E' ormai tra i dati consolidati in letteratura come, in una graduatoria dei bisogni fondamentali degli esseri umani, tra le priorità assolute si trovino sempre il bisogno di acqua e cibo, la sicurezza della propria incolumità e la salute. Queste priorità vengono prima anche del desiderio di libertà. Non solo questi bisogni fondamentali sono riconosciuti tali dalla stragrande maggioranza delle persone (se esplicitamente interrogate), ma i comportamenti di ognuno confermano l'esistenza di queste priorità anche sul piano concreto (in termini micro).

 Potrebbe quindi apparire incomprensibile (e forse lo sarebbe per un'ipotetica intelligenza esterna che osservasse il comportamento umano in termini macro) come mai il genere umano stia alacremente lavorando per la propria autodistruzione.

Il federalismo europeo organizzato è nato con il riferimento di valore della pace. L'affermazione di questo valore risponde al bisogno fondamentale della sicurezza della propria incolumità. Questo infatti è vero non solo nel caso particolare in cui la guerra sia in atto nel proprio ambiente di vita (in questa eventualità è evidente come essa metta a rischio l'incolumità personale di ciascuno), ma anche nel caso in cui le sue conseguenze – ad esempio legate ad una escalation del conflitto – comportino rischi propri pur se il conflitto è in atto lontano dal proprio ambiente di vita.

Già durante la seconda guerra mondiale l'idea che la guerra fosse stata determinata, in ultima istanza, dalla logica perversa della ragion di stato e che occorresse superare la divisione dell'Europa in stati nazionali “sovrani” (che peraltro della loro sovranità avevano già allora soltanto il ricordo, oppure l'illusione) per evitare al popolo europeo nuove guerre ha portato alla nascita del federalismo e del MFE di Spinelli. Successivamente Albertini ha teorizzato come la pace fosse l'aspetto di valore del federalismo.

Nel 2022, con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il tema della pace da riconquistare e salvaguardare una volta per tutte è tornato ad essere di grande attualità come valore da perseguire e la guerra in Ucraina ha dimostrato come la presenza degli stati nazionali sia di per sé motivo di pericolo dopo decenni di “tregua” sul continente europeo ottenuta anche grazie al processo di unificazione europea. La guerra in Ucraina e la minaccia di una sua escalation nucleare non solo miete vittime tra gli europei e danneggia il benessere dei cittadini dell'UE, ma rende precaria la loro sicurezza.

 Rimane quindi decisiva la lotta per la Federazione europea (intesa come primo passo verso la Federazione mondiale) per sconfiggere definitivamente il pericolo della guerra.

Ma vi sono altre “guerre” in corso che mettono in pericolo gli altri bisogni fondamentali prioritari. Esse sono altrettanto sanguinose e hanno portato alla consapevolezza non solo di come la terra sia ormai un villaggio globale, ma anche come l'umanità sia una comunità di destino. Queste “guerre”, tutt'altro che vinte, hanno contribuito ad aumentarne il senso di precarietà ed incertezza rispetto al futuro.

E' infatti ancora in corso la guerra al Covid che continua a mietere vittime e a causare disagi notevoli soprattutto nelle fasce di popolazione più deboli dal punto di vista della salute condizionando i comportamenti di tutti (sia in positivo che in negativo) e mantenendo alto un senso di precarietà per quello che riguarda il bisogno fondamentale di salute, anche nel timore di nuove possibili pandemie.

L'altra guerra è quella messa in evidenza dall'estate appena trascorsa che ha mostrato con chiarezza la presenza del fenomeno del riscaldamento globale con i suoi sconvolgimenti climatici (già in corso da decenni, ma rimasti un po' più sotto traccia finora) che mette in pericolo, in una prospettiva non troppo lontana, la certezza di disporre in futuro di acqua (e di cibo) per tutti. La guerra contro il riscaldamento globale (così come quella al Covid) è anch'essa ben lungi dall'essere vinta e si inquadra in quella più ampia e generale per la salvaguardia dell'ambiente e degli equilibri ecologici.

Insomma le tre guerre stanno mettendo a dura prova la capacità di resilienza del genere umano ed in particolare degli europei, anche perché, appunto, sono tutte ancora in corso e tutte dagli esiti assai incerti e con possibili evoluzioni catastrofiche.

In tutto questo si comprende come la necessità di completare il processo di unificazione europea attraverso la creazione di una vera Federazione e di avviare concretamente il cammino verso la Federazione mondiale sia sempre più urgente e di come la lotta che i federalisti stanno conducendo da molti decenni stia raggiungendo il suo momento decisivo.

