Prima di auspicare una moneta comune è necessario che almeno nel Mercosur, a trenta anni dalla sua nascita, si realizzi la libera circolazione di beni e servizi, che si avvii un coordinamento delle politiche macroeconomiche, che si realizzi una effettiva unione doganale per porre le basi di un vero mercato comune come previsto dal Trattato di Asunción.


In Brasile, nel corso della campagna elettorale per l’elezione presidenziale, lo scorso mese di maggio 2022, Lula da Silva aveva preannunciato la volontà di promuovere una iniziativa per la creazione di una moneta unica tra il suo Paese e l’Argentina, ma aperta a tutti i Paesi latinoamericani. L’obiettivo sarebbe quello di ridurre la dipendenza delle loro economie dal dollaro. Come noto, nonostante la mancata accettazione della sconfitta da parte di Bolsonaro, Lula da Silva è stato eletto nuovo Presidente del Brasile e, tra i primi atti, ha confermato di puntare alla creazione di una moneta comune grazie allo sviluppo del Banco Central Sudamericano. Nel corso del vertice che Lula ha svolto a Buenos Aires, riprendendo una vecchia tradizione che prevede incontri bilaterali periodici tra i Presidenti di Brasile e Argentina, interrotti durante la presidenza Bolsonaro, l’idea di dar vita ad una moneta comune ha trovato ampio consenso da parte del presidente Fernandez. L’incontro bilaterale è stato promosso in preparazione del vertice dei Capi di Stato del Celac (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños) a fine gennaio e, come concordato, in quella sede i due Presidenti hanno ufficializzato il progetto di una moneta comune tra i loro Paesi. L’annuncio, come prevedibile, ha scatenato un ampio dibattito nelle piazze finanziarie di tutto il mondo e sta proseguendo tra smentite e dubbi, in particolare tra i politici e i media di Uruguay e Paraguay che, insieme a Brasile e Argentina costituiscono il Mercosur (il Venezuela attualmente è un membro sospeso a seguito della contestata elezione di Maduro). Ha destato parecchie perplessità il fatto che l’annuncio è stato fatto in occasione di un vertice con i Paesi Celac e non in occasione di un vertice Mercosur. Questa scelta ha irritato i governi di Asunción e Montevideo che si sono sentiti esclusi e non interpellati. Nei loro interventi, sia Lula che Fernandez hanno usato come sinonimi sia il termine “moneta comune” sia quello di “moneta unica” che prevedono però condizioni politiche e finanziare molto diverse. Sembra che il progetto, in definitiva, punti a realizzare una moneta che favorisca le transazioni commerciali tra i due Paesi che peraltro rappresentano le più importanti economie del sub-continente. Successivamente è stato precisato che non si intende abolire la circolazione del real (valuta brasiliana) e del peso (valuta argentina). Si tratterebbe quindi di creare un paniere di valute, inizialmente due, valido per il commercio intra-regionale, ma che potrebbe rappresentare un primo possibile passo vero una futura valuta comune, seguendo le orme di quanto avvenuto in Europa che, prima di raggiungere l’obiettivo dell’euro, ha conosciuto delle tappe intermedie che hanno visto prima la nascita dello SME (Sistema Monetario Europeo) e poi dell’ECU (European Currency Union). I riferimenti all’esperienza europea ricorrono nel dibattito, così come vengono fatti osservare i requisiti necessari per raggiungere un obiettivo ambizioso tra economie e mercati finanziari (quello brasiliano ed argentino) molto diversi in termini di fiscalità e di convergenza delle politiche economiche e del credito, solo per citarne alcuni.

Ma mentre il dibattito tra economisti ed esperti finanziari si infiamma, la Banca Centrale Brasiliana ha affermato che non esiste da parte sua uno studio che analizzi il progetto. La stessa Ministra della Pianificazione e Bilancio del Brasile, Simone Tebet, ha affermato lo scorso 5 febbraio che “non è in discussione la creazione di una moneta comune”. Allo stesso tempo il Ministro dell’Economia argentino Sergio Massa si è invece prodigato a garantire pieno sostegno al progetto.

