Nella fase storica di passaggio dai motori a combustione alle energie alternative, l'Unione europea accusa la Cina di concorrenza sleale e aumenta i dazi sulle importazioni delle sue auto elettriche. Le reazioni dei Paesi Membri sono diverse e il governo italiano stringe con il Paese orientale accordi specifici.

La Commissione Europea il 3 luglio scorso ha imposto dazi compensativi provvisori sulle importazioni di veicoli cinesi elettrici a batteria attraverso il Regolamento di esecuzione 2024/1866, puntando il dito sui regimi di sovvenzione dei gruppi esportatori, pregiudizievoli dell'industria comunitaria. Conformemente ai principi di difesa commerciale, la Commissione ha scelto l’aumento dei prezzi delle auto orientali per favorire produzione e mercato dell’Unione.

I dazi applicati nei confronti dei tre produttori cinesi sono: BYD, con il 17,4%; Geely, 19,9%; SAIC, 37,6%. I produttori che hanno collaborato all'inchiesta ma non sono stati inclusi nel campione sono invece soggetti a un dazio medio ponderato del 20,8%. Per le società che non hanno collaborato è pari al 37,6%.

L'istituzione dei dazi è il frutto di un’inchiesta aperta nove mesi prima sulle probabili conseguenze delle sovvenzioni della Repubblica Popolare Cinese sugli importatori, sugli utilizzatori e sui consumatori di veicoli elettrici a batteria europei. Peraltro, solo pochi mesi prima, nel maggio scorso, la Casa Bianca ha annunciato che l'aliquota tariffaria sui veicoli elettrici importati quest’anno quadruplicherà al 100%.

Alla luce dell’adozione del Regolamento UE, sono intense le recenti consultazioni tra il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ed il Ministro cinese del Commercio Wang Wentao, ingegnere che ha lavorato per circa dieci anni per il marchio tedesco Audi ed ha provato il primo modello di Tesla nel 2008. I contatti stanno proseguendo per raggiungere una soluzione il più possibile coerente con regole e principi dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio e dell’Unione.

La Cina, che non ha norme ambientali equiparabili a quelle UE, ha il primato di produzione di batterie e di controllo sulle catene dell'approvvigionamento del settore.

Tale discussione si svolge ad alto livello, considerato che nel 2023 le imprese cinesi hanno esportato auto elettriche in Unione per un valore di circa 10 miliardi di euro, con una quota di mercato del doppio rispetto all’anno precedente. In quell’anno sono stati venduti all’Europa 437 mila mezzi elettrici, e sono state immatricolate 1 milione e mezzo di nuove auto elettriche, per un totale di 4 milioni e mezzo di veicoli a batteria.

Tale aumento è stato sempre più legato alle importazioni dalla Cina: già nel 2022 le vendite di auto elettriche in Cina sono aumentate esponenzialmente, ed oggi una macchina nuova su 4 è elettrica. Il Paese, che non ha norme ambientali equiparabili a quelle UE, ha il primato di produzione di batterie e di controllo sulle catene dell'approvvigionamento del settore: è leader nella fase produttiva e nella lavorazione delle materie coinvolte, nello sviluppo di batterie, nei trattamenti relativi, nella lavorazione del nichel e nella sua sostituzione con componenti più efficienti ed economici quali litio, ferro e fosfato. Tra le aziende che operano nell’elettrico ci sono BYD (la più grande), Wuling, Chery, Changan e GAC.

I governi occidentali si sono espressi in maniera diversa all’imposizione di dazi compensativi, ognuno in base ai pregressi rapporti commerciali con la Repubblica Popolare Cinese. Il governo tedesco si è manifestato contrario all’aumento dei dazi sulle auto elettriche cinesi, potendo subire conseguenze commerciali proprio in seguito alle politiche protezionistiche comunitarie: l’Associazione tedesca dell'industria automobilistica, rappresentante aziende come Volkswagen, BMW, Mercedes-Benz, ha espresso il proprio dissenso ai dazi, in quanto “non adatti a rafforzare la competitività dell'industria automobilistica europea" e forieri di un grave conflitto commerciale, in considerazione dei consolidati rapporti commerciali tra i due Paesi. I governi francese e spagnolo avrebbero invece preferito dazi più incisivi; quelli di altri Paesi, come Svezia e Irlanda, hanno espresso riserve senza opporsi esplicitamente ai dazi.

Il governo italiano s’è espresso favorevolmente all’aumento dei dazi in sede di Comitato, insieme ad altri 11 Paesi (11 sono stati gli astenuti), per poi relazionarsi autonomamente con l’omologo cinese attraverso accordi conclusi durante l'ultimo viaggio della Presidente Giorgia Meloni nella RPC. Nel luglio 2024, in occasione del Business Forum a Pechino, il capo del governo italiano ha discusso il tema della cooperazione tecnologica e innovativa con la possibilità di joint ventures tra le aziende automobilistiche italiane e cinesi, ha affrontato il tema della sostenibilità ambientale e l'intento di ridurre le emissioni di carbonio. Ha altresì annunciato un Piano Triennale di azione per nuove forme di cooperazione ed un Memorandum di collaborazione industriale nei settori della mobilità elettrica e delle rinnovabili. Con il Piano d’azione i due Paesi hanno concordato la necessità di garantire un migliore accesso reciproco al mercato e un’effettiva parità di condizioni tra gli operatori economici, promuovendo il commercio bilaterale e collaborando per eliminare le barriere non tariffarie per un “investimento aperto, equo, trasparente e non discriminatorio”. Proprio in questi giorni si intravedono strade per una produzione della cinese Dongfeng Motor direttamente in Italia con l’impiego di importanti percentuali di forniture italiane, già distinte internazionalmente per design e qualità anche in questo settore.

Intanto, dal 5 luglio 2024 si applicano i dazi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi per una durata massima di quattro mesi. Entro tale termine, una decisione finale della Commissione, approvata dagli Stati membri secondo la procedura della comitatologia per gli atti di esecuzione, dovrà essere adottata al fine di rendere i dazi definitivi per i successivi cinque anni.

La strada delle negoziazioni bilaterali che persegue solo l’interesse di un singolo Paese, conforme alla dottrina delle Patrie europee, si scontra con la crescita economico-politica dell’Unione e con la prospettiva federale dei Paesi che la compongono, allontanando ancora una volta la possibilità di costruire uno spazio unitario, federale e commercialmente unito.


La distribuzione di auto elettriche nell’UE

In Danimarca le auto a batteria rappresentano il 7,1% dei veicoli circolanti, in Svezia il 5,9%, in Lussemburgo il 5,1% e nei Paesi Bassi il 5%. Quattordici Paesi hanno registrato quote inferiori all’1%; in coda Cipro, Grecia e Polonia, con solo lo 0,2%. Pur crescendo il numero di auto elettriche nei Paesi europei (l’1,7 % delle oltre 255 milioni di autovetture circolanti), la quota resta minima rispetto a quella di diesel e benzina.

Nel 2023 l’Italia, il Paese UE con il più alto numero di auto per abitanti, è sotto la media europea. Dal 2022 al 2023, la quota di auto elettriche in Italia è passata dallo 0,39% allo 0,53%, con una piccola crescita del mercato.

 

  

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