Proviamo dunque ad analizzare la situazione attuale e le prospettive di azione dei prossimi mesi. In primavera, a valle della Conferenza sul futuro dell'Europa, il Parlamento europeo ha chiesto la convocazione di una Convenzione per la riforma dei trattati. La Commissione ha accolto questa prospettiva ed alcuni leader di importanti paesi (Macron, Draghi, Scholz) hanno messo sul tavolo questa opzione nel Consiglio europeo di giugno senza tuttavia forzare la mano essendoci una maggioranza risicata di paesi disponibili a procedere. Almeno questo sarebbe successo secondo alcuni (secondo altri non c'era una maggioranza e non si è voluto creare una rottura in quel momento). Il percorso avrebbe potuto riprendere in autunno. La crisi del governo italiano guidato da Mario Draghi e l'avvento del governo di centrodestra in Italia, sostanzialmente a guida nazionalista, ha prodotto un nuovo impasse e il Consiglio ha comunque rimandato la palla nel campo del Parlamento europeo che adesso dovrebbe scrivere un rapporto contenente proposte articolate per richiedere con maggiore forza l'apertura della Convenzione.

Nel dibattito sulle prospettive di azione che possono essere messe in campo, anche tra i federalisti, sia a livello europeo che italiano, si sono evidenziate valutazioni diverse sullo stato dell'arte e sulle cose da fare. Da un lato si pensa alla necessità di sostenere il Parlamento europeo attuale perché non rinunci alla battaglia che ha coraggiosamente cominciato a maggio indirizzata ad ottenere la convocazione di una Convenzione all'interno della quale far poi emergere l'eventuale rottura per andare avanti con chi ci sta. Dall'altro lato si pensa più utile concentrare le forze sulle elezioni europee e sulla possibilità che il prossimo Parlamento europeo possa assumere un vero e proprio mandato costituente.

E' chiaro che, nel primo caso, si pensa che si possa ancora sfruttare il risultato della Conferenza sul futuro dell'Europa con le richieste emerse dai cittadini indirizzate tutte nella direzione di un forte rafforzamento e di una democratizzazione delle istituzioni della UE; mentre, nel secondo caso, si ritiene che questa strada non sia percorribile.

In realtà queste due valutazioni hanno un significativo punto di convergenza che risiede nella valutazione del ruolo che il Parlamento europeo è ormai chiamato a svolgere nel processo. I governi nazionali continuano ad essere strumento ed ostacolo, ma il Parlamento è evidentemente l'istituzione più rappresentativa della volontà dei cittadini europei e questa volontà, attraverso il grande esperimento di democrazia partecipativa messo in atto con la Conferenza sul futuro dell'Europa, è adesso più chiara (e va nella direzione dell'unità politica) e maggiormente in connessione con lo stesso Parlamento europeo che ne deve trarre le dovute conseguenze ed assumere un ruolo chiave nelle prossime fasi del processo.

In questo momento quindi i federalisti devono sollecitare, sostenere ed incoraggiare il Parlamento europeo a condurre adesso la battaglia per la Convenzione. Se riuscirà avremo la possibilità che all'interno della Convenzione stessa maturino le condizioni per la riforma dei trattati in senso federale, anche attraverso una “rottura” tra i paesi avanzati e quelli restii. Se anche il Parlamento non riuscisse, il fatto stesso di essersi messo alla testa delle istanze dei cittadini europei ne rafforzerà il ruolo e questo potrà favorire una campagna elettorale per le prossime elezioni europee giocata sui temi del rafforzamento e della democratizzazione dell'UE e quindi consentire più facilmente al prossimo Parlamento europeo di condurre una battaglia costituente.

In questo lavoro a livello europeo possiamo contare anche sull'iniziativa del Gruppo Spinelli al PE il quale è costituito da una pattuglia di europarlamentari federalisti e che è adesso e per i prossimi mesi presieduto dal nostro Presidente dell'UEF, Sandro Gozi. A livello italiano dobbiamo cercare di costituire un analogo gruppo di deputati e senatori per l'Europa (se non proprio con il nome di Gruppo Spinelli) che sia in connessione formale con il Gruppo Spinelli al PE e che includa anche parlamentari della maggioranza attuale per sollecitare il parlamento e il governo italiani a tenere una linea di continuità con il precedente governo Draghi sul tema europeo. Questa azione deve essere poi accompagnata, a livello locale, dal coinvolgimento di tutti i nostri interlocutori consueti per rivendicare la convocazione della Convenzione per la riforma dei trattati e fare in modo che il Parlamento europeo non si senta solo in questa battaglia.

 

  

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