Tra poche settimane sarà la decima volta che viene eletto il Parlamento Europeo a suffragio universale diretto (la prima volta era il 1979, 45 anni fa). In questo periodo l’Europa è passata attraverso cambiamenti epocali. La nascita dell’Unione Europea in luogo della CEE, i numerosi allargamenti, la caduta del muro di Berlino e la fine dell’equilibrio bipolare nel mondo, la frammentazione del mondo sovietico e l’ingresso nell’UE di paesi che erano sotto l’influenza diretta dell’Unione Sovietica o che ne facevano parte, la nascita della moneta unica, il fallimento del tentativo di darsi una Costituzione, il periodo di grave crisi economica, la Brexit, le crisi regionali, la pandemia, le migrazioni, il ritorno della guerra in Europa con l’aggressione della Russia all’Ucraina, i problemi del cambiamento climatico e dell’energia e quelli posti dalla transizione ecologica e da quella digitale.

È in questo quadro che si avvicina a grande velocità la decima elezione diretta del PE, una data importante per i cittadini europei. Questo avviene, per adesso, in un contesto in cui sembra prevalere l’incapacità di mettere in connessione i grandi problemi che ci troviamo a fronteggiare in questi anni all’occasione storica che abbiamo, con il prossimo voto per eleggere il nuovo Parlamento Europeo, per indirizzare la storia dell’umanità verso la salvezza invece che verso l’autodistruzione.

Come abbiamo più volte osservato, inoltre la finestra storica per portare a compimento l’unificazione europea sta per chiudersi e potremmo presto trovarci a non poter più essere arbitri unici del nostro destino. Queste elezioni costituiscono quindi una grande opportunità.

Il Parlamento Europeo uscente ha dimostrato con i fatti di essere l’istituzione che meglio rappresenta la volontà dei cittadini europei. Nella primavera 2022, immediatamente dopo la fine della Conferenza sul Futuro dell’Europa, ha infatti chiesto che il Consiglio convocasse una Convenzione per la riforma dei Trattati come previsto dal report finale della CoFoE. Avendo ricevuto una richiesta di approfondimento da parte del Consiglio, ha lavorato, in particolare con il grande impegno dei parlamentari del Gruppo Spinelli presenti nella Commissione per gli Affari Istituzionali del PE, ad un rapporto organico e completo che, sia pure emendato e passato con una maggioranza limitata, è stato votato in plenaria nel novembre scorso e trasmesso al Consiglio già nel dicembre con la reiterata richiesta di convocare una Convenzione per la riforma dei trattati.

Il Consiglio Europeo del marzo scorso non ha tuttavia preso una posizione su questo punto ed è apparso cauto e timoroso circa le scelte da compiere anche in vista delle elezioni europee.

Bisogna tornare a 40 anni fa per ritrovare nel Parlamento Europeo un coraggio analogo all’attuale, quando votò a larghissima maggioranza il Progetto Spinelli.

Dal canto suo, il Parlamento Europeo ha proseguito nelle sue posizioni coraggiose fino al punto di votare, in questo caso con una maggioranza amplissima, una risoluzione in cui si impegnava a non votare il bilancio UE fino a che il Consiglio non avesse deciso di accogliere le richieste di aiuto militare da parte dell’Ucraina. Con questo atto il Parlamento Europeo ha confermato il suo coraggio e messo in campo la forza che gli viene dal rappresentare davvero la volontà e l’interesse del popolo europeo, mentre i governi nazionali riuniti nel Consiglio non riescono a decidersi nonostante la minaccia sia sempre più evidente e dichiarata apertamente.

Bisogna tornare a 40 anni fa per ritrovare nel Parlamento Europeo un coraggio analogo all’attuale, quando votò a larghissima maggioranza il progetto di Trattato di Unione Europea voluto da Altiero Spinelli e anche allora (14 febbraio 1984) ciò avvenne verso la fine della legislatura (la prima a suffragio universale diretto). In quegli anni una spinta determinante fu senz’altro proprio quella di agire sull’onda di una grande legittimazione popolare avvenuta con il voto del 1979. Adesso la legittimazione avviene sull’onda degli esiti della Conferenza sul Futuro dell’Europa.

