Il Partito repubblicano, tutt’ora assestato sulle posizioni estreme di Trump, cavalca il malcontento, e per il momento il Presidente Biden non è riuscito a riunire il paese

A più di un anno dall’assalto a Capitol Hill, che ha portato ad accuse a più di settecento manifestanti, gli Stati Uniti non paiono aver fatto passi avanti per uscire dalla situazione di crisi democratica in cui si trovano. I sondaggi più recenti rivelano un’opinione pubblica sempre più polarizzata. Secondo una rilevazione della Cbs, l’85% dei democratici ricorda il 6 gennaio 2021 come un’insurrezione, contro il 21% dei repubblicani, mentre Associated Press-Norc Center for Public Affairs Research rileva che solo quattro repubblicani su dieci parlano del 6 gennaio come di un episodio violento. La spaccatura non è solo di appartenenza politica o di giudizio sull’operato dell’ex Presidente Trump ma su svariati argomenti come il controllo delle armi, il ruolo della Corte Suprema, le tasse, la difesa dell’ambiente, le relazioni con le minoranze, i pericoli per la democrazia e il processo elettorale. In modo paradossale, alcuni argomenti su cui l’opinione pubblica ha una visione condivisa sono invece quelli che dividono i partiti in Congresso: l’aumento della tassazione per i cittadini più ricchi, il miglioramento della copertura sanitaria e delle infrastrutture sociali. Sono motivo di preoccupazione per la stabilità democratica anche il 28% degli intervistati dalla Cbs, che ritiene che la forza possa essere utilizzata per difendere il risultato di un’elezione, e il 34% del campione che ha dichiarato al Washington Post che un’azione violenta contro il governo può a volte essere giustificata. Mentre per i due terzi degli intervistati della Cbs la democrazia americana è minacciata e l’assalto al Campidoglio è stato solo l’inizio di una crescente violenza sulla scena politica. Nel frattempo, l'”orgoglio” degli americani per la loro democrazia è diminuito dal 90% al 54% in vent’anni.

Nel contempo Trump, che continua a godere di un’impressione favorevole della maggioranza degli elettori repubblicani, e i suoi più fedeli sostenitori continuano a sostenere l’idea di brogli che hanno determinato la sua sconfitta elettorale. Un’opinione diffusa tra il 57% degli elettori repubblicani nonostante le evidenti prove che le elezioni si sono svolte in maniera regolare. Il Partito repubblicano continua a sostenere la leadership di Trump, mentre i membri che non supportano la sua linea politica tendono ad essere marginalizzati come è successo agli unici due repubblicani che lavorano alla commissione del Congresso incaricata di indagare sull’assalto a Capitol Hill. La Commissione dovrebbe iniziare in primavera una serie di audizioni e potrebbe chiamare anche l’ex Vicepresidente Pence o lo stesso Trump. Inoltre è ora in procinto di esaminare i documenti che riguardano l’azione dell’ex Presidente prima e durante la giornata del 6 gennaio, documenti su cui Trump aveva invocato il privilegio presidenziale e chiesto il giudizio della Corte Suprema, che ha respinto la sua richiesta di mantenerli segreti. Il presidente della commissione Bennie Thompson ha dichiarato che l’assalto non è stato un’azione casuale di forze estremiste ma uno sforzo coordinato per minare le elezioni e la tenuta democratica con il coinvolgimento di rappresentanti politici e poteri economici. Tra questi alcuni membri dello staff presidenziale come Mark Meadows e Steve Bannon, accusato di oltraggio al Congresso, mentre alcuni funzionari del Dipartimento di Giustizia sono stati citati dalle aziende produttrici delle macchine usate nelle votazioni per aver diffuso insinuazioni sui brogli.

Per cercare di riavvicinare i due poli in cui è divisa la popolazione, il Presidente Joe Biden durante la commemorazione del 6 gennaio ha accusato il suo rivale, senza farne il nome, di aver tentato di rovesciare la democrazia, anteponendo i suoi interessi alla volontà popolare. Ha espresso la preoccupazione che paesi come Cina e Russia abbiano forti interessi perché gli Usa abbandonino via via il sistema democratico e ha invitato i cittadini a restare uniti in difesa della democrazia. Un invito che per ora non ha avuto riscontro anche perché molti esponenti repubblicani hanno evitato le manifestazioni ritenendole troppo politicizzate.

Un ruolo preminente nella diffusione di false notizie e nel fomentare le proteste lo hanno avuto i messaggi sui social network, che ora hanno preso provvedimenti eliminando molti profili riconducibili ad organizzazioni sovversive, estremiste e razziste. Questo non ha però fermato la loro azione, i movimenti si sono progressivamente adattati trovando o creando nuove piattaforme per diffondere il loro messaggio, mischiandosi alla corrente principale della politica repubblicana e appoggiandosi a canali televisivi simpatizzanti. Lo stesso Trump ha raccolto ingenti finanziamenti per il suo nuovo social network Truth. Nel frattempo i legislatori repubblicani in diversi stati hanno cercato di far approvare leggi che limitano il diritto di accesso al voto con modifiche ai distretti elettorali e la trasformazione delle commissioni che conteggiano le schede in affiliazioni repubblicane.

Risulta evidente che una parte di società non si riconosce più nell’America contemporanea e nelle forze che sono il motore del Paese. Se il Partito repubblicano prosegue nell’appoggio di questa minoranza, il rischio è di minare sempre di più la fiducia nelle istituzioni e la competitività del sistema americano. I repubblicani che al momento sono in minoranza sperano così di recuperare consensi in vista delle elezioni di mid-term di novembre e delle presidenziali del 2024. Il rischio si riflette anche sulle democrazie liberali europee e del resto del mondo. Secondo Freedom House, per la prima volta dal 1974 i paesi che hanno abbandonato la democrazia sono stati più numerosi di quelli che l’hanno adottata nell’ultimo quinquennio. L’illusione che la diffusione dell’economia di mercato avrebbe sviluppato una classe media che avrebbe poi rivendicato anche le libertà politiche si è rivelata vana già a partire dall’esempio cinese. I paesi democratici europei dovrebbero guardare a quanto sta accadendo negli Usa per comprendere che solo creando una democrazia a livello sovranazionale possono mantenere le libertà democratiche conquistate.

 

  

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