Come sono andati i gruppi politici a livello europeo? Chi ne è uscito rafforzato e chi con la ossa rotte? Di seguito i commenti gruppo per gruppo.

Partito Popolare Europeo: l’unico vero vincitore alle elezioni europee?

Il Partito Popolare Europeo, stando ai più aggiornati risultati delle elezioni europee, avrebbe ottenuto 189 seggi al Parlamento Europeo, ovvero 13 seggi in più rispetto alle elezioni svoltesi nel 2019. Osservando da vicino gli esiti del PPE nei singoli Stati, è difficile parlare di vittoria estesa e uniforme, quanto piuttosto di esiti eterogenei. 

Ad esempio, Polonia e Spagna sono gli unici stati in cui hanno stravinto partiti nazionali che appartengono al PPE: il Partido Popular ha ottenuto 22 seggi, 10 in più rispetto alle elezioni del 2019, mentre il partito polacco Koalicja Obywatelska ne avrebbe guadagnati 21, che insieme ai due seggi assegnati a Trzecia Droga, conferiscono 23 seggi al PPE, ben 6 in più rispetto alle elezioni precedenti. Il più significativo risultato è avvenuto in Ungheria, dove Fidesz, il partito nazionalista, conservatore ed euroscettico di Viktor Orbán che aveva ottenuto 12 seggi alle elezioni del 2019, ha lasciato il PPE nel 2021 per poi ottenere 10 seggi come partito non iscritto a nessun gruppo politico europeo nel 2024. Pertanto, gli otto seggi che il PPE ha ottenuto in queste ultime europee derivano da Tisza, nuovo partito più liberale e moderato, fondato da un ex-membro Fidesz e ora divenuto il maggiore oppositore di Orbán, Peter Magyar. La sconfitta più significativa del PPE è stata invece segnata dall’avanzata di partiti di estrema destra, che hanno raggiunto risultati molto positivi soprattutto in due degli stati con il maggior numero di seggi assegnati al Parlamento Europeo, la Francia, che conta 81 seggi e l’Italia, con 76 seggi assegnati. 

Per concludere, nonostante alcuni esiti negativi a livello nazionale, il PPE ha ancora una volta ottenuto il maggior numero di voti al Parlamento, ma non sarà facile portare avanti il proprio programma politico. Da un lato infatti, per costruire una maggioranza solida al Parlamento Europeo, deve mantenere rapporti con i gruppi liberali e di sinistra, come sta già facendo in fase di nomina delle alte cariche nelle istituzioni europee, e dall’altro non può non considerare l’avanzamento dei partiti di estrema destra, con cui dialogare risulta ora tanto più necessario, quanto più rischioso.

S&D: un gruppo politico in stallo

Il gruppo dell’alleanza progressista di Socialisti e Democratici ha ottenuto 136 seggi a fronte dei precedenti 139, stando agli ultimi risultati delle elezioni europee appena conclusesi. Anche in tal caso, come per l’analisi dei risultati del PPE, vi sono stati esiti eterogenei nei singoli stati membri. A livello nazionale, il gruppo di S&D ha ottenuto ben otto seggi in più rispetto alle elezioni precedenti grazie alla  Coalition Réveiller l'Europe in Francia. Sono emersi invece esiti negativi in stati come la Polonia, dove S&D, di cui fa parte Coalition Lewica, perde 5 seggi rispetto alle elezioni precedenti, la Bulgaria (con BSP/БСП Bulgarska sotsialisticheska partiy), dove ne perde 3, la Slovacchia dove S&D perde tutti i tre seggi che erano stati assegnati dall’alleanza dei partiti SMER - Sociálna demokracia nel 2019. SMER,  il partito del premier Fico, è stato infatti espulso da S&D nell’ottobre 2023, non solo per aver deciso un’alleanza di governo con l’estrema destra slovacca, ma anche per le sue posizioni in merito alla guerra in Ucraina, alla migrazione e allo Stato di diritto, ritenute incompatibili con i valori progressisti della famiglia dei socialisti e democratici. 

Da una prospettiva più ampia, gli esiti delle ultime europee sembrano confermare quelli delle precedenti elezioni per il gruppo S&D, entrato ormai in una fase di stallo. Uno stallo dovuto alla sempre più marcata crisi di identità della socialdemocrazia europea, così come l’indebitamento degli stati nazionali, incapaci di fornire politiche sociali adeguate ai propri cittadini. 