In definitiva si è ancora in una fase prettamente teorica in cui, forse, si cerca, in particolare da parte di Lula, di voler assumere una leadership a livello continentale riprendendo un progetto che in realtà non è nuovo in America Latina.

Senza voler ricordare i progetti del secolo XIX e il richiamo costante agli ideali di unità del continente professati da Bolívar, nel recente passato più volte sia in Brasile che in Argentina il tema di una moneta unica è stato preso in considerazione.

A cavallo degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso proprio il Banco Central do Brasil aveva predisposto uno studio per la realizzazione di una moneta comune, sull’esempio di quanto stava avvenendo in Europa. L’idea naufragò in quanto nel 1991, in coincidenza con la nascita del Mercosur, l’allora Presidente argentino Menem avviò la dollarizzazione del Paese nel tentativo, poi naufragato miseramente, di contrastare una inflazione che sembrava inarrestabile. L’idea della dollarizzazione del continente fu anche sostenuta dal premio Nobel per l’economia Mundell il quale dichiarò che la moneta unica del continente dovesse essere il dollaro e non era pertanto necessario crearne una nuova. Oltre che in Argentina, negli stessi anni, anche l’Ecuador avviò la dollarizzazione del Paese come già avveniva da tempo a Panamá.

Il tema della dollarizzazione resta tuttora una questione aperta in Argentina nonostante da inizio secolo sia stata ripristinata la sovranità monetaria con il ritorno del peso. La costante instabilità economica e finanziaria del Paese spinge tuttavia gran parte della popolazione a trasferire all’estero i propri risparmi, il che ha imposto alla Banca Centrale in accordo con il governo di Buenos Aires una serie di restrizioni per ostacolare la fuga dei capitali e ha bloccato la convertibilità del peso in dollari. L’ingegno del popolo argentino ha così portato alla circolazione dei dollari contrattati al mercato nero e denominati Peso blue. Lo stesso fenomeno si registra in Venezuela dove, alla crisi politica ed economica, si aggiungono le sanzioni imposte dagli USA e la popolazione va così alla disperata ricerca di dollari per sfuggire alla inflazione e tratta i dollari al mercato nero denominati sempre blue dollar.

Tra smentite e precisazioni resta il fatto che è in corso un dibattito che potrebbe favorire la ripresa del processo di integrazione almeno tra i Paesi del Mercosur di cui Brasile e Argentina sono il vero motore sia politico che economico. E’ infatti indispensabile che le istituzioni del Mercosur si rafforzino, mentre i segnali di questi ultimi anni indicano il contrario. Le auspicate elezioni del Parlasur (il Parlamento comune del Mercosur) a suffragio universale prima annunciate in pompa magna sono poi state rinnegate cinque anni fa e il Paraguay, che aveva già predisposto una legge costituzionale per disegnare i nuovi distretti elettorali, ha cancellato quella legge. L’ex Presidente dell’Uruguay Mujica ha recentemente dichiarato che non sarebbe una tragedia se si abolisse il Mercosur. In attesa ormai da quattro anni della firma dell’accordo commerciale con la UE, i Paesi dell’area stanno nel frattempo siglando accordi bilaterali con Cina e Singapore. Come è stato osservato da alcuni commentatori, prima di auspicare una moneta comune è necessario che almeno nel Mercosur, a trenta anni dalla sua nascita, si realizzi la libera circolazione di beni e servizi, che si avvii un coordinamento delle politiche macroeconomiche, che si realizzi una effettiva unione doganale per porre le basi di un vero mercato comune come previsto dal Trattato di Asunción. E’ indispensabile inoltre che in Argentina si avvii una riforma fiscale e finanziaria, poiché è impensabile una unione monetaria con un Paese in cui vi è una inflazione a tre cifre e che convive con una dollarizzazione strisciante.  Per ora, come ha scritto sulle pagine de La Nación lo scorso 9 febbraio l’economista Diana Mondino dell’Università CEMA di Buenos Aires, di molto bello vi è solo il nome della futura moneta comune preannunciato da Lula e di cui qualcuno ha pure ipotizzato un logo: $SUR, peccato che il nome sia preceduto dal simbolo del dollaro.

 

 

  

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