Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Jean-Luc Mélenchon

Per comprendere il contesto in cui si apre la nuova legislatura e valutare quale possa essere la natura dei suoi orientamenti rispetto al futuro dell’Europa, è opportuno soffermarsi un attimo sui risultati delle elezioni legislative concluse il 19 giugno[1].

La coalizione presidenziale Ensemble! con cui si è presentato il partito di Emmanuel Macron La République en marche (LREM) insieme ad altre due forze di centro, ha ottenuto 246 seggi senza riuscire a raggiungere la maggioranza assoluta di 289 deputati. Con circa 150 seggi in meno rispetto al 2017, LREM esce fortemente indebolito dalla prova elettorale, perdendo fra l’altro figure influenti del partito, incluse le ministre della sanità e della transizione ecologica, che non hanno passato il secondo turno delle legislative.

L’alleanza di sinistra “Nouvelle union populaire écologiste et sociale” (Nupes) creata all’indomani delle presidenziali, per iniziativa del partito di Jean-Luc Mélenchon La France Insoumise (LFI), insieme al partito socialista (PS), ai Verdi (EELV), al partito comunista francese (PCF) e a Générations, ha ottenuto 131 seggi, piazzandosi seconda dopo la coalizione presidenziale. La strategia di unire le forze ha permesso di accedere al secondo turno a dei partiti che, numericamente inferiori, non sarebbero riusciti a passare il primo turno rischiando di ritrovarsi con pochi, o addirittura senza, deputati all’Assemblée nationale (la camera bassa del Parlamento). Così dopo lo scrutinio di domenica i componenti della Nupes vedono crescere il numero dei propri deputati rispetto al 2017 (+55 LFI, +22 i Verdi, +2 il PCF), ad eccezione del PS che ha comunque ottenuto un risultato soddisfacente considerato l’esito disastroso delle presidenziali.

Allarmante è l’ascesa del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, che dopo aver messo fuori gioco al primo turno le altre forze di estrema destra (in particolare “Reconquête” di Eric Zemmour), passa da 8 a 89 seggi rispetto alla scorsa legislatura, diventando il secondo partito dopo LREM. L’ingresso massivo dei deputati di RN in Parlamento segna una rottura con la tradizione del cosiddetto “fronte repubblicano”, ovvero la consuetudine praticata da tutte le altre forze politiche ad ogni tornata elettorale, che consiste nel chiamare i propri elettori a fare blocco contro l’estrema destra, votando qualsiasi altro partito politico le si contrapponga. Meccanismo che ha funzionato anche al secondo turno delle presidenziali di aprile, in cui anche gli avversari di Emmanuel Macron, hanno fatto appello ai propri elettori per impedire l’elezione di Marine Le Pen.

Infine, come prevedibile dopo la sonora sconfitta della candidata presidenziale, il partito conservatore Les Républicains (LR) vede i propri seggi quasi dimezzati rispetto al 2017, passando da 112 deputati a 61 nel nuovo emiciclo.

Per tirare le somme, come già osservato alle presidenziali, il partito di Emmanuel Macron rimane il primo partito e detiene la maggioranza relativa, nonostante la forte perdita di consensi rispetto al 2017. Le forze sovraniste crescono ai due estremi, con in testa la destra di Marine Le Pen che sfonda il “fronte repubblicano”. A sinistra restano deboli il PS e i Verdi, che hanno sacrificato la propria vocazione europeista per aderire alla linea della “disobbedienza” della Nupes. La politica e i partiti che la abitano continuano a perdere credibilità agli occhi degli elettori, soprattutto i più giovani, che numerosi scelgono l’astensione (circa il 54%).

Il nuovo scenario politico in cui il Presidente della Repubblica ed il governo si ritrovano indeboliti, getta un velo di pessimismo riguardo al ruolo della Francia a livello europeo, in un momento in cui si discutono questioni cruciali per il futuro dell’Europa.

Infatti il 9 maggio, alla cerimonia di chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa, forte della rielezione all’Eliseo, Emmanuel Macron aveva affermato la necessità di riformare l’UE per renderla più democratica e per migliorarne la capacità decisionale, dicendosi favorevole alla convocazione di una Convenzione incaricata di riformare i trattati. Prospettiva alla quale un blocco consistente di paesi europei ha reagito già poche ore dopo opponendosi fermamente.