In conclusione, S&D rappresenta nuovamente il secondo più importante gruppo all’interno del Parlamento Europeo per numero di seggi attribuiti, pertanto il suo ruolo non è indifferente. La sua voce ha contato particolarmente lunedì 17 giugno durante una riunione informale tra i 27 capi di stato e di governo dei paesi membri per concludere accordi in merito alla nomina delle più alte cariche nelle istituzioni europee. I leader appartenenti al gruppo S&D infatti non hanno accettato la proposta dei leader PPE, che, dopo aver già chiesto di eleggere nuovamente Von Der Leyen alla Commissione Europea e Metsola al Parlamento Europeo (entrambe esponenti del PPE), avrebbero proposto al gruppo S&D di dividere il mandato della presidenza del Consiglio Europeo. Gli esponenti di S&D non avrebbero accettato la proposta, dal momento che era il loro turno nella nomina della presidenza del Consiglio, e avrebbero bloccato il dibattito.

Renew, un grande sconfitto

Con i suoi 74 seggi attuali, contro i 102 della legislatura precedente, Renew Europe rappresenta il grande sconfitto tra i gruppi presenti nel Parlamento Europeo. La sua flessione è stata addirittura oltre il 4% dei seggi dal 2019 (14,46%) ad oggi (10,28%).

Andando ad esaminare la situazione dei partiti afferenti a Renew in giro per l’Unione, notiamo intanto che qui in Italia Stati Uniti d’Europa, coalizione comprendente +Europa, Radicali Italiani e Italia Viva tra gli altri, e Siamo Europei (Azione e Nos) non hanno convinto gli elettori, non riuscendo a conquistare neanche un seggio europeo e dovendo fare i conti con lo sbarramento del 4%.

Recentemente Renew ha perso anche 7 seggi conquistati dal partito di Andrej Babiš in Repubblica Ceca, staccatosi perché non condivide le posizioni apertamente federaliste assunte dal gruppo. Anche il passaggio degli europarlamentari di Volt (tre eletti in Germania e due nei Paesi Bassi) in Renew è sfumato: il partito paneuropeo ha confermato in questi giorni che rimarrà al fianco dei Greens, come per la scorsa legislatura. 

Il 25 giugno è stata rieletta Valérie Hayer al vertice del gruppo. Renaissance, il partito del presidente francese Macron, dal quale Hayer proviene, è reduce da uno scarso 15% alle elezioni europee in Francia. ALDE non ha nascosto le sue irrequietezze su questa scelta, in quanto avrebbe preferito un candidato alternativo. Da notare che in ogni caso i MEPs eletti in Francia, Germania e Paesi Bassi guidano numericamente. Ma la spaccatura del gruppo, diviso tra tre diversi Spitzenkandidaten - Sandro Gozi, Marie-Agnes Strack-Zimmermann e Valérie Hayer - è parecchio accentuata. ALDE, trainato dalla componente tedesca, appoggia Strack-Zimmermann. Hayer e Gozi invece sono legati al Pde. Resta comunque da considerare come Besoin d'Europe, nonostante la sconfitta interna, abbia comunque ottenuto ben 13 seggi su 74, contro gli 8 tedeschi, portando i parlamentari francesi alla guida del gruppo. 

In conclusione, Renew si mostra in declino di consensi rispetto al periodo 2019-2024, soprattutto nell’area dell’UE mediterranea (ad esempio in Italia e Spagna).

Verdi: controversi risultati

Alle elezioni del 2019, l'eurogruppo dei verdi conquistò il numero massimo di seggi dalla sua fondazione (con un successivo calo a seguito della Brexit e l’uscita dei Greens d’Oltremanica). A questa ultima tornata elettorale, si è verificata una perdita di consensi e un forte calo del numero di seggi conquistati, arrivando solo a 51. 

È un gruppo che, storicamente, conquista il maggior numero di consensi negli Stati del nord Europa. Anche quest'anno, infatti, la zona da cui è stato votato in maggioranza è quella dei Paesi Bassi. Ottiene comunque un inaspettato risultato positivo in Italia, dove la coalizione di AVS (di cui non tutti gli eletti si uniranno ai Verdi in Europa) raggiunge il 7% di preferenze, in crescita rispetto ai risultati degli anni precedenti e attestandosi come uno dei partiti favoriti dai giovani del Belpaese.

Va detto che quello dei Verdi è un gruppo che non si limita soltanto a sostenere temi ambientalisti ma incoraggia con forza anche una presa di posizione netta da parte dell'Europa verso i diritti sociali e l'adesione, con coerenza, ai valori fondamentali dell'Unione da parte degli Stati membri.

Parte degli eurodeputati dei Verdi sostengono anche la causa federalista e di riforma dei trattati, aderendo allo Spinelli Group con un numero approssimativo di 5 membri. In questo senso, è certamente possibile lavorare per ottenere ulteriori sostenitori della causa.

