Dal 1° febbraio le due potenze commerciali hanno eliminato dazi e fanno scuola al commercio globale. Un’area di libero-scambio per 630 milioni di abitanti.
Sono stati necessari 5 anni di trattative, dal 2013 al 2017. Ma alla fine la scelta dell'Unione Europea e del Giappone è stata fatta: creare una EPA - Economic Partnership Agreement, che apre una nuova era nella storia degli scambi export-import.
L'intesa è operativa dal primo febbraio 2019 con una vastissima area di libero scambio nel Nord del globo, che interessa una popolazione di oltre 630 milioni. Per di più a questi, verso l'Atlantico, si aggiungeranno anche altri 36 milioni e mezzo di canadesi, per il parallelo accordo CETA fra UE e Canada. L'area EPA UE-Giappone da sola rappresenta un terzo dell'economia mondiale.
E' una risposta concreta alle pericolose tendenze protezioniste e alle guerre commerciali innescate dalla politica "America First" dell'amministrazione USA del presidente Donald Trump. Bisogna inoltre tenere nel dovuto conto che il Giappone oggi è diventato anche il capofila del TPP, l'accordo Trans-Pacific Partnership, che comprende 11 nazioni dell'area Asia-Pacifico: oltre al Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, Perù, Cile, Brunei, Malesia, Vietnam, Singapore. E dal TPP, che aveva visto il sostegno del governo Usa di Obama, l'amministrazione Trump si è chiamata fuori, in base al principio di preferenza per accordi bilaterali. Inoltre il successo nell'export di merci europee, o la assimilazione di standard europei, ad esempio per garanzie e controlli sui prodotti agricoli e alimentari, può aprire la strada ad altri mercati asiatici che tradizionalmente seguono o imitano il modello economico nipponico.
Va pure rilevato che la Commissione Europea, in questi giorni, ha adottato con il Giappone l'importantissima "EU-Japan Adeguacy Decision" relativa alla libera circolazione di dati personali, per le garanzie di protezione. Una decisione che rappresenta una garanzia sia per i cittadini, sia per le imprese, dato che sono previsti sistemi di protezione dei dati, meccanismi di gestione dei reclami, garanzie di tutela per la sicurezza nazionale. In una era di crescente importanza per l'economia digitale e la cyber-security, questo accordo è l'attuazione concreta delle scelte di politica dell'Unione Europea anche rispetto ai colossi americani che dominano il mercato internazionale.
Vale la pena di esaminare in concreto cosa significa l'EPA con il Giappone per l'economia europea e italiana. Vuol dire un miliardo di euro in meno di dazi e tariffe sull'export dell'UE in Giappone, cioè una riduzione del 90 % subito, che successivamente arriverà al 97 %. Ad esempio, per il settore agricolo dell'UE, il Giappone rappresenta il quarto mercato nel mondo. Con l'entrata in vigore adesso dell'EPA, l'85 % delle nostre esportazioni è diventato "duty free". Il Giappone, con i suoi 126 milioni di consumatori, a cui vanno aggiunti però oltre 30 milioni di turisti stranieri all'anno, acquista circa il 60% del suo fabbisogno alimentare all'estero. L'Unione Europea è il primo fornitore per quanto riguarda la carne di maiale e i suoi derivati, molto apprezzati salumi, insaccati e prosciutti italiani. Su queste importazioni pesavano dazi e tariffe doganali per il 38,5 %, che si ridurranno progressivamente in 15 anni al 9 %. L'export in Giappone del vino europeo, in testa Francia e Italia, vale 1 miliardo di euro all'anno. Ma su ogni bottiglia finora c'era un 15 % di dazio, che da questo febbraio va subito a zero. E le nostre esportazioni sono in continuo aumento, con il Prosecco veneto in testa con un aumento su base annuale del 20%. Per i formaggi, l'Unione Europea è al primo posto nell'import giapponese, con dazi in parte già ridotti, ma con la possibilità di ottenere delle quote "duty free". Saltano anche le tariffe del Giappone sull'import di pasta, biscotti, cioccolato, pomodori in scatola, mentre si apre la porta a quote aggiuntive "duty free" per burro, farine, latte in polvere. Scattano anche misure di protezione per i prodotti tipici: prosecco, aceto balsamico di Modena, mozzarella di bufala, speck tirolese, parmigiano reggiano, non potranno essere "copiati". Tariffe abolite per prodotti industriali, come cosmetici, abbigliamento, tessuti, mentre per le scarpe si passa subito da un dazio del 30% al 21 %, per poi scendere progressivamente a zero nel 2029.
Sarebbe bene riuscire a far capire a chi si oppone a questo accordo con il Giappone, o al Ceta con il Canada, come la Coldiretti, che rappresenta invece un grande vantaggio per l'export e la tutela dei nostri prodotti agroalimentari. Per migliorarlo, se necessario, occorre prima applicarlo. L'EPA UE-Giappone è uno storico accordo che può nei prossimi anni essere modificato e implementato. Anche per quanto riguarda il superamento delle barriere non tariffarie.
Come ha sottolineato in un convegno tenuto nel dicembre scorso a Tokyo, nella Camera di Commercio Italiana in Giappone (ICCJ), Francesco Formiconi, direttore esecutivo dell'ECB-European Business Council di Tokyo, le importazioni "in quotaduty free" <<rappresentano una zona grigia, gestita dalla burocrazia giapponese, su cui però possiamo intervenire>>. E' significativo che per proteggere la produzione di latte e burro, concentrata a Hokkaido, il Giappone ha creato in passato barriere protezionistiche, salvo poi allentare la stretta quando ormai da alcuni anni a novembre e dicembre viene a mancare il burro nei supermercati, aprendo a quote di importazioni extra dalla Nuova Zelanda o dall'UE.
Adesso è importante che operatori e aziende italiane approfittino delle opportunità che questo accordo rappresenta. Può servire ad aumentare la quantità e il valore dell'export. Ma in particolare può spingere medie e piccole aziende ad esplorare la possibilità di aprire un nuovo mercato in Giappone. Le aziende italiane interessate a esportare in Giappone, beneficiando dell'EPA UE-Japan, dovranno procedere alla propria registrazione nel sistema REX (Registered Exporter System). L'ambasciata italiana a Tokyo, molto attiva negli ultimi anni con il nuovo Ambasciatore Giorgio Starace nella promozione dell'export, ricorda la necessità di iscrizione delle imprese che vogliono esportare in Giappone al sistema europeo REX (Registered Export System). La registrazione serve a certificare l’origine UE del prodotto esportato. L’esportatore (o il rispeditore) nazionale che intende essere registrato al sistema REX deve presentare la domanda, già ora, all’Ufficio delle Dogane territorialmente competente, utilizzando unicamente il modulo di domanda 22-06 BIS. Per problemi di natura tecnica, si potrà far riferimento all’indirizzo e-mail