potrebbe contribuire a dare la spinta alle scelte decisive e non più procrastinabili che l'Unione deve fare nella direzione del completamento del suo percorso di costruzione della Federazione Europea.
Si tratta, come federalisti, di utilizzare al meglio questa finestra di opportunità, anche consapevoli che potrebbe essere l'ultima, almeno in questa fase storica. Ecco perché è importantissima la campagna che stiamo conducendo per la massima valorizzazione delle nostre idee sulla piattaforma, per la mobilitazione sul territorio, attraverso le 100 assemblee dei cittadini e tutti gli eventi che possiamo collegare alla piattaforma stessa. Questi mesi possono essere decisivi per ottenere un grande risultato.
Ma il titolo di queste riflessioni comprende anche un altro argomento. La questione dell'unità nella diversità può essere considerata anche all'interno del MFE. Anche tra noi, che pure siamo tutti federalisti, esistono differenze di personalità, di sensibilità, di competenze, di opinioni, di possibilità e/o di capacità di impegnarci per il comune obiettivo.
E nel MFE il grande insegnamento di Hamilton che sosteneva che “l'unica garanzia di fedeltà del genere umano sta nella coincidenza dell'interesse con il dovere” non ha possibilità di essere applicato con successo. Cioè non è possibile, in un movimento di volontari e di militanti, costruire un modello organizzativo che consenta di sfruttare la coincidenza dell'interesse personale con il dovere per ottenere il massimo da ciascuno. Questa operazione è teoricamente possibile nei luoghi di lavoro, ma anche lì, in tutti i casi in cui occorre che gli interventi che si fanno portino con sé un grado significativo di convinzione, senza di questa non si ottengono grandi risultati.
Inoltre, nel caso del MFE, bisogna tener conto della sua diversità rispetto ad altri gruppi umani organizzati, istituzionali o meno, almeno per il fatto che si batte per un potere che non c'è senza peraltro volerlo occupare una volta che si sarà realizzato. Nel MFE si può quindi contare solo sulla buona volontà e sulla responsabilità degli iscritti e, soprattutto, dei militanti. Questo è l'unico capitale di cui disponiamo.
Finora il MFE ha sempre dimostrato grandi capacità di mobilitazione, sia interna che esterna, nei momenti topici nei quali si è sviluppata un'azione unitaria.
Per molti decenni nel passato il MFE si è retto su una leadership carismatica (prima quella di Spinelli e poi quella di Albertini). Adesso la sfida è quella di passare da una leadership carismatica ad una leadership partecipativa superando il passaggio (o il rischio) di sostituire una leadership carismatica con una leadership “autoritaria”. Questa operazione non può essere condotta senza che cresca il senso di responsabilità di tutti.
D'altra parte, per quanto detto più sopra, è importantissimo fare in modo che ogni federalista possa sentire il MFE come la sua casa e che i talenti e l'impegno di tutti possano essere valorizzati in modo che quanto facciamo sia nella massima sinergia anche rispettando, appunto, le diverse sensibilità e attitudini di tutti (unità nella diversità).
Per consolidare questo percorso interno abbiamo un po' di tempo davanti e qui mi limito a confermare la mia volontà in questa direzione e a chiedere un po' di impegno e di responsabilità da parte di tutti coloro che hanno a cuore il MFE e la battaglia politica rivoluzionaria che le donne e gli uomini che ne fanno parte oggi come coloro che vi hanno dedicato le loro energie in passato hanno perseguito con tenacia e lungimiranza per tanti anni.
Adesso però è il momento di agire tutti insieme e di mobilitarsi come se lo facessimo per una grande manifestazione di piazza, come fosse Milano '85 o la March for Europe di Roma del 2017. L'unica differenza è che tutti gli eventi che organizziamo devono poter confluire nella piazza virtuale della piattaforma. E' lì che dobbiamo condurre i nostri militanti, i nostri iscritti, i cittadini che ci sostengono, le associazioni, le istituzioni locali, i sindacati, le forze politiche, ecc.
Crediamoci!