Nonostante i seggi persi, non è scontato che rimangano fuori dalla prossima maggioranza: potrebbero infatti sostenere in plenaria il rinnovo della Presidenza Von der Leyen per tentare di salvare le politiche ambientali e di sviluppo sostenibile attuate fino ad oggi, compreso il Green Deal, misura che negli ultimi tempi ha perso consensi, dato evidenziato anche dalle recenti manifestazioni di dissenso all'interno della società civile.

The Left rimane all’opposizione

Il gruppo della Sinistra Europea si riconferma come gruppo più piccolo del Parlamento Europeo, con 39 europarlamentari eletti, due in meno rispetto al 2019, ma diventati 46 in seguito alle acquisizioni successive alle elezioni. Con ogni probabilità rimarrà all’opposizione, con alcune componenti più proeuropee e altre più euroscettiche. Il gruppo presentava infatti nel suo programma elettorale alcune riforme dei Trattati, in particolare per un maggior ruolo del Parlamento Europeo in materia di bilancio e di iniziativa legislativa. Tuttavia, si diceva contrario all’abolizione dell’unanimità in politica estera e di sicurezza. In generale, il gruppo trova più coesione nei temi dei diritti dei lavoratori, del rafforzamento dello stato sociale e del pacifismo, che giocava un ruolo centrale nel programma. 

Si può dare nota della non rielezione dei due europarlamentari irlandesi, Clare Daly e Mick Wallace, tra i più opposti al sostegno dell’Ucraina per una tregua immediata. Il gruppo si vede indebolito nella sua componente tedesca, Die Linke, che ha subito la defezione di Sahra Wagenknecht, e di Syriza in Grecia. Hanno avuto più successo i membri de La France Insoumise e gli eletti di Alleanza Verdi Sinistra che entreranno a far parte della Sinistra Europea. Notevole è stato anche l’ingresso del Movimento 5 Stelle, con la possibilità di una revisione della decisione tra 6 mesi, in luce di passate posizioni del partito, tra le quali il governo con la Lega, e i decreti sicurezza. A causa delle dimensioni ristrette del gruppo, questi cambiamenti nella sua composizione potrebbero portare ad alcune variazioni nella linea politica e nelle scelte al Parlamento.

ECR: Un gruppo che cresce

ECR, che alle elezioni del 2019 aveva perso qualche seggio, nel 2024 conquista invece nuove poltrone attestandosi a quarto gruppo più numeroso. Il risultato è dovuto al successo dei partiti dell'area sovranista in vari Stati europei, provocando il lieve spostamento a destra degli equilibri all'interno del prossimo Parlamento, a cui il gruppo di ECR contribuisce con 78 presenze. Il gruppo cresce soprattutto in Repubblica Ceca e in Italia, con Giorgia Meloni come figura di riferimento che conquista 24 seggi. Proprio Fratelli d'Italia, partito che ha appena concluso un quinquennio in co-presidenza di ECR grazie alla rappresentanza di Nicola Procaccini, sembra oggi mirare ad ottenere la nomina di un suo componente a capogruppo dell'Ufficio di Presidenza.

Il successo ottenuto da ECR è tuttavia mitigato dal superamento come terzo gruppo avvenuto a opera dei Patrioti per l’Europa (ex ID), anche grazie al trasferimento di Vox verso la nuova formazione. I leader di ECR si trovano quindi stretti fra una maggioranza proeuropea riconfermata e una forza euroscettica (e filorussa) più numerosa, a cui si aggiunge l’ancora più radicale gruppo Europa delle Nazioni Sovrane di AfD. In questo senso va sottolineato come i Conservatori e Riformisti sposano la prospettiva di un'Europa che si limiti a trattare solo questioni per cui è ritenuto "indispensabile" un intervento sovranazionale. Dati i cambiamenti, anche nazionali, che la vittoria di ECR ha comportato, tra le priorità politiche del Consiglio probabilmente non vedremo il progetto di riforma dei trattati sostenuto dai federalisti e che ECR, nella sua dichiarazione ufficiale sul futuro dell'Europa, ha definito come dei "fondamentalisti". Le possibilità di convocare una Convenzione europea dovranno insomma fare i conti anche con il rafforzamento dei Conservatori e Riformisti.

La situazione aleatoria non permette invece di affermare con certezza se ECR entrerà o meno in maggioranza e la possibile proposta del Consiglio alla Presidenza di Von der Leyen spaccherà probabilmente i consensi, con gruppi che minacciano di non sostenere la maggioranza se sostenuta anche dai Conservatori e Riformisti.

Patrioti per l’Europa: nuovo nome, stesse facce

Il gruppo ID (Identità e Democrazia) si presentava alle elezioni come il più euroscettico del Parlamento Europeo. Da possibile vincitore, esce da queste elezioni europee senza particolari guadagni numerici, soprattutto per problemi al suo interno. ID era infatti previsto in crescita, grazie soprattutto agli ottimi risultati che si prospettavano per il Rassemblement National e per Alternative für Deutschland. Dai 58 membri del gruppo, le proiezioni di maggio di Europe Elects gli assegnavano 84 seggi. 