Nella stessa sede, Emmanuel Macron aveva accennato ad una nuova organizzazione del continente attraverso una “comunità politica europea”, ovvero uno spazio di cooperazione aperto a tutti i paesi che condividono i valori europei. Essa accoglierebbe quei paesi desiderosi di raggiungere l’UE senza necessariamente voler diventarne membri, e al contempo gli Stati che invece intendono candidarsi all’adesione.

Questa la proposta discussa al Consiglio europeo del 23 giugno, durante il quale si è anche deciso di accordare lo status di paesi candidati all’Ucraina e alla Moldavia. Invece, nessuna traccia della Convenzione e del suo mandato, nelle conclusioni del Consiglio. 

Se Emmanuel Macron, riuscirà o meno a trovare a livello nazionale l’appoggio per andare avanti con la proposta di una profonda riforma dell’UE, dipenderà essenzialmente dalla composizione e dalla natura delle alleanze che nasceranno nel nuovo emiciclo. Fatto che suona del tutto normale nel contesto italiano, ma non in Francia dove, salvo rare eccezioni, il presidente della Repubblica ed il primo ministro governano sostenuti da una solida maggioranza all’Assemblée nationale.

In un contesto del genere e all’indomani dello scrutinio, è forse prematuro ipotizzare quali saranno le dinamiche e gli equilibri della nuova legislatura, ma può essere utile fornire una panoramica delle posizioni dei membri del nuovo Parlamento rispetto ad una riforma dell’UE per dare seguito alla Conferenza sul futuro dell’Europa.

A destra è altamente improbabile che il sostegno per questo tipo di riforme venga da parte dei conservatori di Le Républicains. Dal canto suo il RN di Marine Le Pen, potrà contare sui suoi 89 deputati per fare opposizione a qualsiasi iniziativa pro-europea.

Più incerto è prevedere l’atteggiamento dei partiti di sinistra eletti nella coalizione Nupes, alcuni dei quali tradizionalmente favorevoli alla costruzione europea, ma uniti sotto un programma ambiguo per molti aspetti ed in particolare riguardo all’Europa. Infatti se nel capitolo dedicato all’Europa del programma comune Nupes, la proposta politica è essenzialmente focalizzata sul discorso sovranista della “disobbedienza” al diritto europeo, caro a Jean-Luc Mélenchon, qualche paragrafo più in basso, si ritrova il proposito di “dare una scossa di democrazia convocando una Convenzione europea per la revisione e la riscrittura dei trattati europei”. Considerato però che i componenti della Nupes hanno già respinto la proposta di Jean-Luc Mélenchon di formare un gruppo parlamentare comune, facendo intendere che opteranno per la formazione di gruppi autonomi sulla base del proprio partito di appartenenza, si può supporre che il PS e i Verdi ritroveranno il loro convinto europeismo. Da notare, che nel programma delle presidenziali, i Verdi esponevano il progetto di costruire un’Europa federale attraverso la convocazione di un’assemblea costituente, delineandone già il mandato.

Così, con una vena di ottimismo si potrebbe azzardare l’ipotesi della formazione di una maggioranza europeista “ad hoc” sul tema della riforma delle istituzioni europee, in cui il PS e i Verdi appoggiano la coalizione presidenziale, raggiungendo per un filo la maggioranza assoluta. Tuttavia, avendo ancora fresca in mente l’animosità dei dibattiti che hanno contrapposto i candidati delle forze politiche in questione durante la campagna elettorale appena conclusa, la creazione di una simile alleanza europeista appare inverosimile. 

In questo clima di incertezza, al quale si somma il ritratto restituito dall’elettorato francese, di una società politicamente sempre più frammentata, fino a che punto si potrà contare sul peso politico di Emmanuel Macron per convincere, a fianco di Italia e Germania, gli altri paesi ad avviare i lavori di una convenzione per la costituzione di un’Europa federale?

Non resta che attendere e sperare in evoluzioni positive verso un nuovo equilibrio politico transalpino.


[1] I risultati riportati si basano sulle informazioni ufficiali fornite dal Ministero degli Affari Interni. Nel caso di alcuni partiti, il risultato non è ancora definitivo, potrebbero esservi delle leggere variazioni comunque non rilevanti per l’articolo in oggetto.

 

 

  

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