Negoziare nelle migliori condizioni possibili la partecipazione di Fincantieri ai cantieri navali di Saint-Nazaire al fine di costruire un progetto industriale europeo solido e ambizioso”. I governi nazionali sono nello stesso tempo strumento e ostacolo del processo di unificazione europea. Possono bastare queste due frasi, la prima tratta dalla dichiarazione del Ministro dell’Economia e delle finanze francese Bruno Le Maire del 27 luglio scorso e la seconda un monito arcinoto ai federalisti, per dare un’interpretazione diversa della vicenda riguardante la proprietà dei cantieri francesi di Saint-Nazaire.

I fatti hanno ricevuto una significativa eco sugli organi di informazione. A inizio aprile, la partecipata statale italiana Fincantieri ha trovato l’accordo con il tribunale fallimentare di Seul per comprare il 66,7% dei cantieri di Saint-Nazaire dal gruppo sudcoreano Stx offshore & Shipbuilding in amministrazione controllata. Il cambio di proprietà ha, tuttavia, subito una frenata lo scorso 27 luglio, quando Le Maire ha comunicato la decisione del governo francese di esercitare il diritto di prelazione dello Stato, negoziato a inizio aprile dalla passata amministrazione, sulla quota del 66,7% che Fincantieri avrebbe dovuto acquisire. In ogni caso, è stato sottolineato che questa “è una decisione temporanea”. Quindi, in seguito alle proteste dei ministri italiani Padoan e Calenda, Le Maire ha proposto una gestione divisa al 50% tra Fincantieri e una partecipazione statale francese, ma con guida a Fincantieri. Se ne ridiscuterà al vertice franco-italiano del prossimo 27 settembre.

L’aspetto più enfatizzato di questa vicenda è stata la prova di forza del governo francese, che pone gli interessi nazionali al di sopra della garanzia di un accordo già formalizzato. Prima di appiccicare etichette e biasimare un atto definendolo nazionalista o protezionista, dovremmo però ricordare che i governi nazionali inevitabilmente agiscono per fare gli interessi dei propri elettorati nazionali. È naïf criticare Macron perché in campagna elettorale si presentava con la bandiera europea e ora fa gli interessi della Francia: qualsiasi governo nazionale che sia europeista prenderà una decisione europeista solo quando questa coinciderà con il proprio interesse nazionale; altrimenti sarà portato a difendere la propria credibilità interna, quando i due interessi saranno contrapposti e la scelta aut-aut. Se vogliamo che emerga un ‘interesse europeo’ occorre avere una politica europea e leader europei legittimati da un voto europeo. E, se non si leggono i fatti da questa prospettiva, ci si rifugerà nelle etichette di Macron “liberista”, per il suo passato in Rotschild, o Macron “protezionista”, per la nazionalizzazione temporanea di Saint-Nazaire.

Torniamo ora alla prima delle due frasi ricordate in apertura: “negoziare nelle migliori condizioni possibili la partecipazione di Fincantieri ai cantieri navali di Saint-Nazaire al fine di costruire un progetto industriale europeo solido e ambizioso”. C’è un problema di fondo nella questione della proprietà dei cantieri Saint Nazaire: la creazione di un polo europeo della cantieristica navale civile e militare. Il problema, inoltre, lo potremmo inserire nella più ampia questione della formazione di una difesa europea, resa urgente dal disimpegno statunitense dalla Nato. Qui è doveroso cogliere il buono che c’è della dichiarazione di Le Maire, cioè l’obiettivo a lungo termine di trovare una soluzione europea, al di là della nazionalizzazione strategica per gli interessi francesi e comunque temporanea. Al contempo, tuttavia, non possiamo ignorare il rischio che il progetto europeo resti nell’ambito intergovernativo: se abbiamo soltanto una somma di due interessi nazionali, non faremo mai un interesse europeo. Per uscire da questa strettoia, occorre rovesciare i termini della questione: “STX France, da partecipazione strategica nazionale a partecipazione strategica europea” (Domenico Moro, dal sito internet del Centro studi sul federalismo). È sì opportuno che le quote delle partecipazioni statali italiana e francese siano uguali e che la gestione operativa rimanga in capo a Fincantieri, ma deve esserci una partecipazione, anche minima (5%), riconducibile a un’istituzione europea, che sia il Fondo europeo per la difesa proposto dalla Commissione europea o il Fondo europeo per gli investimenti della Bei. Se non riusciamo a guardare i problemi europei da una prospettiva europea e a trovare soluzioni genuinamente europee, gli interessi nazionali continueranno a farci brancolare nel buio.

  

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