Due settimane prima delle elezioni, tuttavia, Maximilian Krah, capolista dell’AfD per le europee, dichiara che non tutti i membri delle SS fossero da criminalizzare, portando Le Pen a chiedere l’espulsione dell’AfD dal gruppo ID. L’espulsione ha avuto luogo alcuni giorni dopo, con il sostegno anche della Lega e del SPD, partito di destra ceco. Di conseguenza, i seggi ottenuti dal gruppo sono infine stati 58, ben di meno rispetto ai 73 eletti nel 2019. L’altra grande notizia legata al gruppo ID è sicuramente la vittoria del Rassemblement National in Francia. Come da pronostici, il RN ha ottenuto più del 30% dei voti doppiando la lista di Emmanuel Macron, e causando lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale. Buoni risultati sono stati anche quelli del FPÖ austriaco, di Chega in Portogallo e del PVV nei Paesi Bassi, sebbene quest’ultimo abbia ottenuto meno voti rispetto a quanto previsto dai sondaggi. Un pessimo risultato è stato invece quello della Lega, che ha perso 14 dei suoi 22 eurodeputati. 

Tuttavia, un nuovo rimescolamento c’è stato nelle settimane successive al voto: infatti, i suoi membri sono confluiti nel nuovo gruppo fondato da Orbán, Patrioti per l’Europa, promosso in prima battuta anche da ANO, il partito populista ceco, da poco fuoriuscito dal gruppo Renew, e l’FPÖ austriaco. Notevole anche l’ingresso di Vox, uscito dal gruppo ECR. I “Patrioti” diventano quindi con 82 europarlamentari il terzo gruppo al Parlamento. Nonostante questo, con ogni probabilità resteranno su posizioni di antagonismo rispetto alla maggioranza (e di spalla europea a Putin), ripetendo così l’irrilevanza degli ultimi 5 anni nel processo decisionale europeo.

L’Europa delle Nazioni Sovrane (di Mosca)

Chissà cosa sarebbe successo, se Maximilan Krah non avesse dichiarato prima delle elezioni che in fondo fra le SS non erano tutti dei poco di buono. Forse i suoi ex compagni di partito non si sarebbero dovuti arrabattare a formare l’ottavo gruppo del Parlamento europeo. Più filorusso dei Patrioti per l’Europa, anti-Green deal, anti-LGBTQ+, no-vax. E comunque, in tempi di incertezza internazionale, non abbastanza anti da dire apertamente, a chiare lettere, di essere anche anti-UE.

Ma i nazionalisti duri e puri non hanno nemici solo fra gli ambientalisti e le case farmaceutiche: i primi nemici sono quelli della “nazione” a fianco alla tua. È così che gli europarlamentari meno schietti di Krah sulle proprie idee politiche hanno dovuto faticare molto, schivando numerosi veti incrociati, per mettere assieme un gruppo con europarlamentari di almeno 7 Stati membri: della polacca Konfederacja ci sono tre MEPs su sei, per via di perplessità nei confronti degli amici nazionalisti tedeschi; SOS Romania, con i suoi piani di ridisegnare i confini, non ha convinto gli eletti in quei Paesi che avrebbero visto i confini del proprio Paese rimpicciolirsi; anche il nuovo Se Acabó La Fiesta si è infine tenuto fuori. Ne sono rimasti 25 MEPs, di cui 14 di AfD.

Solo i lustrini di Bruxelles e i vantaggi economici di formare un gruppo hanno potuto convincere questa comitiva a mettersi assieme. Ma un amico in comune ce l’hanno: sta al Cremlino.

Nuovi volti e riconferme tra i Non Iscritti

La compagine dei Non Iscritti ha avuto molti rimescolamenti dopo le elezioni. Nell’ultima legislatura il loro numero è aumentato significativamente per lo scioglimento del gruppo EFDD, di cui faceva parte il Movimento 5 Stelle, e per l’espulsione di alcuni partiti dai loro gruppi precedenti. Notevoli i casi di FIDESZ di Orbán, ma anche Smer del Primo Ministro Slovacco Fico, per le loro posizioni euroscettiche e in violazione dello stato di diritto. 

Una nuova aggiunta nel gruppo è la Bündnis Sahra Wagenknecht, fuoriuscita di Die Linke. Inoltre, sembrava potessero rimanere fra i Non Iscritti i neoeletti di Reconquête, già espulsi dal partito e riammessi in ECR come indipendenti (a parte un MEP entrato in ESN) e l’AUR, partito nazionalista rumeno, a sua volta accolto da ECR.

 

  

L'Unità Europea

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