Mentre il mondo rischia di travolgere gli europei, i capi di Stato e di governo replicano tatticismi e attendismo. Qualcosa però si sta muovendo.

Il Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa il 3 febbraio scorso ha invitato i capi di governo a riunirsi per un Consiglio "informale" basato, come recita la lettera d'invito, sul principio che "l'Europa debba farsi carico in misura maggiore della propria difesa", facendo leva su una "maggior cooperazione a livello europeo" [1]. Ospiti straordinari il premier britannico Keir Starmer (per la prima volta dopo la Brexit) e il segretario della NATO Mark Rutte. Ordine del giorno: sviluppo di capacità europee difesa, finanziamento di quest'ultima utilizzando anche fondi privati nonché il bilancio UE e, da ultimo, relazioni con i partner europei non aderenti all'UE (segnatamente: Regno Unito e Ucraina).

Come ricordato dallo stesso Costa, quello del 3 febbraio è stato il primo Consiglio europeo dedicato esclusivamente al tema della difesa. Le decisioni (o meglio, le intenzioni) del Consiglio sono volte a risolvere alcuni problemi reali, come la base industriale, la catena di approvvigionamento per mantenere operative le forze armate (da più parti sono emersi sconfortanti dati sulla scarsità di munizioni di molti eserciti degli Stati europei [2]), la necessità di interoperabilità dei sistemi d'arma in uso e, soprattutto, il finanziamento dell'industria della difesa (per raggiungere il 2% del PIL di ogni singolo stato, come discusso in sede di Alleanza Atlantica).

Un gruppo di Stati guidato dalla Finlandia ha indirizzato a Consiglio e Commissione una lettera (firmata anche dal governo italiano) proponendo di utilizzare la Banca Europea degli Investimenti per emettere titoli di debito finalizzati a finanziare l'incremento della spesa per la difesa nazionale. La lettera ha suscitato perplessità (anche nella stessa BEI) e reazioni contrastanti [3].

La proposta francese di privilegiare il mercato interno della difesa a scapito di altri fornitori (in particolare gli USA) è stato oggetto di scontro tra i primi ministri 4. L’obiettivo dichiarato dai governi è di raggiungere l’integrazione del mercato industriale della difesa entro sette anni, tramite l'adozione di misure volte a integrare l'industria della produzione militare in senso stretto e gli strumenti correlati, per tentare di ridurre la frammentazione di un settore ipertutelato a livello di Stato nazionale.

D'altra parte, le tempistiche per raggiungere l'obiettivo sono lunghe rispetto alla rapidità di evoluzione del sistema internazionale e non sono risolte le criticità che hanno impedito l'integrazione del settore in oltre cinquant’anni di mercato comune europeo e adozione di standard NATO. Questi problemi sono gli stessi che permangono in altri settori cruciali, come già ricordato nei rapporti Niinistö, Letta e Draghi.

Le decisioni del Consiglio, base del prossimo Libro Bianco sulla Difesa da presentare nei prossimi mesi, non risolvono i nodi cruciali della difesa dell'Europa. I temi della sicurezza delle rotte commerciali, delle infrastrutture strategiche, della difesa territoriale degli Stati più esposti alla minaccia (Paesi baltici, Scandinavia, Polonia e Romania) sono stati toccati solo marginalmente, rimandando ad altre sedi le soluzioni concrete.

Per affrontare le criticità nel campo della difesa, gli Stati dell'Unione cercano di ridurre le inefficienze coordinando le proprie produzioni militari, ma lasciando a ciascuno Stato il controllo delle risorse e delle forze che saranno accumulate. Quella che il Consiglio prefigura per l'Unione non è nemmeno l'embrione di una difesa collettiva (passaggio non necessario e non sufficiente per realizzare una vera difesa unica).

Gli Stati europei hanno costruito un'Europa adatta a commerciare in un "villaggio globale", ma del tutto inadatta a gestire da sola sfide di sicurezza.”

Mentre vanno in scena diversi vertici in varie composizioni, assistiamo a un rapido deterioramento dei consolidati cardini del sistema internazionale, quali il multilateralismo, il rispetto di una parvenza di diritto internazionale tra le potenze, il ritorno della violenza di stato come risoluzione delle controversie e l'abbandono della garanzia dell'inviolabilità dei confini, come ricordato anche dal presidente della Repubblica Mattarella nel discorso all'università di Aix-Marseille. Gli Stati europei nell'ultimo ventennio hanno costruito un'Europa adatta a commerciare liberamente in un "villaggio globale", ma completamente inadatta a gestire autonomamente sfide di sicurezza. Il resto del mondo si è preparato per una competizione aggressiva più simile a quella del primo Novecento. Ora il nuovo corso della presidenza USA mette in discussione le garanzie di sicurezza fornite agli europei dall'alleato americano che ora si spartisce il continente con il regime russo.

I governi europei, nel quadro dell'Unione, si accordano per riamare i propri eserciti supportandosi a vicenda, ma tacciono sul punto fondamentale: chi identifica gli interessi da difendere? Chi decide la strategia per tutelarli? Chi decide quali e quante risorse utilizzare? Chi può usare la leva fiscale? Quale controllo democratico dietro questo potere? La risposta è semplice: non decidendo di costruire un vero potere politico europeo, i governi non rispondono alla domanda.

Il problema di fondo è la mancanza di una capacità di decidere e di reperire le risorse in risposta alle minacce. Come ha denunciato Mario Draghi nel suo intervento al Parlamento europeo del 18 febbraio, “l’Unione deve agire come uno Stato” e per farlo servono riforme urgenti.

Non basta che l'Europa “si concepisca come una potenza globale” [5] come dichiarato dal primo ministro polacco Tusk alla vigilia del vertice internazionale di Londra. Non basta l'ambizioso piano di finanziamento lanciato il 4 marzo da von der Leyen, che prevede di mobilitare finanziamenti per il riarmo (dei singoli Stati!) fino a 800 miliardi di euro. Finché la creazione di un potere democratico e federale europeo non sarà nell’agenda dei governi, la difesa europea sarà solo velleitaria.


[1] Lettera di convocazione di Antonio Costa.

[2] https://www.politico.eu/article/nato-chief-says-members-are-responsible-for-ukraines-ammo-shortage/

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/il-dossier-fondi-tavolo-vertice-ue-difesa-italia-e-altri-18-paesi-emissione-debito-bei-progetti-ad-hoc-AGu6hZgC

[4] https://www.politico.eu/article/eu-defense-summit-buying-us-weapons-donald-trump-ukraine-war-council-emmanuel-macron-antonio-costa/

[5] https://notesfrompoland.com/2025/03/02/tusk-europe-must-believe-we-are-a-global-power-and-achieve-defence-independence/

 

  

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