La situazione geopolitica intorno all’Unione Europea è drammatica. Ma i Paesi membri per ora non sono stati in grado di procedere verso una politica estera e di difesa europee, né di decidere l’apertura di una Convenzione di riforma dei Trattati sulla base degli esiti della Conferenza sul futuro dell’Europa e della proposta di riforma approvata dal Parlamento Europeo.
La sfida per i federalisti è individuare un’iniziativa in grado di sfruttare il contesto esistente per coagulare la volontà politica di procedere verso l’unificazione federale. La crisi più grave in atto è geopolitica e militare. Quindi, l’iniziativa federalista deve battere sulla difesa, come punto di leva per rilanciare il processo.
Sapendo che fare una difesa europea implica accordarsi su molte cose contemporaneamente. Anche dando per scontato un modello duale, con alcune capacità europee e altre nazionali, bisogna comunque decidere il modello di difesa complessivo, il tipo di capacità da centralizzare a livello europeo e quelle da lasciare al livello nazionale, che posizione avere rispetto alla deterrenza nucleare, che tipo di dottrina strategica, che politica industriale militare, come finanziare tutto ciò e con che tipo di governance democratica (inclusa la politica estera). E concordare un percorso per arrivarci.
“La finestra di opportunità potrebbe porsi in qualunque momento e durare pochi giorni.”
Come ai tempi della Comunità Europea di Difesa, se si coagulasse la volontà politica di creare la difesa europea, la questione dell’unità politica, cioè di un governo federale responsabile della politica estera e di difesa, si porrebbe anch’essa. Battersi oggi per la difesa europea significa dunque battersi per la Federazione europea.
La finestra di opportunità potrebbe porsi in qualunque momento e durare pochi giorni. Subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina Scholz si è impegnato a mettere 100 miliardi sulla difesa, aprendo alla possibilità di investirli anche sulla deterrenza nucleare francese, nel quadro di una sua progressiva europeizzazione. Draghi ha risposto che bisognava decidere se fare l’aumento della spesa militare a livello nazionale o europeo. Macron ha risposto picche. Un accordo avrebbe potuto forse essere raggiunto nel viaggio insieme a Kiev, ma così non è stato.
Come ricordava Einaudi “nella vita delle nazioni di solito l’errore di non saper cogliere l’attimo fuggente è irreparabile. La necessità di unificare l’Europa è evidente. Gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza. Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di una difesa autonoma. Solo l’unione può farli durare”. Non sappiamo se si ripresenterà una finestra di opportunità, ma il contesto attuale lo rende possibile.
“Senza la cristallizzazione in istituzioni la volontà politica rischia di sfaldarsi o di venire meno: basti pensare alla caduta della CED.”
La vita umana si basa sulla fiducia. Questo vale per chi attraversa la strada contando che l’auto di fronte si fermi alle strisce, così come per la politica, le istituzioni e l’ordine mondiale. Se Putin dovesse invadere simbolicamente 100 m di territorio NATO (ad esempio nel Corridoio Suwalki o nei Baltici o in Finlandia) e si fermasse, giusto per testare la solidità dell’art. 5 della NATO, gli USA e gli Stati europei dichiarerebbero guerra alla Russia, o tornerebbe il dibattito se valga la pena morire per Danzica e rischiare una guerra mondiale? E senza gli USA che farebbero gli europei? È un’ipotesi in cui la decisione politica di creare la difesa europea potrebbe esser presa nell’arco di poche ore da parte di un’avanguardia di Paesi. Poi questa andrà formalizzata con una riforma dei Trattati. Per Bobbio i diritti sono il frutto di lotte per l’emancipazione, cioè il diritto è la cristallizzazione dei rapporti di forza frutto della lotta politica. Senza quella cristallizzazione in istituzioni la volontà politica rischia di sfaldarsi o di venire meno: basti pensare alla caduta della CED e della volontà politica di creare una difesa europea negli anni ‘50. Per cui la cristallizzazione istituzionale è un aspetto fondamentale, pur essendo il portato della volontà politica creatasi attraverso la lotta politica.
Una Convenzione di riforma dei Trattati potrebbe costituire il contesto in cui un accordo complessivo potrebbe essere raggiunto, specialmente se durante i suoi lavori si acuisse qualche crisi. Così com’è accaduto per la CoFoE che negli ultimi mesi ha avuto una svolta a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma per creare il consenso, la volontà politica, per aprire una Convenzione, serve un obiettivo politico condiviso che sfrutti la crisi in atto, e la difesa europea sembra il miglior candidato allo scopo.
L’altro candidato è l’energia. Oggi gli europei pagano l’energia il doppio di USA e Cina. Non si può competere a lungo pagando un fattore di produzione essenziale molto più dei propri concorrenti. Nel medio periodo questo porterebbe a una de-industrializzazione dell’Unione.
Perciò, come negli anni ’60 i federalisti studiarono come fare la moneta europea, oggi dobbiamo riflettere su come fare la difesa europea, e l’unione dell’energia. Ben sapendo che entrambe pongono anche la questione del finanziamento delle politiche europee, e quindi della fiscalità europea. E dobbiamo riprendere gli studi precedenti sulla federazione nella confederazione, ovvero di come gestire i rapporti tra un’eventuale avanguardia e il resto dell’Unione. Sulla difesa il libro di Domenico Moro, Verso la difesa europea, del 2018 e i suoi successivi scritti sul tema per il Centro Studi sul Federalismo, e il recente Special Report sulla difesa europea su Euractiv Italia, sono utili contributi in quella direzione.
La Convenzione dovrebbe servire a mettere insieme la proposta di riforma dell’AFCO (poi annacquata in plenaria), con un accordo sulla difesa, e la proposta degli esperti franco-tedeschi su un’UE a cerchi concentrici. Solo in quel quadro si può fare un accordo complessivo.
Sappiamo però che non basta avere un Trattato o una Costituzione, che possono non essere ratificati in uno Stato chiave, come la Francia nel 1954 e nel 2005. Ecco perché nel processo di riforma sarà essenziale inserire l’istituto del referendum europeo, e prevederne l’utilizzo per la ratifica attraverso una norma transitoria e finale. Altrimenti il rischio di un fallimento in Francia, con l’alleanza di tutte le opposizioni contro qualsiasi riforma, con l’unico obiettivo di azzoppare governo e presidente nazionale, sarà elevatissimo.