Alla forza di questa legittimazione si aggiunge oggi la pressione degli eventi che sempre più richiedono soluzioni europee (quando non addirittura mondiali) ai problemi. Il Parlamento Europeo incarna questa consapevolezza e riesce a rappresentare le istanze dei cittadini europei, nonostante al suo interno non manchino le forze politiche che si oppongono al percorso verso la federazione europea.

Per contro, i governi sembrano pavidi e incapaci di fare le scelte necessarie nell’interesse dei propri cittadini e rimandano ogni decisione ormai da molto tempo, pur avendo consapevolezza dell’urgenza dei tempi e della necessità di prevedere in tempi relativamente brevi un ulteriore allargamento dell‘Unione e che questo non sarà possibile senza un significativo approfondimento ovvero senza concepire un’Europa a cerchi concentrici che si organizzi intorno ad un nucleo federale.

“Il compito dei federalisti in questo momento non può che essere quello di sostenere l’azione del PE, così come hanno fatto quando era sul campo l’iniziativa di Spinelli 40 anni fa.”

D’altra parte, perché il processo di unificazione europea vada avanti occorre un’iniziativa politica e l’unica iniziativa in campo è quella del Parlamento Europeo. È dando seguito a quell’iniziativa che si potranno affrontare le sfide che abbiamo davanti, compresa quella della costruzione di una vera difesa europea che oggi viene considerata, anche a ragione, una priorità assoluta (e ancor più lo sarà nel caso di una vittoria di Trump alle prossime elezioni americane tra pochi mesi). È infatti impossibile arrivare a questo risultato con delle scorciatoie realizzate a trattati esistenti; occorre realizzare una profonda riforma che preveda trasferimenti di sovranità a livello europeo tali da rendere possibile una vera autonomia di governo dell’Unione capace di esprimere, senza essere più condizionata dai veti degli stati membri, l’interesse generale del popolo europeo. Solo così anche l’obbiettivo di una vera difesa comune potrà diventare realtà.

Ecco perché il compito dei federalisti (la linea politica) in questo momento non può che essere quello di sostenere l’azione del Parlamento Europeo, così come hanno fatto quando era sul campo l’iniziativa di Spinelli esattamente 40 anni fa. Sostenere il Parlamento Europeo oggi e contribuire a gettare le basi perché, dopo le elezioni, il nuovo Parlamento prosegua sulla strada di quello uscente, anche, ad esempio, rifiutandosi di votare il Presidente della Commissione se il Consiglio non darà seguito alle sue richieste rispetto alla convocazione di una Convenzione per la riforma dei trattati.

È infatti nell’ambito della Convenzione che potrà giocarsi la battaglia politica tra coloro che vogliono la Federazione Europea e coloro che, contro ogni evidenza, ritengono che possano esistere ancora soluzioni nazionali ai problemi che abbiamo di fronte.

Sappiamo che, oltre all’iniziativa, occorre che maturi una leadership per riuscire nell’intento. Nel confronto politico che si svilupperà dentro la Convenzione potrà emergere questa leadership. Certamente la pressione degli eventi non verrà meno ed aiuterà, se vi sarà lo strumento giusto in campo (la Convenzione), a far emergere le scelte necessarie per garantire un futuro all’Unione Europea.

Non vale pensare che vi siano scorciatoie a questo percorso, a maggior ragione osservando l’incapacità del Consiglio Europeo di trovare accordi che muovano la situazione. Se la Convenzione venisse convocata entro l’anno, si potrebbe pensare alla conclusione del percorso entro il 2025, ancora in tempo dunque prima di una possibile catastrofe che in un orizzonte di pochi anni appare sempre più certa, se l’Unione Europea non saprà concludere il percorso voluto dai suoi padri fondatori oltre 70 anni fa.

 

  

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